La Cina apre all'hi-tech estero
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La Cina apre all'hi-tech estero

La Cina apre all'hi-tech estero

Scambi. Pechino ha varato il nuovo Catalogo degli investimenti delle imprese straniere che entra in vigore dal 30 gennaio
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Occasioni imperdibili, da spulciare con occhio vigile tra i capitoli del nuovo catalogo per la guida agli investimenti stranieri in Cina. È la lista delle attività più o meno gradite al Governo di Pechino, dei buoni e dei cattivi business riveduta e corretta il 29 dicembre, in vigore dal prossimo 30 gennaio. Con l'apertura alle quote di capitale (anche di maggioranza) ed esenzioni fiscali sull'import legato all'investimento.
Sembra tutta un'altra Cina rispetto all'immagine consueta, s'avanza un Paese che mette all'indice le produzioni inquinanti, bandisce l'uso del carbone, apre al riciclo di batterie o alla prevenzione e alla cura della salute, alla sicurezza alimentare, ai servizi (specie finanziari), alle energie rinnovabili e pulite.
«L'elenco era fermo dal 2007, ci sono state quattro revisioni – commenta da Shanghai Alberto Forchielli presidente di Osservatorio Asia – ed è perfettamente in linea con il piano quinquennale oggi in vigore, di cui si recepiscono le linee-guida. Accanto ad alcune categorie incoraggiate, ci sono 11 settori nei quali è stato rimosso il tetto alle partecipazioni di minoranza o maggioranza. Potremmo chiamarla la via cinese alle liberalizzazioni».
Leasing e venture capital, ospedali e biomedicale tra le attività benedette dal nuovo corso. «La Cina punta sui settori emergenti, sulla vera modernizzazione del paese, cercando di contenere gli effetti sulla salute e sull'ambiente», commenta Lorenzo Stanca, partner del Fondo Mandarin che, non a caso, ora è partner di una serie di aziende attive in Cina nel biomedicale e nel software per la sanità. «Si abbandona il criterio del fattore prezzo - commenta Carmine Biello, ad di MerloniProgetti, in Cina per la costruzione di impianti per il riciclo di prodotti inquinanti. Speriamo che diventi un fatto abituale».
Il passaggio dalla categoria "investimento ristretto" a quella di "investimento permesso" è determinante. Alla Bracco, azienda farmaceutica che ha festeggiato i dieci anni della presenza in Cina la svolta non può che far piacere: «Certo. Abbiamo attivato contatti diretti con la rete ospedaliera, realizzato 40 educational e continuiamo a promuovere borse di studio per tecnici radiologi cinesi».
Proprio in queste ore lo Ieo di Milano sta siglando un importante accordo di collaborazione con l'Istituto per la cura dei tumori della Fudan University di Shanghai basata, tanto per partire, sullo scambio di tecnologie. «Lavoriamo da mesi a questo evento, i cinesi sono venuti in Lombardia più volte e, con loro, abbiamo individuato punti di contatto, siamo pronti a fare nuovi passi», dice Carlo Pampari, responsabile dei rapporti internazionali dello Ieo. Per intenderci: una società ad hoc per la ricerca sino-italiana sarebbe in linea con il catalogo.
«Che la Cina stia modificando consapevolmente la propria percezione - commenta Enrico Toti, avvocato specializzato in diritto cinese, partner dello studio Nctm - lo dimostra il varo della legge sulla sicurezza alimentare nel 2009, integrata più volte. L'articolo 2 prevede rigidi controlli sulla filiera alimentare: in quest'area il contributo e le opportunità per le aziende italiane sarebbero fondamentali per quella sicurezza che la Cina reclama a gran voce».
Promossi il miglioramento della tecnologia dei prodotti tessili, chimici e degli standard per la regolamentazione della proprietà intellettuale, i cosiddetti IPR services. Ma il settore più appetibile è quello delle tecnologie verdi. Dice Federico Vitali, presidente della Faam, batterie industriali, una branch a Yixing (Jiangsu) e progetti ben avviati nella fileira dei veicoli ecologici: «L'apertura all'auto elettrica è una buona notizia, i nostri veicoli giravano nel villaggio Olimpico di Pechino nel 2008, ma da anni s'è capito che i cinesi pur volendo il progresso non avrebbero fatto i nostri errori. Gli standard dell'energia pulita richiesti dal catalogo sono già in linea con quelli che siamo in grado di fornire noi».
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Il testo (in cinese e inglese) del catalogo per la guida agli investimenti stranieri in Cina



Porte aperte alla qualità della vita e all'innovazione tecnologica

I settori di business il cui arrivo è ora incoraggiato dal governo di Pechino
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La prevenzione e la cura della salute della persona sono tra le attività alle quali Pechino apre le porte senza alcuna preclusione. La rete degli ospedali, specie quelli delle zone rurali è arretrata e fatiscente. Le farmacie non rappresentano una rete autonoma, le apparecchiature biomedicali sono altrettanto benvenute come il software necessario alla gestione dei dati sanitari.
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Leasing e venture capital sono attività nelle quali i cinesi per la verità ancora non hanno il know how necessario per questo motivo è previsto che gli stranieri dotati dell'esperienza giusta possano entrare in campo per diventare partner o comunuqe diventare operativi sul mercato locale. Dopo le assicurazioni, quindi Pechino apre al capitale di rischio.
Nonostante lo scetticismo che accompagna l'accostamento tra proprietà intellettuale e Cina, il paese sta compiendo grossi passi in avanti non solo nella consapevolezza ma anche nella gestione pratica del diritto di tutela di brevetti e marchi. Merito anche del programma IPR2 lanciato dalla Comunità europea appena concluso. Ora c'è bisogno dei servizi collegati.
Gli scandali che hanno scosso l'opinione pubblica cinese hanno spinto l'acceleratore sulla revisione della legge sulla sicurezza alimentare e, di conseguenza, sull'apertura a tutto campo degli investimenti in tecnologie per la produzione, il trattamento e conservazione del cibo nonchè all'ottimizzazione delle risorse dell'agroalimentare.
La Cina non vuole pannelli solari ma veicoli elettrici, e li richiede con caratteristiche tecniche ben precise il che per un verso chiudere il campo a tecnologie nelle quali la Cina ormai è leader anzi, addirittura, si ritrova un surplus di produzione e dall'altro apre le porte ai fornitori stranieri di tecnologie per auto pulite, specie se elettriche. Quindi, nel catalogo, la distinzione è precisa.
Negli ultimi mesi i produttori di batterie sono stati tartassati dai controlli, sembra che addirittura le banche cinesi abbiano usato la leva dei rientri sui finanziamenti per far pulizia in un settore inflazionato e inquinante, sono rimaste in piedi le più corrette. Adesso Pechino dà il benvenuto a chi riesce ad organizzare lo smaltimento tout court di materiale hi-tech inquinante

08/01/2012
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