L'energia che spiazza gli artisti
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L'energia che spiazza gli artisti

L'energia che spiazza gli artisti

Premio Terna. Autori italiani al Supec divisi su estetica e modelli di crescita della metropoli
di lettura
Giovanna Mancini
SHANGHAI. Dal nostro inviato
Shanghai è una città che divide chi la vede per la prima volta, anche nell'arte. Seduti attorno a un tavolo di un albergo del centro, alcuni artisti italiani - giovani e meno giovani - ne parlano con opinioni e toni molto diversi. C'è chi è affascinato dal dinamismo e dall'energia che respira per le strade, e chi invece osserva perplesso un modello di sviluppo troppo rapido. Tutti sembrano concordare però sul fatto che si tratta di un mercato interessante e di una fonte di stimoli. Vincitori della seconda edizione del Premio Terna (indetto ogni anno dall'azienda italiana sul tema dell'energia) stanno visitando Shanghai e le sue gallerie d'arte in occasione della mostra "Contemporary Energy. Italian attitudes", che dal 3 giugno all'11 luglio espone al Supec (Shanghai Urban Planning Exhibition Center) le loro 14 opere e altrettante del progetto Utopia dell'Igav.
«Da un punto di vista puramente estetico - dice Simone Bergantini, 33 anni, originario di Velletri ma residente a Torino e New York - mi sembra che, se in alcune città europee vedo l'arte e in alcune città Usa vedo il cinema, qui vedo i videogame. Non è un giudizio negativo, ma forse avrei voluto vedere Shanghai con gli occhi di un industriale: come artista non ho avuto grandi sorprese». Più critico Stefano Canto, 35 anni, architetto di formazione: «Il modello di crescita è fuori controllo: dal punto di vista architettonico-urbanistico è una città violenta, mostruosa».
Un modello che affascina invece Stefano Cagol, 41enne di Trento: «La trovo fantastica, vorrei viverci, perché qui si percepiscono un'energia contagiosa e una grande cultura». Anche il pratese Emanuele Becheri, 34 anni, sta pensando di trasferirsi qui per un po': «Ci avevo già pensato e questo viaggio mi ha convinto, perché credo sia inutile frequentare luoghi dove l'arte è qualcosa che ha già un nome, è già sistema. Shanghai è una città potenziale, dove ancora si può creare qualcosa di diverso e non omologato».
Alia Scalvini, lombarda, ha 30 anni e ha vissuto e lavorato a Berlino e Londra. È scettica sul modernismo di Shanghai, ma riconosce che «per noi artisti è un mercato interessante, sia perché economicamente forte, sia perché l'arte contemporanea sta muovendo ora i primi passi».
Qui, del resto, girano moltissimi soldi e, come fa notare Mauro Folci, 51 anni, romano, «storicamente dove c'è una ricchezza economica fiorisce anche la cultura. La Cina sta vivendo ora il suo rinascimento artistico». Ma, aggiunge, «esiste un problema di censura per gli artisti». Non è un caso che alcuni tra i nomi più importanti dell'arte contemporanea cinese oggi risiedano all'estero: da Zao Wou-Ki, battuto da Christie's Hong Kong lo scorso sabato, a Yan Pei Ming, da Zhang Huan a Cai Guo-Kian. La scena shanghaiese tuttavia - sebbene all'ombra di quella pechinese - sta crescendo rapidamente, in particolare attorno al distretto artistico di Suzhou Creek, all'interno dello spazio M50 che comprende diverse gallerie.
«Gli artisti che ho visto a Shanghai non mi hanno impressionato quanto la città – ammette Michele Manzini, veronese, 43 anni –. Mi sembrano pronti a dare quello che ci si aspetta da loro: difficilmente sorprendono, sembrano molto attenti al committente e al fornitore». Un problema connesso alla censura e al controllo politico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

03/06/2010
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