di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 12 dic. - Capire, adeguarsi e svilupparsi. Sono questi i tre verbi della Cina nell'epoca della "nuova normalità", il concetto introdotto dal presidente cinese Xi Jinping già nel maggio scorso e da ieri al centro delle linee di politica economica del governo cinese. La nuova normalità deve essere la "logica principale" da cui partire per ripensare la crescita economica nazionale, secondo il comunicato finale della Central Economic Work Conference, che nei giorni scorsi ha stabilito i principi da seguire per i prossimi dodici mesi. "L'economia - spiegano i leader del PCC - si sta muovendo verso un modello più avanzato di crescita, una più complessa divisione del lavoro, e una struttura più ragionevole".
Per guidare la Cina verso la nuova fase occorreranno riforme da attuare entro il prossimo anno in nove aree, che dovranno coprire il mercato dei capitali, l'accesso al mercato interno per le banche private, l'accelerazione delle pratiche di approvazione da parte dei vari settori dell'amministrazione, gli investimenti, i prezzi, i monopoli, il franchising. L'obiettivo finale è quello di "trasformare le riforme in crescita", spiega una nota. La Cina, aveva dichiarato il primo ministro cinese, Li Keqiang, nei giorni scorsi, si sposterà da una crescita a velocità alta a una crescita a velocità medio-alta in futuro, con tre nuovi motori, il cui scopo è stato riassunto dall'agenzia Xinhua: lo snellimento delle approvazioni amministrative, perché "troppe interferenze governative fanno male alla creatività e allo sviluppo del mercato"; lo stimolo agli investimenti privati che "contribuiscono all'espansione della domanda interna, alla promozione dei consumi e allo sviluppo economico"; l'approfondimento della riforma dell'innovazione, "fonte di vitalità per l'economia cinese".
La nuova normalità, promettono i vertici del PCC, non cambierà gli obiettivi della crescita, ma si focalizzerà sul modello di sviluppo e sulla struttura economica. "La nuova ricetta economica consiste nell'aprire ulteriormente il settore dei servizi alle forze del mercato per renderlo più competitivo", spiega ad Agichina, Sara Hsu, Research Director presso l'Asia Financial Risk Think-tank e assistente di Economia alla State University of New York at New Paltz, specializzata in sviluppo economico della Cina. "Molte grandi industrie dei servizi, come quella della sanità, sono dominate dallo Stato o da imprese interne. L'industria cinese - continua l'analista - è già sulla strada per aprire i settori dell'Information Technology, dell'energia, delle ferrovie, e altri settori dei servizi a una parziale partecipazione privata. Aprire alle forze del mercato l'industria dei servizi potrebbe avere un impatto significativo, ma questo sforzo avrà successo nella misura in cui i leader permetteranno la partecipazione privata in questi settori".
Il nuovo corso dell'economia, da intraprendere nel prossimo anno, dovrà fare i conti con realtà già esistenti che condizionano la vita economica e sociale del Paese. Tra quelli identificati durante i lavori della Central Economic Work Conference ci sono la diversificazione e personalizzazione dei consumi e una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori sulla sicurezza dei prodotti che acquistano. Gli investimenti si stanno dirigendo verso nuovi settori, e le esportazioni si stanno trasformando. L'economia dovrà poi fare i conti con l'invecchiamento della popolazione e la diminuzione di forza lavoro nelle campagne, che renderà l'innovazione un fattore sempre più importante nella crescita, e con l'irrigidimento delle norme di protezione ambientale per ridurre la dipendenza dal carbone nello sviluppo. "La nuova normalità richiede che sia data una maggiore importanza ai bisogni dei cittadini, alle analisi di mercato e alla psicologia dei consumi", concludono i leader.
Dai lavori della Central Economic Work Conference è poi emerso l'impegno della classe dirigente cinese a mantenere una crescita stabile per il 2015, con una linea di politica fiscale dinamica e un politica monetaria prudente, ma molti analisti concordano sulla necessità, per la Cina, di rivedere i propri obiettivi per il 2015, e ridurre le aspettative di crescita dal 7,5%, come è stato negli ultimi tre anni, al 7%. Nel terzo trimestre l'economia è cresciuta al 7,3%, ai livelli più bassi dal 2009, ed entro fine anno, si prevede di raggiungere il 7,4%, poco al di sotto dell'obiettivo di crescita "attorno al 7,5%", fissato a marzo scorso. "La leadership cinese è in difficoltà nel mantenimento del tasso di crescita della nazione - continua Sara Hsu - Un ulteriore rallentamento è stato previsto da molti analisti, ed è plausibile, dal momento che i settori finanziario e immobiliare continuano a ristagnare". Il 7% di crescita viene visto dall'economista come "un livello informale di crescita del prodotto interno lordo" per l'anno prossimo. "Credo che i leader siano seri riguardo alla riorganizzazione dell'economia e che siano pienamente consapevoli delle restrizioni e della strada che hanno davanti a sé. Non sarei sorpresa - conclude Hsu - se vedessimo un rallentamento nel primo semestre del 2015 e una ripresa nel secondo, dopo che le riforme sono state attuate e avranno preso piede".
12 dicembre 2014
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