LA CINA COMPRERÀ L'EUROPA?

di Sonia Montrella
Roma, 8 feb.- Economia, politica interna ed estera, società civile, soft power, informazione: è un'analisi della Cina a tutto tondo quella che è stata tracciata questa mattina a Roma in occasione della conferenza "Europa Cina: la via della seta del terzo millennio" organizzata da Zetema Progetto Cultura e promossa da ministero degli Esteri, ministero dei Beni Culturali, Roma Capitale e Camera di Commercio di Roma, in collaborazione con Agi e Xinhua news agency. E per farlo sono intervenuti esperti del settore italiani e internazionali come: Michele Geraci, senior research all'Università dello Zhejiang e a capo del China Program del Global Policy Institute della London Metropolitan University; Federico Riggio, Head of International Affairs di Eni; Lorenzo Stanca Managing Partner del Fondo Mandarin. E ancora per il panel politico: Suisheng Zhao Direttore del "Journal of Contemporay China", Docente presso il Center of China - United States Cooperation, Graduate School of International Studies dell'Università di Denver; Federico Masini Professore di Lingua Cinese, Prorettore dell'Università di Roma La Sapienza; Claudia Astarita Professoressa di Politiche della Cina alla John Cabot University, Ricercatrice presso il Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS) ed editorialista di Panorama e Alessandra Spalletta Coordinamento del portale AgiChina24 e co-autrice del libro "Modello Cina" (L'Asino d'Oro Edizioni).
Il perché dell'iniziativa lo ha spiegato il sindaco di Roma Gianni Alemanno che ha aperto i lavori: "La conferenza nasce dalla volontà di capire un Paese la cui influenza sul piano internazionale cresce sempre di più". Siamo abituati a pensare alla Cina solo in termini di partenariato commerciale, soprattutto in questo momento di grande crisi, ha detto Alemanno; "ciò è giusto, ma non sufficiente perché è proprio in questo modo che si rischia di costruire un rapporto con basi fragili". Per il primo cittadino bisogna dunque accompagnare i dati economici alle conoscenze culturali e politiche. "Dobbiamo superare le concezioni eurocentriche con tutti gli errori passati e presenti (dal colonialismo all'impostazione economica della realtà) , così come dobbiamo buttarci alle spalle l'atteggiamento di superiorità. Non per perdere la nostra identità, ma per diventare più competitivi a livello globale". "Non dobbiamo aver paura della Cina" ha poi ammonito Alemanno secondo cui il mondo dovrebbe essere illuminato da due fari: uno che proietta da Oriente e uno da Occidente. "Solo così si può avere una visione totalitaria".
Ma è anche l'informazione a viaggiare in un mondo sempre più interconnesso: "Anche l'Agi sta percorrendo la sua Via della Seta - ha evidenziato il direttore responsabile Roberto Iadicicco - attraverso l'informazione di qualità e con una carovana che trasforma in notizie i cambiamenti in atto: lo facciamo dal 2003, in anticipo rispetto all'impatto che la nuova Cina era destinata ad avere nello scenario globale - ha ricordato - e dal novembre 2007 con il portale AgiChina24 che, in collaborazione soprattutto con l'agenzia Xinhua, è un punto di osservazione privilegiato sui grandi temi della Cina contemporanea, al servizio anche di imprese e istituzioni del nostro Paese".
Una cooperazione profonda, ha dichiarato l'ambasciatore cinese in Italia Ding Wei, è già in atto tra Cina ed Europa. Lo rivelano le cifre "Nel primo trimestre del 2011, l'interscambio commerciale tra le due potenze è cresciuto del 19,30%". E in questo contesto l'Italia ha un posto privilegiato: "le relazioni sino-italiane (a livello economico, culturale e politico) devono essere al primo posto tra quelle sino-europee" ha proseguito l'ambasciatore citando le parole pronunciate dal premier Wen Jiabao nel corso della visita in Italia del 2010. Quanto al futuro dell'Unione europea Ding Wei si è detto fiducioso: "La Cina non condivide il pessimismo sull'integrazione dell'Unione Europea, la quale ha basi economiche, scientifiche e culturali molto solide". "Talmente solide – ha proseguito l'ambasciatore - che l'aiuteranno a uscire dalla crisi più forte di prima".
