La Cina si scopre più vecchia
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La Cina si scopre più vecchia

La Cina si scopre più vecchia

Censimento 2010. L'effetto della politica del figlio unico
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La Cina è più vecchia del previsto e rischia di ritrovarsi presto a gestire una massa di anziani con redditi da fame. È il conto salato della politica forse più controversa del regime comunista, quella che limita le nascite per legge e impone un solo figlio alle coppie in città, due a quelle in campagna (e ad alcune minoranze), se il primo è femmina.
Ieri l'Ufficio nazionale di statistica ha diffuso i numeri del censimento eseguito nel 2010. Uno sforzo immane, che ha messo al lavoro quasi 10 milioni di funzionari. La popolazione ha raggiunto quota 1,37 miliardi, il 5,84% in più rispetto al 2000, anno dell'ultima rilevazione. Da allora, i cittadini con più di 60 anni sono cresciuti del 3%, raggiungendo il 13,3% del totale, mentre i ragazzi con meno di 15 anni sono il 16,6%, in calo del 6,3 per cento. «La tendenza all'invecchiamento - sostiene - Du Peng, del Centro studi su popolazione e sviluppo di Pechino - è più veloce del previsto». E questa accelerazione, avvisano i demografi, rappresenta una minaccia per la nazione a più sostenuta crescita economica al mondo, riducendo il numero delle persone che potranno lavorare per pagare l'assistenza degli anziani. Lo spauracchio dei Paesi avanzati fa insomma capolino anzitempo in Cina. E senza una rete di welfare adeguata.
Altro risultato della politica del figlio unico è lo sbilanciamento tra generi, con 105 maschi ogni 100 femmine: milioni di donne sono infatti spinte ad abortire se il feto è di sesso femminile, in modo da poter aver un maschio. Il contenimento delle nascite ha ridotto il tasso di crescita demografica dall'1,07 allo 0,57% l'anno nella decade tra il 2000 e il 2010.
Nello stesso periodo i flussi migratori hanno continuato a svuotare le campagne: la popolazione urbana è cresciuta di 207 milioni di abitanti a 665,6 milioni, ormai prossima a superare quella delle zone rurali, scesa da 807 a 674 milioni. Ben 261 milioni di cinesi (vale a dire uno su sei) figurano poi come migranti, vivono cioè lontano dai loro villaggi d'origine. Per lo più si tratta di abitanti delle zone rurali che si spostano nelle città e nelle zone industriali della costa per trovare lavoro e sfuggire alla povertà.
Di fronte ai numeri del censimento, lo stesso capo dell'Ufficio di statistica, Ma Jiantang, ammette che «stiamo ancora affrontando alcune contraddizioni e sfide nello sviluppo demografico, economico e sociale». I cambiamenti, se avverranno, saranno comunque lenti: «La Cina continuerà a seguire le sue politiche per la famiglia ed eventuali miglioramenti saranno graduali e cauti», ha sentenziato lo stesso Ma.
Il censimento racconta anche di una forte scolarizzazione, con una notevole crescita dei laureati (120 milioni) e dei diplomati, mentre gli analfabeti sono 30 milioni in meno, scesi dal 6,7 al 4% della popolazione.
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29/04/2011
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