L'eco-business fa scuola a Pechino
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L'eco-business fa scuola a Pechino

L'eco-business fa scuola a Pechino

Green economy
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Un modo per esportare è esportare ambiente. Tecnologie pulite. Dal 14 al 18 settembre a Shanghai, in occasione dell'Expo, gli scienziati e le imprese italiane presenteranno alla Cina le soluzioni per fare business usando il driver dell'ecologia. «Greening the future», inverdire il futuro: oltre alle università italiane e cinesi, ai centri di ricerca, ai progettisti, il ministero italiano dell'Ambiente accompagna a Shanghai anche imprese come l'Ariston, con i suoi apparecchi ad alta efficienza; come la Graniti Fiandre e Permasteelisa, con le loro tecnologie per l'edilizia a basso impatto ambientale; i prodotti di iGuzzini. Sono solamente alcuni dei nomi fra tanti.
Finora il ministero italiano dell'Ambiente ha promosso in Cina ecoprogetti per 342 milioni con finanziamenti complessivi per 180 milioni, facendo ricorso anche a trust fund istituiti della World Bank e a fondi multilaterali. Non sono stati soldi buttati: in dieci anni, il cofinanziamento di 180 milioni da parte del ministero ha "mosso" investimenti per 1,2 miliardi.
«Si è parlato molto della relazione tra la forte crescita dell'economia tedesca e l'espansione dell'industria ambientale della Germania in Cina. È vero, lo conferma l'esperienza ormai decennale che abbiamo anche noi – osserva Corrado Clini, direttore generale del ministero dell'Ambiente – e cioè la cooperazione ambientale con la Cina è stato ed è un importante driver di sviluppo per le imprese italiane che hanno deciso di partecipare ai nostri programmi». Quando a livello internazionale la credibilità dell'impegno cinese sull'ambiente era assai scarsa, e molto pochi erano i paesi disposti a rischiare investimenti nella cooperazione ambientale con la Cina, l'Italia aveva deciso di raccogliere la richiesta e la sfida di quel paese.
«Il lavoro comune di una task-force permanente italo-cinese, istituita in collaborazione con l'Ice, con sedi a Pechino e Shanghai, ha consentito di identificare e promuovere fino a oggi oltre 200 progetti. La partecipazione delle imprese italiane alla realizzazione dei progetti – aggiunge Clini – è prevista come condizione dagli accordi presi con le autorità cinesi, che hanno selezionato le imprese italiane per la realizzazione dei progetti che "attraversano" tutte le politiche dello sviluppo della Cina».
Così nel settore dell'ambiente urbano e della qualità dell'aria sono stati sviluppati dagli italiani i progetti in quattro grandi città cinesi, fino alla realizzazione del complesso sistema integrato di gestione della qualità dell'aria e del traffico urbano di Pechino durante e dopo le Olimpiadi. «E sempre a Pechino, il progetto per la riduzione delle emissioni da traffico ha "trainato" prima una importante commessa per la fornitura di motori a basse emissioni di Iveco Fiat e poi la promozione dei filtri antiparticolato della Pirelli», ricorda il direttore del ministero. A Shanghai il progetto pilota sui motori a basse emissioni per i motocicli ha "trainato" i prodotti innovativi di molte imprese italiane, tra cui Ducati Energia, Fiamm, Malaguti, sia nel mercato interno cinese che nel mercato italiano ed europeo.
Nel comparto dell'efficienza energetica, nell'industria e nell'edilizia la collaborazione ha portato a realizzare edifici pensati in Italia e costruiti nelle Università leader di Tsinghua a Pechino, Tongji e Jatong a Shanghai, ed è stato realizzato il nuovo palazzo ecoefficiente del ministero dell'Ambiente cinese. Questi progetti hanno "trainato" la presenza di molte imprese italiane, tra cui Mts, iGuzzini e Permasteelisa.
«Abbiamo promosso anche l'industria del fotovoltaico, con la realizzazione nel 2000 di una fabbrica di produzione di wafer multi-cristallino agli "albori" del mercato interno cinese delle rinnovabili», ricorda Clini. L'azienda era partecipata fino al 2003 dall'Eni e poi è stata ceduta. Ma anche programmi agricoli con il Politecnico di Torino per ridurre l'uso della chimica nei campi o – nelle zone aride della Mongolia Interna – per contrastare il fenomeno della desertificazione. «Ma c'è anche la formazione e la riqualificazione della classe dirigente cinese per la gestione sostenibile delle risorse naturali ed energetiche», conclude Clini. Più di 5mila dirigenti e funzionari cinesi dei ministeri hanno studiato a Venezia, alla Venice International University.
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12/09/2010
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