Ed è proprio sul debito sovrano europeo e sul ruolo della Cina che si sono concentrati alcuni relatori. Sarà Pechino il cavaliere bianco che salverà l'Eurozona? Per Lorenzo Stanca, Bruxelles non ha più bisogno di alcun cavaliere. "Per fortuna la situazione è cambiata da quando lo scorso ottobre l'Europa chiese espressamente l'intervento della Cina. Per alcune settimane, tra ottobre e novembre, in mancanza di un coordinamento europeo, si andò alla ricerca di un salvatore esterno". E lo sguardo si posò subito su Pechino che vanta oltre 3mila miliardi di dollari in riserve valutarie. "Da parte cinese ci fu un effettivo interesse, se non altro per il fatto che l'intervento avrebbe rappresentato per Pechino lo strumento con cui avrebbe potuto chiedere in cambio una serie di cose, quali ad esempio il riconoscimento come economia di mercato". "La natura della crisi però è tale che non si tratta solo di una questione di quattrini". Nel frattempo, spiega Stanca, la situazione è cambiata: c'è più fiducia nei mercati, data anche, nel caso dell'Italia, dal cambio di governo. A ciò va aggiunto inoltre che "l'opinione pubblica cinese non aveva mostrato un grosso entusiasmo all'ipotesi dell'intervento della Cina in soccorso dell'Europa", aspetto questo di non poco conto per i leader del PCC. Quale sarà allora il ruolo del Dragone in Europa? Per Stanca moltissime aziende cinesi finiranno per acquistare quote di minoranza di società europee. Quanto all'ipotesi e ai tempi di un possibile intervento nell'Eurozona, Michele Geraci, non ha dubbi: "La Cina interverrà solo quando avrà l'interesse a farlo". Per ora il messaggio del Dragone sembra essere abbastanza chiaro "l'Ue deve risolvere i problemi da sola" poi potrà intervenire la Cina, spiega ancora Geraci.
Salvatore dell'Ue, Gigante asiatico, seconda potenza economica al mondo: la Cina non solo è uscita indenne dalla crisi finanziaria, ma ha mantenuto una crescita annua del Pil intorno al +10%. Questo almeno è quello che l'economia del Dragone evoca nell'immaginario collettivo. Ma non è tutto oro quello che luccica. "La Cina sta vivendo una repressione finanziaria: i tassi d'interesse sono molto bassi, il che favorisce le aziende con il risultato che si assiste a un vero e proprio trasferimento della ricchezza dai cittadini alle compagnie" ha dichiarato Geraci che ha poi spiegato che nonostante una crescita del Pil del 10%, il reddito reale pro capita dei cittadini è aumentato solo del 6-7%. "A ciò va aggiunto il fatto che i cinesi non sono grandi risparmiatori, soprattutto i contadini (650 milioni circa) che si ritrovano a spendere quasi tutto per la propria sussistenza".
