La Cina investe, gli Usa parlano
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La Cina investe, gli Usa parlano

La Cina investe, gli Usa parlano

RIGORE O SVILUPPO? - EXIT STRATEGY DALLA CRISI
di lettura
di Jeffrey Sachs
L'economia mondiale sta entrando in una nuova fase dopo che i piani di stimolo hanno fallito nell'intento di creare una ripresa solida negli Stati Uniti o in Europa. In America, i consumatori hanno tagliato le spese, la costruzione di case nuove è precipitata e c'è il rischio di una recessione a W. In Europa, i governi hanno avviato il risanamento dei conti pubblici sotto la forte pressione dei mercati. C'è bisogno di un nuovo approccio alla ripresa.
L'aspetto che più colpisce del dibattito su austerità e misure di stimolo è la scarsa attenzione al problema degli investimenti. Non saranno i consumatori a trainare la ripresa, ed è giusto che sia così considerando che per un decennio hanno speso al di sopra delle loro possibilità. Americani ed europei dovrebbero usare la recente impennata correttiva del risparmio per promuovere investimenti a lungo termine in capitale fisico e umano: è questa la strada giusta per tornare a una crescita sostenuta.
Nonostante fosse evidente la necessità di un incremento del tasso di risparmio nazionale dopo il 2008, il presidente Obama ha cercato di prolungare la baldoria consumistica incentivando aggressivamente la vendita di case e automobili a consumatori già sfiniti, e tagliando le tasse nonostante un deficit di bilancio insostenibile. È stato un approccio di cortissimo respiro, motivato dal ciclo elettorale biennale americano. Non ha portato a niente perché i consumatori americani stanno cominciando ad adottare un'ottica più lungimirante di quella dei politici.
Sul fronte degli investimenti, invece, l'amministrazione Obama si è dimostrata molto più discontinua, rivelandosi incapace di formulare una linea d'azione chiara in aree privilegiate come la sanità, l'energia, i cambiamenti climatici e la politica di bilancio di lungo periodo. In un momento in cui la Cina costruisce centinaia di chilometri di metropolitana, decine di migliaia di chilometri di autostrade, un paio di dozzine di centrali nucleari e una rete di decine di migliaia di chilometri di collegamenti ferroviari ad alta velocità tra le grandi città, gli Stati Uniti fanno fatica a lanciare anche un solo progetto di peso. La Cina risparmia e investe; gli Stati Uniti parlano, consumano, s'indebitano e parlano ancora.
È sbagliato, in questo contesto, credere che l'unica scelta sia fra altri stimoli di bilancio e una replica della Grande Depressione. Altri sgravi fiscali o trasferimenti monetari di corto respiro, che andranno ad aggiungersi ai 1.500 miliardi di dollari di deficit degli Usa, probabilmente servirebbero a poco per rilanciare la domanda, ma farebbero aumentare di molto i timori per una stretta futura della spesa pubblica. Le famiglie hanno stretto la cinghia e, se arriveranno dei soldi dallo stato, molte li prenderanno come una manna dal cielo che è meglio usare per estinguere i debiti, piuttosto che per rilanciare la spesa. Le imprese, da parte loro, sono in difficoltà per la mancanza di una linea chiara.
Un piano appropriato per la ripresa in America si compone di cinque parti. La prima è un importante rilancio degli investimenti in energia pulita e un ammodernamento della rete elettrica nazionale, da promuovere attraverso sistemi di prezzi garantiti per le energie pulite, finanziati con graduali incrementi delle tasse sulle emissioni fintanto che le energie pulite non raggiungono il livello di capacità adeguato nel decennio entrante.
La seconda parte è un programma decennale di rinnovamento delle infrastrutture, con progetti come linee ferroviarie ad alta velocità, impianti di depurazione dell'acqua e dei rifiuti e ammodernamento delle autostrade, cofinanziati dal governo federale, dalle amministrazioni locali e dai capitali privati.
Il terzo fattore è un incremento della spesa per l'istruzione, perché la realtà è che decine di milioni di lavoratori americani non dispongono delle competenze avanzate necessarie per raggiungere la piena occupazione ai salari che i lavoratori si aspettano.
La penultima parte del piano consiste nel potenziare l'export d'infrastrutture verso l'Africa e altri paesi a basso reddito. La Cina sta scavalcando gli Usa e l'Europa da questo punto di vista. I costi sono modesti (in sostanza solo garanzie del credito) ma i benefici sono enormi, sotto il profilo dell'incremento delle esportazioni, della spinta allo sviluppo dell'Africa e del rafforzamento della serenità e della stabilità geopolitica.
Il quinto e ultimo elemento dovrebbe essere un quadro di spesa pubblica sul medio termine che riduca in modo credibile il disavanzo del governo federale a livelli sostenibili nel giro di cinque anni. È un risultato che può essere raggiunto in parte tagliando la spesa della difesa di due punti di Pil, il che significa mettere fine all'occupazione dell'Iraq e dell'Afghanistan e tagliare sui sistemi d'arma più dispendiosi. Fra le altre misure dovrebbe figurare la graduale eliminazione degli sgravi fiscali sulle cure mediche di alto livello, la tassazione dei profitti e delle gratifiche delle banche, l'aumento dell'aliquota più alta e se necessario l'introduzione di una piccola imposta sul valore aggiunto.
L'amministrazione Obama e l'opposizione repubblicana sono entrambe colpevoli di un'irresponsabile attenzione al breve termine e di una mancanza di lungimiranza. L'una e l'altra prolungherebbero pericolosamente il deficit di bilancio, la prima attraverso una combinazione di maggiori spese sociali e tagli delle tasse, e la seconda attraverso tagli delle tasse ancora più consistenti e insostenibili. Né l'una né l'altra farebbero quello di cui l'America ha bisogno e che la Cina sta facendo meglio: investire per il futuro concentrandosi realmente sulle energie sostenibili, sulle infrastrutture all'avanguardia, sull'accrescimento delle competenze della forza lavoro e sulla promozione dello sviluppo internazionale attraverso l'esportazione di infrastrutture.
© FINANCIAL TIMES
(Traduzione di Fabio Galimberti)

23/07/2010
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