La ragazza dei robot che ha stregato Shanghai
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La ragazza dei robot che ha stregato Shanghai

La ragazza dei robot che ha stregato Shanghai

Verso l'Expo 2010
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di Maria Luisa Colledani
Questa era la stagione in cui Barbara Mazzolai bambina metteva semi di fagioli, pomodori e zucchine in piccoli vasi sul balcone di casa, battuto dal sole. Seminava, e aspettava: era la meraviglia dell'attesa e il desiderio della conoscenza. Oggi Barbara Mazzolai, 42 anni, è il project manager dell'iniziativa che la Scuola superiore Sant'Anna di Pisa ha condotto negli ultimi tre anni e che ha portato alla realizzazione del robot spazzino, l'alter ego dell'operatore ecologico. Raccoglie le buste della spazzatura davanti a casa e le porta in discarica.
DustCart è alto 1 metro e 40 ed è coloratissimo, per non spaventare noi umani. A luglio, come ha annunciato ieri il ministro Renato Brunetta, lo porteranno all'Expo di Shanghai perché è uno dei progetti italiani più innovativi. «Una quindicina di persone hanno lavorato per il robot, frutto della collaborazione fra scuola e parecchi partner italiani e stranieri», spiega Mazzolai, una laurea in biologia in tasca e la cura dei robot oggi.
Il progetto DustBot inizia nel 2006. Alcuni rappresentanti di Asmiu, la municipalizzata di Massa, bussano alla porta di Paolo Dario, direttore del polo Sant'Anna Valdera di Pontedera (Pisa) dove la ricerca della scuola prende vita. Dario propone la strada della robotica: i robot non hanno turni da rispettare e possono lavorare in completa autonomia anche mentre la città dorme.
La scuola presenta alla Ue l'idea e ottiene un finanziamento di 3 milioni. Diventa capofila del progetto: al lavoro ingegneri, informatici, tutti dottorandi e ricercatori del Sant'Anna. Sono coinvolti anche alcuni spin off della scuola: mentre si studia DustCart, lo spin off RoboTech di Peccioli (Pisa) inventa DustClean, la spazzatrice per aree urbane pedonali.
«La ricerca - continua Mazzolai - si è concentrata sulla creazione di una macchina che, grazie a mappe pre-caricate, una volta ricevute le coordinate topografiche su dove recarsi, fosse in grado di arrivare davanti alla porta di casa, raccogliere le buste della spazzatura e portarle in discarica. La raccolta funziona a chiamata, come si fa con un taxi: il cittadino indica con una telefonata alla centralina che gestisce il servizio il momento in cui scenderà in strada per la consegna della spazzatura, il robot arriva all'orario concordato, raccoglie la busta e se ne va».
Insomma, un robot capace di muoversi soprattutto in zone pedonali, nei centri storici dove le macchine per la pulizia non arrivano. DustCart è stato sperimentato a Massa, Pontedera, in Svezia, a Bilbao, a Osaka e a Tomorrow City, in Corea del Sud. L'Expo di Shanghai è la grande occasione: «Il nostro compito, a livello di ricerca - dice Mazzolai - è concluso: il prototipo è fatto. Ora è il momento dell'ingegnerizzazione e della ricerca di partner industriali che lo producano».
Il mercato nel settore della pulizia delle città è ampio: ogni prototipo è costato 60mila euro, per produrre DustCart potrebbero bastarne 20-25mila. «È stato un percorso di ricerca e formazione insieme - spiega - Con DustCart dottorandi e ricercatori si sono confrontati con colleghi di tutta Europa. Solo sfide al limite delle possibilità fanno crescere le competenze dei ricercatori: all'estero quelli italiani sono molto richiesti».
«A Shanghai - continua Mazzolai - incontreremo partner internazionali interessati al prototipo. Restano da risolvere problemi legati all'ambito assicurativo: il robot non è una macchina come la intende il codice della strada, quindi ha bisogno di permessi, già ottenuti in Giappone».
Sì, proprio il Giappone. L'interesse che il paese ha già dimostrato verso il robot è incredibile: i giornali gli hanno dedicato copertine e servizi. Come una star. D'altra parte nulla è stato lasciato al caso: DustCart doveva funzionare e avere appeal. Così sono stati coinvolti anche designer per dargli volto umano e passi leggeri.
Irene Mannari ha 28 anni, una laurea in ingegneria meccanica e un master in design industriale. Faceva uno stage alla Piaggio di Pontedera. Dalla porta accanto, quella del polo della scuola Sant'Anna, la chiamano e per lei si apre un nuovo destino.
Sliding doors: «Con altri colleghi designer mi sono dedicata - dice Mannari - al design del robot: colori vivaci, un grande schermo, facilità d'uso». Ha messo a frutto le sue conoscenze di ingegneria e quel gusto che, bambina, le faceva amare Umberto Boccioni sopra ogni cosa: «DustCart - è la previsione di Mannari - farà strada perché è operatore ecologico e totem informativo insieme. L'estetica è curata con attenzione per facilitare l'interazione fra macchina e uomini».
Se domattina DustCart bussa alla vostra porta, apritegli senza paura: è «un bel robot che va, roteante fluidità, sagoma dinamica e geometrica avrà».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

11/03/2010
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