Roma, 15 set.- "Le donne sorreggono l'altra metà del cielo". Con questa frase pronunciata da Mao Zedong e passata alla storia, i relatori intervenuti al Convegno "Le donne italiane incontrano la Cina: diritti, sviluppo, empowerment femminile" hanno voluto più volte rimarcare come il ruolo della donna sia di fondamentale importanza nella costruzione di una società equilibrata, moderna e avanzata sia dal punto di vita economico che sociale. L'incontro presieduto dal Ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna e organizzato in collaborazione con la All-China Women's Federation, rientra nel filone delle attività previste dall'Anno della cultura cinese in Italia giunto ormai agli sgoccioli. Scopo dell'iniziativa: analizzare la condizione della donna nei due Paesi nell'era post crisi.
Un evento "unico nel suo genere" che ha visto la partecipazione tra gli altri della Presidente di All-China Women's Federation, Song Xiuyang; di Maria Pia Garavaglia, membro della Commissione straordinaria per la tutela dei diritti umani presso il Senato della Repubblica e del vice Direttore Generale della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola.
A suggellare l'iniziativa, un messaggio inviato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Auspico che il vostro incontro possa contribuire a far avanzare il dibattito e le decisioni dei governi cinese e italiano sulle misure da prendere e sulle azioni positive da assumere, anche in ambito internazionale, per assicurare a tutte le donne piena tutela dei fondamentali diritti della persona, uguale dignità sociale e professionale". "Apprezzo molto il vostro impegno – ha continuato Napolitano - per affrontare, nell'ottica della proficua e articolata cooperazione bilaterale con la Repubblica Popolare Cinese, il tema del ruolo delle donne nello sviluppo delle nostre società, nello spirito di un impegno conseguente per il superamento di persistenti molteplici ostacoli".
Tre i principali temi affrontati dai relatori, tutela dei diritti della donna, formazione della classe dirigente femminile e ruolo delle donne nell'economia. "L'anno della cultura cinese in Italia non poteva prescindere da quella che si può definire una visione di genere che porta a una seria e attenta riflessione condotta sulle donne e dalle donne e, in generale, sui diritti loro attribuiti. Un'ottica di genere che sia quindi una lente attraverso cui non solo osservarci e confrontarci, ma soprattutto attraverso cui poterci migliorare" ha dichiarato il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna. "Viviamo in un mondo – ha continuato il ministro – in cui le parole isolamento e divisione non sono più immaginabili né auspicabili, ciò è stato possibile anche grazie alle donne ed è un'eredità che dobbiamo necessariamente lasciare in dono alle generazioni che verranno. Sono loro che costruiranno le città del domani in cui integrazione dovrà essere la parola d'ordine insieme a dinamismo. Quel dinamismo che rappresenta il segno distintivo della Cina di oggi".
"Tuttavia, come ha ricordato anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della sua ultima visita in Cina – ha proseguito ancora Mara Carfagna – i progressi di un Paese non si misurano solo in termini economici, ma anche dal cammino intrapreso in campo politico, del rafforzamento dello stato di diritto, della liberalizzazione dei mercati e del rispetto dei diritti umani. Ciò è di fondamentale importanza per un'armoniosa integrazione in un sistema internazionale aperto. Ed è proprio sulla scia di queste preziose parole che si è deciso di articolare questo incontro su queste tre tematiche fondamentali".
Se la Conferenza ha costituito un'occasione per fare il punto sul cammino intrapreso dalle donne per il pieno riconoscimento dei propri diritti - soprattutto nella sfera lavorativa - unanime è stata l'opinione dei relatori: molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare. Una fotografia dell'universo femminile che accomuna sia l'Italia che la Cina, prendendo però nota del fatto che, secondo il Global Gender Gap, le cinesi se la passano meglio. Lo dimostrano ancora una volta le cifre: il 50% delle donne cinesi costituisce forza lavoro, il 30% ricopre ruoli dirigenziali in azienda e il 21% è presente in parlamento. Non solo. Il 50% dei consumatori – soprattutto di beni di lusso – è rappresentato dal gentil sesso.
