La crescita del ceto medio farà decollare i consumi
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La crescita del ceto medio farà decollare i consumi

La crescita del ceto medio farà decollare i consumi

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Nicoletta Picchio
Nel 2010 la crescita in Cina sarà tra l'8 e il 10 per cento. Un trend che continuerà anche negli anni successivi. Aumenta il Pil e aumentano anche le persone benestanti, considerando tale chi ha un reddito superiore ai 30mila dollari (ai prezzi del 2005): 200 milioni di persone in più nella Cina del 2030, addirittura la metà dei 413 milioni previsti in totale nei paesi emergenti (oggi secondo i dati del Centro studi di Confindustria i benestanti sono 958 milioni, di cui 800 nei paesi avanzati. In quest'area aumenteranno nel 2030 di 80 milioni).
Tutti gli indicatori fanno pensare che a breve la Cina diventerà la prima economia mondiale, superando gli Stati Uniti (attualmente è al terzo posto, dietro al Giappone, ma il sorpasso su Tokyo è questione di mesi). E quindi diventa strategico per le imprese italiane aumentare le esportazioni e investire nel paese (nel 2009 l'interscambio italo-cinese è stato di 32 miliardi di dollari, incalo rispetto al 2008, e nel 2010 si punta a una ripresa sui 40 miliardi).
Anche se, accanto alle opportunità, ci sono molte ombre: per esempio, i mercati finanziari restano chiusi. Così come è destinato a restare per i prossimi 3-5 anni un atteggiamento protezionista del governo, nonostante la Cina faccia parte della Wto. Un protezionismo non tanto tariffario, quanto dovuto all'atteggiamento del governo, attento a tutelare e finanziare le grandi aziende pubbliche e a rendere difficile, con leggi poco chiare, l'ingresso degli investitori stranieri.
È l'analisi che è emersa ieri, nel primo Rapporto della Fondazione Cina "La Cina nel 2010, scenari e prospettive per le imprese", presentato in Confindustria dal direttore generale della Confederazione, Giampaolo Galli, e dal presidente della Fondazione, Cesare Romiti.
Un fattore positivo è l'urbanizzazione che si sta realizzando e che porta con sé un aumento della produttività del lavoro e un boom dei consumi (oggi rappresentano il 36% del Pil, contro il 71% degli Stati Uniti). Diventeranno 600 nei prossimi 10 anni le città interessanti, di cui 100 con oltre un milione di abitanti (nell'Unione europea oggi sono 35). I consumi saranno trainati dalla classe medio-bassa (reddito annuo tra i 4mila e 12mila dollari) che aumenterà dagli attuali 10-200 milioni a 500-600 milioni di persone nel 2020. La classe medio-alta (redditi annui sopra i 12mila dollari) crescerà dagli attuali 10 milioni a 70-100 milioni, quanto la popolazione della Germania.
La Cina, quindi, è una «destinazione obbligata», sia secondo Galli che Romiti. Ma è una realtà a luci e ombre. C'è il rischio anche di una ripresa dell'inflazione (circa 4-5%), di una instabilità del mercato immobiliare, di un apprezzamento della moneta (5-10% in corso d'anno). Secondo il rapporto, gli investimenti diretti esteri nei prossimi anni si attesteranno sui 50-60miliardi di dollari, mentre quelli cinesi verso l'estero, a fine 2009, dovrebbero essere stati sui 40 miliardi di dollari.
L'obiettivo che si pone la Fondazione, con il rapporto (è il primo, sarà annuale) è di aiutare le imprese con analisi settoriali, previsioni non solo macroeconomciche. Nel 2010 il Centro studi della Fondazione, Cefis, realizzerà uno studio sulla presenza italiana in Cina e un'indagine sulla percezione delle imprese italiane. È anche prevista una ricerca sulla responsabilità sociale d'impresa in Cina.
«È diventata una potenza economica di primissimo piano, inoltre, più di altri paesi emergenti, ha rappresentato un elemento di stabilizzazione della crisi economico-finanziaria», ha detto Galli. A suo parere l'industria italiana dovrà cavalcare le opportunità che in Cina si aprono grazie al previsto boom dei consumi, a partire dal nostro made in Italy e dal "lusso accessibile". Ci sono spazi, nonostante, appunto, il protezionismo che si concentra, secondo il rapporto, nei settori dell'acciaio, metalli non ferrosi, automotive, chimica, servizi finanziari, telecomunicazioni ed energia e che dovrebbe ampliarsi anche ai settori della meccanica e della sanità (in Cina sta avvenendo una riforma sanitaria di grande impatto sul paese). Altra sfida, portare in Italia gli studenti cinesi: è un impegno della Fondazione, ha detto Romiti, sottolineando che in Germania ce ne sono 40mila, da noi poco più di mille. «Sarà la futura classe dirigente», ha sottolineato. Una chance da cogliere sarà l'anno della Cina in Italia, che si aprirà all'inizio di ottobre.
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12/03/2010
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