L'Fmi: banche cinesi sempre più vulnerabili
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L'Fmi: banche cinesi sempre più vulnerabili

L'Fmi: banche cinesi sempre più vulnerabili

Rapporto su Pechino. Credito condizionato dallo Stato e prestiti troppo facili
di lettura
SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
Il sistema finanziario cinese è sempre più vulnerabile.
A lanciare l'ennesimo allarme sulle condizioni di salute della superpotenza asiatica è il Fondo monetario internazionale. Sebbene negli ultimi anni le banche cinesi abbiano fatto grandi progressi nella loro transizione verso l'economia di mercato, il mondo del credito oltre la Grande Muraglia continua a essere fortemente dominato, guidato e condizionato dallo Stato, avverte un rapporto fresco di stampa dell'Fmi.
Il risultato è un sistema bancario che, sotto la pressione della mano pubblica, tende a finanziare troppo generosamente le grandi aziende di Stato senza valutare più di tanto il loro merito di credito. Così facendo, gli istituti di credito finiscono per produrre eccessi d'investimento, sovracapacità produttiva e bolle speculative come quella che minaccia da tempo il settore immobiliare.
I numeri snocciolati dallo studio, il primo ad ampio spettro condotto dall'Fmi sul sistema finanziario cinese, compendiano efficacemente la portata del problema. Negli ultimi dieci anni, per ogni dollaro di prodotto interno lordo generato, la Cina ha destinato a investimenti il 40% in più del Giappone e della Corea quando questi ultimi si trovavano allo stesso stadio di sviluppo. Insomma, i prestiti facili concessi dalle banche alle aziende di Stato, ai consorzi pubblici e agli enti locali hanno stimolato oltremisura gli investimenti creando un profondo squilibrio nell'allocazione del credito.
«Il costo di queste distorsioni è in costante aumento e sta creando dei rischi sia sul piano macroeconomico che sul piano finanziario» avverte il Fondo monetario internazionale. Che indica a Pechino una soluzione al problema: riformare il sistema bancario partendo dal suo cuore, cioè il meccanismo di formazione del tasso d'interesse e del tasso di cambio.
Il primo è sicuramente il più facile su cui intervenire. Almeno sulla carta. Per evitare di mettere in competizione le grandi banche di Stato, le autorità monetarie cinesi hanno sempre obbligato di fatto le Big Four ad applicare gli stessi tassi d'interesse alla clientela. Basterebbe far saltare questo anacronistico ostacolo alla concorrenza per ridefinire le regole del gioco. Se le banche fossero messe nelle condizioni di offrire rendimenti e di prestare denaro a condizioni diverse rispetto ai loro competitori, infatti, l'intero business creditizio inizierebbe a essere regolato da una vera logica di mercato.
Il secondo punto, invece, è molto più delicato perché lo yuan è una valuta inconvertibile e, quindi, la riforma del meccanismo che regola la formazione del tasso di cambio richiederebbe una forte volontà politica che oggi il Governo cinese ancora non ha.
Tuttavia, nonostante le profonde distorsioni che rischiano di compromettere la crescita economica futura del Dragone, il sistema finanziario cinese appare ancora solido. Da uno stress test condotto su 17 banche nazionali dall'Fmi insieme alla People's Bank of China e alla China Banking Regulatory Commission, infatti, è emerso che gli istituti oggetto della simulazione sarebbero in grado di resistere a shock isolati, incluse una repentina oscillazione del tasso di cambio dello yuan o una drastica caduta del mercato immobiliare.
«Tuttavia, se diversi eventi negativi dovessero realizzarsi simultaneamente, l'impatto sul settore bancario cinese sarebbe molto duro» osserva il Fondo monetario internazionale. Che conclude il suo rapporto con un doppio consiglio a Pechino: la Cina dovrebbe dare alle proprie banche un volto più market oriented e, al tempo stesso, dovrebbe migliorare la capacità del sistema finanziario di affrontare eventuali fasi di crisi.
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L'allarme
Nel primo studio ad ampio spettro condotto dall'Fmi sul sistema finanziario cinese si rilevano progressi nella transizione verso un modello più orientato al mercato, ma si evidenziano anche numerose criticità. Il rapporto elenca quattro principali fattori di rischio: «l'impatto sulla qualità dei bilanci delle banche del recente forte aumento del credito»; «l'aumento dell'esposizione a attività creditizie fuori bilancio e a qualsiasi forma creditizia che resti formalmente fuori dal settore bancario»; i «livelli relativamente elevati dei prezzi immobiliari»; l'aumento degli squilibri del Paese a causa delle attuali dinamiche di crescita

I consigli
L'Fmi suggerisce a Pechino di riformare il sistema, rivedendo in particolare il meccanismo di formazione del tasso di interesse e del tasso di cambio

16/11/2011
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