L'enorme liquidità immessa sul mercato per far fronte alla crisi finanziaria, ha spiegato Claudia Astarita, ha generato alcuni effetti collaterali quali l'indebitamento delle amministrazioni locali, la bolla speculativa del settore immobiliare, il ritardo delle riforme del welfare e soprattutto l'inflazione. Proprio il rincaro del costo della vita ha aumentato la forbice tra ricchi e poveri, città e campagne. "Negli ultimi anni sono scoppiate in Cina tra le 50mila e le 180mila proteste popolari. La più emblematica delle quali è stata quella di Wukan, dove i cittadini in lotta da mesi contro l'espropriazione forzata delle terre da parte dei funzionari corrotti hanno ottenuto un raro compromesso con le autorità" ha spiegato Astarita. Che le concessioni democratiche di Wukan facciano da modello per la gestione futura della società civile? "Esistono due scenari possibili: il primo è che i leader riescano a far ripartire la crescita e di conseguenza il benessere dei cittadini, condizione che potrebbero permettere al governo cinese di mettere in stand by le riforme politiche. Il secondo scenario è che la vicenda di Wukan faccia nascere una nuova coscienza sociale che porterà i cittadini a non accontentarsi più del solo benessere economico". Per saperlo bisognerà però attendere le mosse del prossimo Politburo di cui farà parte anche Wang Yang, segretario del PCC del Guangdong che per primo ha aperto ai contestatori di Wukan e molto vicino a Li Keqiang. Le fa eco Alessandra Spalletta: "Wang Yang è dato in ascesa e prossimo a fare parte del Comitato Centrale del Politburo del Partito. E' considerato liberale, spezzando così quella divisione tra "principi rossi" e "populisti" con la quale si tende ad analizzare le faide interne del Pcc". Ma la verità, continua Spalletta, "è che sappiamo molto poco di quello che accade all'interno del quartier generale del PCC a Zhongnanhai, e provare ad analizzare gli equilibri interni del Partito è sempre un esercizio pericoloso: i cinesi lo paragonano alla divinazione"
Tra l'inflazione che ha attanagliato il Paese per tutto il 2011 e i disordini interni, Pechino sembra aver poco tempo da dedicare alle questioni estere. "Per molti anni, sul piano politico internazionale, la Cina ha tenuto la testa bassa adattandosi a quello che è il predominio degli Usa" ha spiegato Suisheng Zhao. "Ma il modo in cui ha affrontato la crisi ha dato a Pechino maggiore fiducia, tanto che oggi la Cina si sente sullo stesso piano degli Stati Uniti e dell'Europa". Molti opinionisti cinesi, ha continuato Zhao, sostengono che la Cina è vittima di una cospirazione dell'Occidente che si serve di tematiche calde quali Taiwan, Tibet, diritti umani, per contenere l'ascesa del Gigante asiatico. E su questi fronti la Cina ha avuto reazioni più decise rispetto al passato. Il perché spiega proprio la natura, la caratteristica della politica estera del Dragone: una politica di protezione di quelli che sono i propri interessi. Sull'atteggiamento di Pechino al di là della Grande Muraglia gli esperti cinesi si dividono: "c'è chi sostiene che il governo dovrebbe adottare una linea più coraggiosa, alcuni pensano che la Cina debba affermarsi ma assieme ad altri stati, e chi ritiene che per il momento la situazione non debba cambiare". Quest'ultima è anche la linea ufficiale: "La Cina ha cambiato il suo approccio, si difende bene, ma non è ancora pronta ad assumersi responsabilità al livello internazionale" ha concluso Zhao.
Intanto all'estero il Dragone si fa conoscere sempre di più giocando la carta del soft power: "Non sappiamo ancora se la Cina riuscirà ad affermarsi come potenza culturale, ma di sicuro sta diffondendo la cultura cinese nel mondo" ha spiegato Federico Masini. E per farlo il Dragone ha 'scomodato' Confucio. "Nel mondo sono presenti oltre 200 Istituti e Aule Confucio su cui il governo investe miliardi di dollari attraverso la collaborazione con Università, scuole e Istituti di Ricerca. Lo scopo è quello di diffondere la cultura cinese nel mondo attraverso lo studio della lingua". I risultati sono già visibili: "oggi nel mondo sono circa 25mila le persone che studiano il mandarino, in Francia il cinese ha superato l'inglese come lingua straniera insegnata nelle scuole mentre in Germania viene insegnato addirittura nelle facoltà di ingegneria" ha continuato Masini. E l'Italia? "Il nostro Paese deve fare uno sforzo per diffondere una nuova immagine che non è più solo quella dei film di Fellini. Il settore enogastronomico è ancora poco sviluppato, perché non puntare su quello? Le merci vanno, ma sono le persone che le spostano".
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