La Cina a Obama: collaboriamo
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La Cina a Obama: collaboriamo

La Cina a Obama: collaboriamo

Il Forum di Davos - LE RISPOSTE ALLA CRISI
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Vittorio Da Rold
DAVOS. Dal nostro inviato
Cinesi e russi seduti in prima fila alla sessione plenaria di apertura del 39° World Economic Forum di Davos davanti alla platea dei 2.500 partecipanti in rappresentanza del Gotha del capitalismo mondiale. Ed è apparso subito un segno dei tempi, nuovi, che a inaugurare i lavori siano stati proprio il primo ministro del gigante del comunismo asiatico, Wen Jiabao, e il premier del Paese erede dell'Unione sovietica, Vladimir Putin, corsi (o meglio chiamati da Klaus Schwab, il fondatore del Wef) in soccorso del mondo occidentale in preda alle convulsione della più grave crisi dagli anni Trenta.
«La Cina è pronta a fare la sua parte e a collaborare con gli Stati Uniti, sebbene abbiano finora condotto un'insostenibile modello di sviluppo che ha condotto all'attuale crisi globale. Se collaboriamo saremo entrambi vincitori, altrimenti perderemo tutti». Queste le parole di apertura rivolte alla nuova amministrazione Obama da Wen Jiabao in un discorso da vero leader mondiale pronto a prendersi tutte le responsabilità. Una crisi che ha accelerato i tempi di un tendenza che stava ridisegnando da anni i nuovi equilibri mondiali a sfavore dell'America.
«Il difficile inverno finirà e la primavera è dietro l'angolo. Rafforziamo la fiducia e lavoriamo tutti insieme per portare al mondo una nuova fase di crescita economica», ha proseguito il premier cinese, affermando che la Cina non si sottrarrà agli impegni ed «è pronta a lavorare con gli altri membri della comunità internazionale per mantenere la stabilità finanziaria mondiale, promuovere la crescita e combattere i rischi globali». Secondo il primo ministro di Pechino, sorridente e a volte quasi ironico nel rispondere alle domande da lui stesso sollecitate, «bisogna ritrovare un equilibrio tra chi risparmia e chi consuma, tra i Paesi manifatturieri e quelli finanziari, ecco la chiave della soluzione del problema».
Certo Wen Jiabao non ha negato i gravi problemi che stanno colpendo la Cina, («le nostre fabbriche stanno soffrendo e gli impianti sono sottoutilizzati, lo Stato farà un piano per sostenere e rafforzare l'assistenza sanitaria e la previdenza sociale») «ma resta imperativo» per Cina e Stati Uniti d'America intensificare la cooperazione», perché mantenere relazioni positive tra loro «non è solo nell'interesse di questi due Paesi ma anche di tutto il mondo». Il messaggio che Wen Jiabao ha voluto lanciare alla nuova amministrazione americana di Barack Obama sembra non avere incertezze interpretative e va diretto allo scopo.
Certo non c'è stato nessuna risposta diretta né indiretta alla pressante richiesta di rivalutare lo yen lanciata la settimana scorsa dal segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner, su suggerimento del direttore del National Economic Council Lawrence Summers, vero artefice della politica economica americana e vecchio frequentatore di Davos (quest'anno assente giustificato perché occupato a preparare i dettagli del maxi-piano da 826 miliardi di stimoli). Ma nessuno che conosce la prudenza e la diplomazia cinese si aspettava una risposta su un tema così delicato in un momento così particolare dell'economia mondiale.
L'importante è «non ricorrere a barriere protezionistiche, sarebbe un sistema certo per prolungare la crisi», ha detto Wen Jiabao, che ha aggiunto di essere fiducioso perché i cinesi hanno 46mila miliardi di yuan di risparmi e da inizio anno i consumi interni sono cresciuti del 21% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Wen ha lanciato, infine, un appello per la «costituzione di un nuovo ordine economico mondiale» e ha chiesto ai Paesi ricchi di «assumersi le proprie responsabilità» aiutando le nazioni più povere ad affrontare la crisi. «Dobbiamo non solo prendere misure efficaci per superare le difficoltà attuali, ma anche agire affinché sia costituito un nuovo ordine economico mondiale che sia giusto, solido e stabile», ha concluso Wen tra gli applausi, sinceri, dei 2.500 delegati del World Economic Forum. Di questi tempi un ventata di ottimismo orientale fa bene anche ai frequentatori della "Montagna incantata" di Davos.
vittorio.darold@ilsole24ore.com

29/01/2009
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