La Cina rallenta (ma non troppo) la corsa
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La Cina rallenta (ma non troppo) la corsa

La Cina rallenta (ma non troppo) la corsa

Dai cambi alle materie prime - LE MOSSE DEL DRAGONE
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La sorpresa è che non c'è stata sorpresa: il prodotto interno lordo cinese nel terzo trimestre è salito del 9,6% rispetto a un anno prima, sostanzialmente in linea con le attese - e in ribasso rispetto al più veloce balzo del 10,3% realizzato nel secondo trimestre - a fronte di una inflazione in rialzo del 3,6% annuale e dello 0,6% mensile. Cifre che suggeriscono un rassicurante soft landing e un principio di ribilanciamento verso una più moderata crescita degli investimenti e un tendenziale aumento dei consumi. Mentre fino a qualche tempo fa si temeva un rallentamento più evidente, dopo l'inatteso aumento dei tassi deciso dalla banca centrale di Pechino martedì scorso molti osservatori avevano cominciato ad attendersi dati più robusti sulla crescita e un'inflazione più spiccata.
Alla fine, i numeri annunciati ieri segnalano che le misure introdotte da Pechino per evitare un surriscaldamento dell'economia – senza pigiare troppo sul freno – stanno avendo successo. Arrivato alla vigilia del G-20 finanziario che si apre oggi in Corea, il dato sul Pil cinese ha lasciato spazio a interpretazioni opposte tra gli analisti nei suoi possibili effetti sulla politica valutaria di Pechino, sottoposta a forti pressioni internazionali perché rivaluti lo yuan.
Per alcuni esperti, il rallentamento della crescita dovrebbe indurre il governo cinese a guardarsi bene dal favorire un rialzo significativo della divisa; altri traggano conclusioni differenti. «L'economia cinese sta ancora crescendo a un passo piuttosto robusto: questi ultimi dati dovrebbero consentire al governo di essere più condiscendente e accettare uno yuan più forte in vista del G-20», afferma l'economista Wei Yao di Société Générale.
Un piccolo "giallo" tecnico ha indotto molti operatori a ipotizzare una imminente accelerazione del cambio, dopo il modesto 2,7% guadagno sul dollaro dal 19 giugno scorso, quando fu varata l'ultima riforma. Sul China Foreign Exchange Trade Systems è inizialmente apparso un fixing mediano di 6,6495 sul dollaro, corretto alcuni minuti dopo a 6,6695 prima che si aprisse il mercato: molti trader hanno suggerito che si dovrebbe essere trattato di un errore umano, ma di questi tempi è ovvio che abbia trovato consensi la teoria secondo cui la banca centrale avrebbe inviato un segnale di disponibilità a varare un nuovo round di piccoli rialzi.
Così lo yuan ha continuato il trend recente di quotazione al di sopra della linea mediana, a riflesso delle aspettative di mercato verso ritocchi, se non immediati, almeno intorno a metà o fine novembre. «Ogni cooperazione cinese in termini di politica valutaria - aggiunge Société Générale - resterà probabilmente cauta e limitata, in quanto le priorità rimangono concentrate sulla stabilità domestica».
Una conclusione che trova supporto nelle dichiarazioni del governatore della banca centrale, Zhou Xiaochuan: «Si moltiplicano in modo significativo i rischi macroeconomici connessi a eccessiva liquidità, inflazione, bolle di asset e aumento ciclico dei prestiti in sofferenza», ha detto, sottolineando anche come l'espansione del credito resti forte mentre i flussi di capitale cross-border possano aggravare i potenziali rischi.
Intanto la stampa cinese riporta un fenomeno che sta diventando rilevante: a fronte delle restrizioni introdotte da 13 province agli acquisti immobiliari, gli investitori cinesi si stanno orientando a acquistare case all'estero, in particolare negli Usa ma anche in località come Vancouver, Singapore e Londra.
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22/10/2010
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