Ma qual è la ricetta del successo delle donne cinesi? L'ingrediente segreto è tutto nella tutela da parte dello stato, spiega Li Mingshun, professore presso l'"Università delle Donne" di Pechino e tra i revisori della Legge sul Matrimonio del 2011. "Dalla fondazione della Nuova Cina, il governo ha promulgato una serie di leggi volte proprio a proteggere le donne. Negli ultimi anni, il governo ha incrementato il numero di questo tipo di normative creando così le condizioni necessarie per l'emancipazione dell'universo femminile. Si tratta infatti di leggi che non solo offrono protezione, ma mirano a sfruttare le potenzialità delle donne". Tuttavia, ha spiegato ancora Li, "esistono ancora molti ostacoli da rimuovere e ciò dipende dal fatto che la Cina è un Paese in via di sviluppo alla prima fase della costruzione della società socialista. Pensiamo ad esempio alla percentuale di quote rosa in parlamento: il 21% rappresenta una cifra ancora troppo bassa se si considera il numero totale di donne. E' per questo motivo che nell'agosto scorso il governo di Pechino ha emanato una serie di programmi finalizzati al raggiungimento della completa uguaglianza tra maschi e femmine; all'incremento della partecipazione femminile negli affari politici e a una maggiore tutela delle fasce più deboli della popolazione femminile (contadine, povere e disabili).
Ma un corpus giuridico adeguato sebbene necessario e imprescindibile per la crescita e lo sviluppo dell'altra metà del cielo, non è sufficiente senza una risposta da parte della società. Ne è convinta Maria Pia Garavaglia: "Anche nei Paesi in cui i diritti delle donne hanno raggiunto elevati gradi di attuazione rimane sempre da completare quella rimanenza di scarto e di differenza legati al non riconoscimento della pari dignità". "Si arriva alla parità totale dei diritti quando è riconosciuta la pari dignità. In Cina come in Italia più della metà della popolazione è rappresentata da donne quindi più della metà della popolazione sono elettori. Quando si arriva ai livelli di partecipazione politica non c'è la metà delle donne a rappresentare la società. Le donne hanno rispetto agli obiettivi comuni della società una visione che deve integrare complessivamente la visione di una società di uomini e donne. Il cammino delle donne italiane nella vita politica iniziò 64 anni fa: parteciparono alla guerra di liberazione dall'Italia dal fascismo e nazismo e conquistarono sul campo il protagonismo politico; scelsero la repubblica democratica e parteciparono a fare la Costituzione. L'art. 3 proibisce qualsiasi discriminazione di razza, sesso e religione; non bastava un articolo così solenne e ci sono altri articoli che riguardano la parità di salario per la parità di lavoro, e, prima ancora, il diritto al lavoro. Tuttavia solo recentemente siamo arrivati a modificare l'articolo 51 affinché nelle liste dei partiti possano esserci donne e uomini in pari numero. In politica non siamo alla pari, né in parlamento, né nelle assemblee delle nostre regioni, delle provincie, dei comuni. Ma ciò che manca davvero è l'attuazione completa dei diritti che sono inviolabili per ogni persona".
"C'è ancora molto da fare – continua Garavaglia - In che settori? Lavoro, scuola, sanità, famiglia. Se si modifica la condizione della donna in questi settori cambia la società. In questo momento in Italia le donne occupate sono il 46%, il nostro Paese ha sottoscritto un trattato a Lisbona per cui avremmo dovuto avere già oggi il 60% di occupate. Non è un problema che non abbiamo raggiunto la quota, ma è grave che 1 milione e 900mila donne circa né studiano, né lavorano, né sono interessate a cercare un impiego perché sono sfiduciate". Ma come incrementare la partecipazione femminile nel mondo del lavoro? "Attraverso i servizi" spiega ancora Garavaglia. "Abbiamo solo l'11% degli asili nido, manca la prevenzione sanitaria sopratutto per le malattie tipiche delle donne e mancala previdenza sociale per le donne, caregiver di figli e anziani.
E a beneficiare di una maggior tutela del diritto al lavoro delle donne e quindi della loro partecipazione – spiega il vice Direttore Generale della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola – sarebbe l'intero Paese.
"Secondo alcuni studi sul tasso di disoccupazione è emerso che una partecipazione lavorativa delle donne pari al 60%, come stabilito quindi dai trattati di Lisbona, determinerebbe un aumento del Pil del +7%. Se dovessimo raggiungere la completa uguaglianza tra occupazione femminile e maschile in tutta la penisola, senza differenze tra nord e sud, l'incremento sul prodotto interno lordo si aggirerebbe attorno al +12%. Senza contare la riduzione del tasso di povertà". Tarantola fa eco a Garavaglia: "Tutto ciò è impossibile senza una maggiore attenzione al settore dei servizi. Ad oggi il 76% delle attività legate alla famiglia sono a carico delle donne perciò flessibilità sugli orari di lavoro, nidi e altri servizi simili non possono più rappresentare un discorso da rimandare".
di Sonia Montrella
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