Pechino, 21 dic. - Il vertice di Copenaghen? Secondo il governo cinese si è concluso con un successo; ma il ministro dell'Ambiente britannico David Miliband accusa apertamente Pechino di "dirottamento" del summit. "I 110 leader che si sono riuniti a Copenaghen hanno prodotto risultati significativi e positivi - ha dichiarato il ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi - e l'accordo rispetta il principio delle 'responsabilità comuni ma differenziate' già riconosciuto dal Protocollo di Kyoto, compiendo anche un passo avanti sul taglio vincolante delle emissioni per i paesi sviluppati e sulla riduzione volontaria applicata dalle nazioni emergenti". Il summit ONU sui cambiamenti climatici si è chiuso a Copenaghen venerdì scorso e, mentre in queste ore i media di Stato tessono le lodi della posizione cinese con un coro unanime, il ministro degli Esteri si fa portavoce della posizione ufficiale del governo: "Le nazioni industrializzate e i paesi emergenti hanno responsabilità storiche molto diverse nei cambiamenti climatici e sugli attuali livelli di emissioni inquinanti, e si trovano anche in fasi dello sviluppo molto distanti tra loro. Per queste ragioni, anche le responsabilità e gli obblighi nella lotta ai cambiamenti climatici vanno differenziate". Yang Jiechi ha anche dichiarato, senza approfondire, che il vertice è servito a stabilire un consenso di fondo su argomenti chiave come gli obiettivi di riduzione delle emissioni sul lungo termine e il supporto tecnologico per abbattere l'inquinamento a favore delle nazioni in via di sviluppo. Ma dalle colonne del Guardian David Miliband fa letteralmente a pezzi le posizioni del Dragone: "Le ultime due settimane, a tratti, hanno offerto una rappresentazione farsesca all'opinione pubblica mondiale – scrive il ministro britannico- e non possiamo più permettere che negoziati su questioni così vitali vengano sabotati in questo modo". "Una vasta maggioranza delle nazioni presenti, sia quelle sviluppate che quelle in via di sviluppo, ritiene che l'unica via possibile per costruire un accordo duraturo a protezione del pianeta sia la sottoscrizione di obblighi legalmente vincolanti. Ma alcune delle nazioni emergenti più importanti hanno rifiutato tali impegni, e non abbiamo raggiunto un accordo né su un taglio del 50% delle emissioni globali entro il 2050, né su una riduzione dell'80% da parte delle nazioni industrializzate. Su entrambe le questioni la Cina ha posto un veto, nonostante si trattasse di posizioni condivise da una vasta maggioranza di paesi". La Cina ha accettato di ridurre la sua 'intensità carbonica'- l'ammontare di gas inquinante emesso per ogni unità di energia consumata- tra il 40 e il 45%, un accordo emerso soprattutto dopo l'incontro tra Barack Obama, Wen Jiabao e i leader di India, Brasile e Sudafrica. I paesi più sviluppati, inoltre, finanzieranno le nazioni più povere con un fondo triennale di 30 miliardi di dollari per l'adozione di tecnologie pulite. Ma le voci che chiedevano maggiori tagli alle emissioni inquinanti non accennano a spegnersi, e per molti il vertice di Copenaghen è ormai sinonimo di una buona occasione rimandata a data da destinarsi.