Roma, 30 apr.- Il governo di Pechino obbligherà le compagnie informatiche straniere a rendere noti i processi di sicurezza interni dei computer e i software adottati. Obiettivo: condivisione del know-how, ma c'è chi parla di protezionismo. Ed è di nuovo tensione tra Cina, Stati Uniti e UE. Da domani i fornitori dovranno rivelare i codici criptati e i segreti aziendali, pena l'esclusione dal mercato multi miliardario che, grazie a smart card, routers, software anti-spam e anti virus, fa affluire alle casse del governo fiumi di milioni. Nello specifico la normativa coinvolge 13 tipi di prodotti, tra i quali i sistemi di sicurezza dei database e del network, i sistemi di backup e recupero dei dati, software anti-spam e anti-virus e altri componenti essenziali per computer e reti di telecomunicazione. Microsoft corp. e Cisco Sistem Inc. non hanno reso nota la loro posizione.
Già in passato Pechino aveva manifestato l'intenzione di voler favorire l'approvvigionamento di computer e tecnologie straniere nel tentativo di promuovere lo sviluppo delle aziende nazionali. Allo stesso scopo, nel 2006 la Cina ha adottato un piano su quindici anni per il supporto sulla ricerca in 11 settori, dal nucleare alla genetica, passando ovviamente per l'informatica. L' ultima mossa di Pechino sembra essere un' ulteriore strategia per aiutare le aziende emergenti nel settore dell'hi-tech ad affermarsi come concorrenti nel mercato internazionale.
Dure le reazioni d'oltreoceano: Washington e Bruxelles fanno sapere che nessuna nazione può imporre una simile misura ed esortano Pechino a tornare sui suoi passi. L'Occidente rimprovera alla Cina di adottare strategie di supporto alle proprie compagnie che però finiscono per danneggiare le case estere. E non nasconde il timore che il Dragone, servendosi del know-how, potrebbe rafforzare il sistema di monitoraggio sul web.
"Gli Stati Uniti chiedono che la Cina segua le direttive internazionali" spiega Nkenge L. Harmon, portavoce del Ministero del commercio americano. "I funzionari statunitensi premono affinché, prima di attuare nuove riforme, il governo di Pechino presti attenzione anche agli interessi dei governi e delle aziende estere". Dura anche la risposta dell' Ue. "La richiesta della Cina è fuori dalla realtà" replica il commissario per il commercio dell'Ue Karel De Gutch. E aggiunge: "Il nostro concetto di sicurezza è molto diverso, ed è di questo che stiamo discutendo". De Gutch assicura di aver già sollevato il problema al ministro del commercio cinese Chen Deming.