Chengdu, 04 mar. - Atterro all'aeroporto di Wenzhou alle 9.30 am. In un attimo recupero la valigia, ma Arnold Yao , il mio fornitore di buste preferito, non mi sta attendendo agli arrivi. Dopo un quarto d'ora mi telefona. E' allegro ma un po' agitato, sembra cercarmi con la voce: "Dove sei? No vedo ti"
"Dove sono… sono agli arrivi, Arnold"
Ho già perduto la pazienza, oggi non ho voglia neppure di Arnold.
"Io anche agli arrivi, no vedo"
Sento che dice all'autista di correre un po', "che Jia-lu-kà è già arrivato".
E riattacca senza tanti convenevoli.
Arriva dopo una mezzoretta, trafelato come avesse partecipato ad una corsa campestre.
Lo guardo meglio. Ma cos'ha? Cosa lo rende tanto assurdo oggi?
La sua chioma!
E' enorme e meravigliosissima. Trattasi di acconciatura "a schiaffo", in avanti però. Lo schiaffo arriva dalla nuca, per intenderci: tecnicamente è forse un'acconciatura "a coppino". Di fronte, ha l'effetto vagamente minaccioso dell'onda di libeccio quando è sul punto di travolgerti. Il primo istinto è di scartare velocemente di lato per evitarne l'impatto. Fortunatamente Arnold è piccoletto e l'acqua arriverebbe solo all'ombelico.
Di profilo invece - mi sposto di due passi per avere la corretta prospettiva - il tutto assume improvvisamente un aspetto pacato e sino-taoista: la forza dirompente dello tsunami che ti spaventa di fronte, diventa perfetto equilibrio se lo osservi da un lato. I capelli yang che coronano l'alto cranio formando un cupolone castano (temo che Justin si faccia le meches), si incontrano a metà della volta cranica posteriore con i capelli yin, che scivolano per una ventina di centimetri fino a toccare la nuca del Nostro, per poi svirgolare di nuovo verso l'esterno all'altezza del collo, rispecchiando a contrario il profilo del cupolone soprastante.
Sono esterrefatto da questa acconciatura, la più straordinaria che abbia avuto la fortuna di incontrare dalla scomparsa in Europa delle grosse chiome cotonate dei primi anni novanta.
"Hello! You had a good trippa? You had a good trip ah?"
La voce di Arnold mi distrae dalla visione tricologica. Ricordo un momento di simile rapimento estetico: la prima volta che vidi dal vivo la tela di Renoir Jeunes filles au piano, all'Orsay.
Sorride un po' preoccupato, forse imbarazzato. Il suo volto è tondo e grandissimo, la fronte spaziosa e intelligente, il bel naso grande al centro dei due rotondi zigomi, la boccuccia carnosa e a cuore. E quel mentino appena accennato, che ti verrebbe voglia di prenderlo tra le braccia e coccolarlo come un bimbetto. Se non mi stesse già così indigesto.
Mi sto sempre più distaccando dalla mia parte di ospite perfetto. Una volta risultavo simpaticissimo agli amici cinesi, di certe cose ti accorgi. Partecipavo, parlavo la lingua, assaggiavo tutto, bevevo, coinvolgevo, giuocavo. E loro mi festeggiavano.
Adesso un po' me ne infischio e mi trovo in situazioni come questa. Arnold che mi saluta con la manina, tutto preoccupato, mentre io continuo a osservargli la chioma, immerso nei miei pensieri.
D'altro canto non posso fermare il turbinio di interrogativi causato da un tale repentino cambiamento nella forma e nella sostanza del mio amico Arnold.
Non lo vedo da pochi mesi, come è possibile una tale crescita di capelli? Avrà mica fatto le extensions! E non solo, tutto in Justin è fiorito, sbocciato, fertilizzato. Lo sguardo, pur preoccupato in questo momento, è sveglio e consapevole.
I movimenti sono sicuri, forti, le labbra ferme, la camminata veloce e rettilinea.
Un paio di occhiali dalla montatura metallica gli donano l'aria, se non da artista maledetto, del creativo tribolato.
Justin è maturato, si direbbe da noi.
Mi chiedo cosa sia successo a questo novello Sansone.
Lo conobbi ad una fiera nel Guandong, poco più di un anno orsono.
Dietro una colonna ornamentale a volute ioniche di polistirene espanso, allo stand dell'azienda che mi accingo a visitare. Avevo intravisto due occhietti da cerbiatto impaurito, che per un attimo avevano balenato riflettendo la luce al neon psichedelico che pubblicizzava i bei sacchi e sacconi prodotti dalla Zhejiang.
Evidentemente il Nostro si era sentito minacciato dall'avvicinarsi del laowai, lo straniero e aveva quindi riparato dietro quel momentaneo e vulnerabile rifugio.
Memore delle bellissime pagine di Saint Exupery dove la volpe insegna al Piccolo Prince l'arte di addomesticare ed essere addomesticati, mi faccio vedere allo stand a intervalli regolari di 5 minuti. Mi avvicino, il cerbiatto scompare dietro la colonna e mi allontano senz'altro.
D'altronde l'interesse commerciale per i sacconi e quello antropo-etologico per l'uomo cerbiatto hanno il sopravvento. Dopo qualche giro di perlustrazione, il cerbiattuomo prende confidenza, mi attende, si abitua alla nuova routine. Si fida.
Si lascia avvicinare, sorrido, mi studia, ci piacciamo. Con facilità rompiamo il ghiaccio: mostro il mio sincero interesse per i sacconi, gli faccio subito i complimenti per l'ottimo inglese, mi scatta qualche fotografia col cellulare. Da lì a poco sorseggiamo insieme un the ustionante nel bicchierino di polietilene, spessore 7 micron.
Quel cervide timido e guardingo è ora uomo fatto. Entrati in auto dà indicazioni all'autista, reclina subito il sedile e si mette a dormire. Qui capisco in parte il segreto della sua chioma: il vuoto, la cupola concava sulla nuca, è dovuta allo schiacciamento dei capelli sul poggiatesta. Originariamente la Chioma aveva certo un'altra forma: era un enorme, perfetto casco che tracciava una grottesco semi-cerchio attorno ad Arnold, un'aureola dal raggio di circa 26, 27 centimetri. In seguito essa ha assunto, motu proprio, un carattere, una volontà di potenza che raramente si riconoscono ad una chioma umana.
Mi sono forse trattenuto troppo su di essa, eppure reputavo che questa fosse una conciatura che non poteva, non doveva essere dimenticata.
Gianluca Morgese
Gianluca Morgese. Imprenditore a basso budget di Provincia Italiana che si trova a vivere nella Provincia Cinese all'inseguimento di lavori di nicchia. Settori che nessun business man solido si prenderebbe la briga di coprire, in luoghi spesso lontani dai bagliori di Shanghai e le suggestioni di Pechino. Durante una cena con altri 95 commensali ha un'esperienza gastro-mistica: un occhio, forse suino, lo sta fissando dal suo cucchiaio da zuppa. Da qui la decisione di raccontarvi, senza pretese di verità ma con imparzialità fotografica, ciò che vede della sua amata Cina, durante i suoi viaggi e la sua vita di provincia.
La rubrica "Lettere dalla Cina" ospita gli interventi di giovani italiani che vivono e lavorano in Cina, offrendo spunti di vita quotidiana e riflessioni originali. Andrea Bernardi, Corrado Gotti Tedeschi, Elisa Ferrero e Gianluca Morgese.