Kangbashi, città fantasma vittima della bolla cinese
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Kangbashi, città fantasma vittima della bolla cinese

Kangbashi, città fantasma vittima della bolla cinese

LA STORIA - Mai decollato il centro amministrativo della Inner Mongolia
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KANGBASHI. Dal nostro inviato
La statua di Gengish Khan che domina la grande piazza se ne sta lì, solitaria e solenne. Abbandonato in tanta desolazione, il grande condottiero mongolo artefice del primo impero globale nella storia dell'umanità, sembra non avere né seguaci né nemici.
Dove si saranno mai nascosti? Forse, negli uffici del gigantesco complesso di edifici governativi? Dietro le quinte del Teatro cittadino? Nella Biblioteca municipale? Oppure, nelle stanze del Museo dell'arte? I seguaci e i nemici di Gengish Khan semplicemente non ci sono, perché qui a Kangbashi c'è proprio tutto - grattacieli, giardini, musei, sculture, complessi residenziali di lusso, centri sportivi - fuorché un ingrediente fondamentale di qualsiasi insediamento urbano: la gente.
La storia di questa città fantasma situata nell'Inner Mongolia, la provincia del nord della Cina popolata in gran parte dai discendenti diretti dei grandi Khan che fecero tremare il mondo, è la perfetta incarnazione dei sette peccati capitali che flagellano il neo-capitalismo cinese: avidità, malaffare, superficialità, menzogna, ignoranza, irresponsabilità, miopia.
Tutto comincia nel 2004 quando le autorità di Ordos, una delle principali grandi prefetture dell'Inner Mongolia, pressate dall'inesorabile avanzata dal deserto e della carenza d'acqua, decidono di spostare il centro amministrativo. La scelta cade su Kangbashi, un piccolo villaggio abitato da poco più di un migliaio di anime, distante una cinquantina di chilometri. La scelta trova subito un forte endorsement politico anche a Pechino e così, in men che non si dica, arrivano i finanziamenti e le ruspe e le gru si mettono alacremente al lavoro. Nel giro di un lustro, la città è terminata. Secondo le stime di Standard Chartered Bank, la realizzazione di questa mostruosa Dubai del nord cinese è costata complessivamente 1.100 miliardi di yuan, la bellezza di 160 miliardi di dollari.
La colossale operazione è stata sostenuta dalle generose casse pubbliche di Ordos, città di circa 1,6 milioni di abitanti dal nome sconosciuto ai più anche in Cina, ma che figura tra le metropoli più prosperose del paese. Il bacino di Ordos, infatti, è uno dei giacimenti di energia più ricchi di tutta la Cina, giacché custodisce nelle sue viscere un sesto delle miniere di carbone del Dragone e un terzo delle sue risorse di gas naturale. Forte di questa dote, grazie al boom della domanda di energia degli ultimi anni, in un battibaleno il reddito medio pro capite di Ordos (21.200 dollari nel 2009) è diventato uno dei più elevati di tutta la Cina ed, entro il 2014, dovrebbe superare perfino quello di Hong Kong.
L'altra spinta al decollo di Kangbashi, ma soprattutto allo sviluppo dell'edilizia privata locale, l'hanno data i "miracolati del carbone", cioè quella schiera vasta e composita di personaggi (piccoli proprietari terrieri, imprenditori minerari, burocrati, politici) che si è arricchita grazie al boom del nuovo oro nero e ha reinvestito in buona parte nel settore immobiliare.
Chi siano i destinatari finali di questa immensa colata di cemento non è ben chiaro. Secondo i piani delle menti illuminate che concepirono Kangbashi, quest'anno la popolazione del nuovo centro urbano avrebbe dovuto raggiungere 100mila persone, per poi arrivare a 300mila entro il 2020. Le autorità locali sostengono che oggi i residenti di Kangbashi sono 50mila. Tuttavia, basta farsi una passeggiata per la città per capire che la cifra è ampiamente sovrastimata.
«Qui, al massimo, ogni giorno entrano una decina di clienti. Dov'è tutta questa gente?», si chiede la commessa di una profumeria che ha appena aperto i battenti nel centro cittadino. Di negozi in affitto ce n'è una moltitudine ovunque. Ma non li vuole nessuno, visto e considerato che l'offerta è ormai totalmente coperta (ci sono anche un cinema e un paio di karaoke), ma la domanda scarseggia e non sembra destinata ad aumentare.
Eppure, quasi tutte le unità immobiliari spuntate negli ultimi anni a Kangbashi hanno un padrone. «Qui le case - spiega un funzionario di Juneng Investment Group, una delle tante società immobiliari locali - vanno a ruba. Basti pensare che l'80% degli appartamenti di nuova costruzione li vendiamo prima ancora di terminarli. Chi ha fatto i soldi con il carbone ne compra anche 4 o 5 alla volta, scommettendo sulla loro futura rivalutazione». A prezzi non proprio popolari: un metro quadrato di cemento in questa landa squallida e desolata costa 7mila yuan al metro quadrato (circa 800 euro), una cifra di tutto rispetto per gli standard cinesi.
Ciononostante, le case di Kangbashi sono vuote. Già, perché per i nuovi signori del carbone quegli appartamenti rappresentano solo un investimento. O meglio una speculazione che assomiglia più a una giocata a black jack che a una razionale scelta economica. Il risultato è che la crescita immobiliare si autoalimenta, condannando inesorabilmente la città alla sua dimensione spettrale.
Kangbashi è un paradosso senza uguali: essere una città boom e una città fantasma al tempo stesso. Davvero la quintessenza di una bolla speculativa. Il meccanismo funziona grosso modo così. I piccoli proprietari terrieri vendono a peso d'oro i loro appezzamenti alle società di sviluppo immobiliare. Dopo di che, anziché depositare il ricavato presso una banca qualsiasi a tasso d'interesse vicino allo zero, girano il denaro a una delle numerose "finanziarie" private locali, fondate non si sa bene su quale base giuridica dagli stessi palazzinari, che garantiscono ritorni assai più elevati. Con un sistema molto semplice: finanziando a tassi da usura la stessa gente che smania per aggiudicarsi un pezzo di mattone nella città del futuro.
Prezzi fuori controllo, eccesso di offerta, strozzinaggio. Insomma, un modello di tempesta finanziaria perfetta che andrebbe studiato nelle facoltà di Economia. Roba da far rivoltare nella tomba perfino la buonanima di Gengish Khan.
ganawar@gmail.com
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Progetto (troppo) ambizioso
Kangbashi in origine era un piccolo villaggio a 50 chilometri da Ordos, nella Inner Mongolia. Nel 2004 le autorità cittadine, preoccupate dall'avanzata del deserto, decisero di spostare qui il centro amministrativo. La metropoli è sorta in soli cinque anni, con una spesa di 1.100 miliardi di yuan, ben 160 miliardi di dollari

TRAFFICO SCORREVOLE
Basta una carrellata di immagini per rendersi conto che Kangbashi, pensata per essere il nuovo centro amministrativo di Ordos, non è ancora decollata: ci sono i grattacieli, le costruzioni avveniristiche, i musei, i centri sportivi e le sculture (come i due giganteschi cavalli nella grande piazza Linyinlu, nella foto a sinistra), manca però la gente. Secondo i piani delle autorità quest'anno la popolazione di Kangbashi avrebbe dovuto raggiungere 100mila persone, per arrivare a 300mila entro il 2020. Ma anche i 50mila indicati come residenti oggi non appaiono credibili

17/07/2010
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