LA CINA RICEVERA' IL LEADER DEI RIBELLI LIBICI
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LA CINA RICEVERA' IL LEADER DEI RIBELLI LIBICI

LA CINA RICEVERA' IL LEADER DEI RIBELLI LIBICI

Cina e Libia
LA CINA RICEVERA' IL LEADER DEI RIBELLI LIBICI
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Pechino, 20 giu.- La Cina ospiterà il leader dei ribelli libici Mahmoud Jebril per una visita di due giorni che inizierà martedì: lo ha reso noto questa mattina il sito del ministero degli Esteri di Pechino con un breve comunicato.

 

Da alcune settimana il Dragone sta mantenendo contatti tanto con il governo di Muammar Gheddafi che con le forze dell'opposizione, in quello che i politici e i media cinesi descrivono come un tentativo di negoziare il cessate il fuoco e porre fine al conflitto: all'inizio di giugno a Pechino era giunto in visita ufficiale Abdelati al-Obeidi, ministro degli Esteri del rais di Tripoli, mentre nelle stesse ore alcuni diplomatici cinesi in Africa contatto con gli insorti di Bengasi (questo articolo).

 

Pur non essendo mai stata particolarmente vicina a Gheddafi, sulla crisi libica Pechino aveva mantenuto la tradizionale posizione di non ingerenza negli affari interni di una nazione, perlomeno nel primo periodo del conflitto. Le ultime manovre, invece, sembrano segnare un'evoluzione rispetto ai mesi precedenti: "Dopo la guerra afgana e quella irachena, l'attacco militare alla Libia rappresenta la terza occasione in cui alcuni paesi si scagliano militarmente contro una nazione sovrana- si leggeva ancora nel mese di marzo in un editoriale apparso sul Renmin Ribao, il quotidiano del Partito Comunista Cinese -, ma ogni volta che si adoperano mezzi militari per la risoluzione di una crisi, si colpiscono le Nazioni Unite e le regole delle relazioni internazionali". Il China Daily, la versione internazionale del quotidiano di partito, non usava toni più leggeri e definiva "una scusa" la preoccupazione manifestata dagli alleati verso i civili libici, sostenendo che l'intervento militare potrebbe "aprire una Vaso di Pandora" e precipitare l'intera area nel caos. Durante la seduta del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che autorizzò i bombardamenti NATO sulla Libia, la Cina scelse di astenersi - pur potendo esercitare il diritto di veto, opzione che Pechino ha utilizzato solamente quattro volte nella storia -, e lo stesso ministero degli Esteri aveva espresso serie riserve sulla missione militare.

 

Ma da marzo a oggi la posizione sembra mutata, anche in ragione dei numerosi interessi che il Dragone vanta in territorio libico: pur non avendo mai pubblicato dati ufficiali sui suoi affari in Libia, China National Petroleum Corporation (CNPC), il principale produttore cinese di gas e petrolio, è presente nel paese dal 2002. All'inizio di marzo la società aveva annunciato la sospensione della produzione e la completa evacuazione dei suoi dipendenti in seguito a una serie di attacchi agli impianti. Il colosso energetico non ha diffuso altri particolari sugli attacchi, ma numerosi media cinesi hanno riferito di un raid sferrato dai ribelli contro la Great Wall Drill Engineering Co., uno stabilimento petrolifero di proprietà della CNPC nei pressi di Misurata, la terza città libica, che avrebbe causato "decine di milioni di renminbi" di danni (pari a milioni di euro). Secondo dati del ministero del Commercio cinese, all'inizio delle operazioni militari nel mese di marzo in Libia erano presenti 75 grandi società cinesi, che avevano fino a quel momento concluso contratti per circa 18 miliardi di dollari. L'operazione NATO sta dunque causando alla Cina immense perdite economiche.

 

La questione è soprattutto energetica: oggi la Cina riceve dall'Africa il 28% delle sue importazioni di petrolio, una percentuale che sembra destinata ad aumentare in futuro. Entrambi i contendenti che combattono in Libia sono ben coscienti dell'importanza che rivestono per Pechino questi approvvigionamenti: se a metà marzo Gheddafi aveva invitato Cina, Russia e India a siglare contratti per lo sfruttamento diretto dei giacimenti libici, subentrando alle società occidentali, negli stessi giorni i leader dei ribelli rendevano noto che la prima petroliera a salpare dai porti libici dallo scoppio della guerra era diretta proprio verso la Cina.

 

Ma, più in generale, la Libia può essere un banco di prova per tutta la strategia cinese in Africa, un continente dove - secondo le stime di South African Standard Bank- nel 2015 gli investimenti diretti di Pechino raggiungeranno quota 50 miliardi di dollari. Nel 2010 gli scambi commerciali tra la Cina e le nazioni africane hanno superato i 130 miliardi di dollari: se la politica cinese sul conflitto di Tripoli conseguisse qualche successo, potrebbe fornire un modello di intervento a un Dragone sempre più dinamico su tutti gli scacchieri.

 

di Antonio Talia

 

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