ITALIA ED EUROPA METE DELLO SHOPPING CINESE
Di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 26 mar. - L'Italia, ma più in generale, l'Europa è oramai diventato uno dei luoghi dove fare shopping per i gruppi cinesi pronti a investire nei gruppi della tradizione industriale del nostro continente. I pezzi pregiati dell'industria europea sono sempre più appetibili per le aziende cinesi, ma la facilità di investimento delle aziende del gigante asiatico non trova una perfetta corrispondenza in Cina da parte delle imprese straniere.
Agichina ha analizzato la situazione, dopo l'accordo tra Pirelli e China National Chemical, con Sara Marchetta, vice presidente della Camera di Commercio dell'Unione Europea in Cina. "L'unico pericolo - spiega Marchetta - è il caso in cui gli investimenti siano in realtà supportati da sussidi di Stato, con mezzi che non sono accettabili dalle regolamentazioni europee". Cina e Unione Europea stanno in questo momento negoziando il trattato bilaterale sugli investimenti. "Quello che potrebbe aiutare gli investitori europei sia nel mercato europeo che all'estero - spiega ancora la vice presidente della Euccc in Cina - sono politiche industriali di tipo diverso. Non è nello spirito europeo quello di costituire un organismo che controlli gli investimenti".
Gli investimenti cinesi in Italia rappresentavano il 27% del totale degli investimenti stranieri nel 2014. L'Italia è diventata il posto preferito dei cinesi per lo shopping?
Sicuramente l'Europa lo è diventato. Sia dal punto di vista del mercato che dal punto di vista tecnologico, l'Europa è una meta di investimento molto gradita ai cinesi. Non so se è una preferenza per l'Italia o un tema di occasioni o comunque di pragmatismo cinese. Non credo che abbiano delle preferenze su un Paese rispetto a un altro. E' un approccio legato al business che guarda anche ad alcuni Paese europei prima di altri.
Non c'è una strategia precisa, secondo lei, o un'escalation?
L'unico pericolo è nel caso in cui gli investimenti siano in realtà supportati da sussidi di Stato, ovvero il fatto che l'investimento straniero all'estero e in Europa possa essere sostenuto da mezzi che non sono accettabili dalle regolamentazioni europee. Il mercato europeo è molto aperto ed è per questo che la negoziazione che c'è in questo momento per il trattato bilaterale sugli investimenti, che andrà a sostituire i trattati dei singoli Paesi dell'Unione con la Cina, è estremamente importante sia per noi che per la Cina, proprio perché la politica del go abroad si sta estendendo anche in Europa.
Dovremmo avere paura di qualcosa nella strategia del go abroad?
Da una parte c'è il tema dei sussidi di Stato che, nel caso in cui venissero utilizzati dalle imprese cinesi per fare investimenti, causerebbero un certo squilibrio. Il secondo tema è quello legato all'accesso al mercato che è disponibile. L'Unione Europea è estremamente aperta nel caso di investimenti esteri: quello che speriamo è che questo trattato sugli investimenti dia una maggiore apertura anche sul mercato cinese per gli investitori stranieri. I volumi degli investimenti diretti tra Ue e Cina sono molto inferiori rispetto a quelli del trade puro e semplice. C'è ancora spazio per crescere. Loro hanno la possibilità di crescere all'interno dell'Europa e per noi diventa importante avere accesso al mercato cinese che per il momento è molto più chiuso di quello europeo.
Si parla della necessità di un setaccio all'interno degli investimenti stranieri sia in Italia che in Europa?
Diciamo che il tema è molto più legato alle politiche industriali piuttosto che di avere un organismo che verifica e controlla quale tipo di target possano avere investitori da un certo Paese piuttosto che da un altro. L'Europa - e in particolare alcuni Paesi - sono molto diversi dagli Stati Uniti, dove esiste una National Security Review, che guarda agli investimenti strategici in settori particolarmente delicati. Quello che potrebbe aiutare gli investitori europei sia nel mercato europeo che all'estero, sono politiche industriali di tipo diverso. Non è nello spirito europeo quello di costituire un organismo che controlli gli investimenti. Rispetto a questo trattato la nostra aspettativa è che la Cina possa fornire un accesso più ampio agli investitori europei nel mercato domestico.
Ci sono differenti approcci della Cina per gli investimenti rispetto alle diverse aree dell'Europa?
Ogni operazione ha dietro una propria strategia di tipo industriale diversa, ma mi pare che non si possa individuare una strategia cinese comune soltanto ad alcuni Paesi dell'Europa. In realtà, in alcuni casi, l'investimento cinese ha in realtà mantenuto un certo tipo di occupazione e ha anche aiutato un'espansione e un miglioramento della produzione della società sul mercato globale. Fino ad adesso non mi sembra che gli investimenti cinesi di un certo calibro abbiano portato a problemi o tensioni in Europa. Anzi, in alcuni casi, si sono verificate situazioni che ci hanno aiutato a preservare la comunicazione e gli scambi tra i due blocchi e la penetrazione dei prodotti europei all'interno del mercato cinese.
26 marzo 2015
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