"Credo che la Cina abbia dimostrato una grande un forte senso di responsabilità nel sostenere la ripresa mondiale dalla crisi finanziaria": lo dice Michael Ipson, Country Manager per Cina e Mongolia di International Finance Cooperation, una sezione della World Bank, intervenuto al convegno organizzato da Osservatorio Asia dal titolo "L'Asia oltre la crisi: merci, capitali idee" che svoltosi giovedì 12 novembre a Milano. L'analisi di Ipson si focalizza soprattutto sul pacchetto di stimoli all'economia lanciato dal governo cinese nel novembre dell'anno scorso, una mossa definita "tempestiva" dall'economista: dei 4mila miliardi di yuan (400 miliardi di euro; 585 miliardi di dollari) delle misure straordinarie, il 35% è stato impiegato in infrastrutture e altri mille miliardi di yuan sono stati utilizzati per accelerare la ricostruzione delle aree colpite dal rovinoso terremoto del maggio 2008. Ma ben 520 miliardi sono stati destinati ad investimenti di lungo periodo, soprattutto nelle aree rurali, che comprendono voci come sanità ed educazione; progetti per l'energia pulita si sono visti assegnare fondi per 210 miliardi e 10 fra i settori industriali più importanti del paese hanno ottenuto 370 miliardi per aggiornarsi. "Tutte queste energie sono state dislocate con prontezza" dice Ipson ad AgiChina24. Se l'economista deve trovare una pecca all'operato della leadership di Pechino, ammette che "effettivamente ben poco del pacchetto va a sostenere le PMI, che rappresentano una voce fondamentale per l'economia cinese. Ma il governo lo ha riconosciuto e sta lavorando per aumentare il supporto alle piccole e medie aziende. Ci vorrà del tempo, perché gestire i prestiti verso le PMI è un lavoro molto diverso da quello a cui sono abituate le banche cinesi. Ma si sta assistendo a passi da gigante". Secondo Ipson tutte le più importanti economie orientali hanno imparato la lezione dalla crisi che colpì le tigri asiatiche negli anni '90: "Ma allora si aveva a che fare con banche con uno scarso management. La qualità del risk management attuale, soprattutto in Cina, è enormemente migliorata". Il rischio di un incremento dei non performing loans, quindi, non spaventa più di tanto il Country Manager di IFC: "Le banche cinesi, adesso sono più equipaggiate a riconoscere i non performing loans e ad operare per intercettarli in tempo. La crisi finanziaria mondiale è emersa come una crisi nel settore finanziario americano e poi si è diffusa all'economia reale nel resto del mondo. Non che l'Asia ne sia rimasta immune, perché paesi come Cina, Vietnam, Indonesia e Filippine hanno accusato un crollo delle esportazioni. Ma le misure varate dalla Cina puntano ad aumentare il consumo interno. Quello che mancò negli anni '90 fu un motore per la crescita, un ruolo che avrebbe dovuto assumere il Giappone. Nello scenario attuale questa parte la recita la Cina, e il governo cinese ha preso tutte le misure necessarie a mio avviso. Quando l'appetito cinese per le importazioni aumenterà e quando saliranno i suoi investimenti all'estero, si tratterà di un driver enorme, del quale beneficeranno tutte le economie mondiali". Una posizione condivisa da Dino Righi, consigliere di Promos, anche lui intervenuto al convegno di Osservatorio Asia: "Ci auguriamo che gli investimenti asiatici, in questo momento molto attivi nel panorama europeo, siano disposti a considerare le imprese italiane come un'opportunità imperdibile. Le alleanze che si stanno formando in questi mesi sono dedicate principalmente a infrastrutture e progetti strutturali. La crisi sta rendendo più che mai indispensabile l'individuazione di finanziatori, anche stranieri; siamo certi che le imprese e le Pmi italiane non passeranno inosservate in quanto portatrici di asset e di know how molto prezioso per il futuro delle economie globali".
Antonio Talia