Iran furioso con Pechino per il sì alle sanzioni Onu
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Iran furioso con Pechino per il sì alle sanzioni Onu

Iran furioso con Pechino per il sì alle sanzioni Onu

Nucleare. Ahmadinejad a Shanghai non vede i leader cinesi
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È crisi fra Pechino e Teheran, dopo il voto favorevole della Cina al quarto pacchetto di sanzioni varato ieri dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, in coincidenza con la visita del presidente Mahmoud Ahmadinejad a Shanghai, dove oggi celebrerà la "Giornata dell'Iran" all'Expo universale. Ahmadinejad furioso per lo smacco è arrivato a Shanghai nel tardo pomeriggio di ieri e il programma della visita non prevede un soggiorno a Pechino né incontri con esponenti cinesi.
Lo stesso presidente iraniano ha definito la risoluzione che prevede le nuove sanzioni «roba da buttare nel cestino dei rifiuti» e ha minacciato di ridurre al cooperazione con gli ispettori dell'Aiea, l'agenzia atomica dell'Onu. Da Teheran, ha rincarato la dose il direttore dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Ali Akbar Salehi, che ha accusato la Cina di essere «dominata» dall'Occidente e di essere una «tigre di carta». «La Cina - ha proseguito Salehi - sta perdendo il suo posto nel mondo musulmano». Parole dure, inusuali tra i due paesi visto che Pechino importa l'11% del fabbisogno energetico da Teheran.
Parlando in una conferenza stampa a Pechino, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Qin Gang, ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Pechino, ha sottolineato, «attribuisce una grande importanza alle relazioni con l'Iran e ritiene che esse favoriscano la pace nella regione». La risoluzione 1929, che introduce la nuova ondata di sanzioni «non significa che la porta è chiusa ai negoziati».
Poco dopo aver espresso il voto favorevole della Cina l'ambasciatore di Pechino all'Onu, Li Baodong, ha sostenuto con un'acrobazia diplomatica che l'obiettivo della risoluzione è quello di «rilanciare i negoziati».
Il voltafaccia cinese ha sorpreso molti osservatori, considerate la portata delle relazioni che legano i due paesi. Il commercio tra i due paesi ha toccato nel 2009 i 30 miliardi di dollari.
A spingere la Cina a rischiare di compromettere relazioni di questa portata è stata la volontà di mandare un segnale positivo agli Stati Uniti di Barack Obama, suo principale partner commerciale. I rapporti tra Pechino e Washington sono tempestosi su una serie di problemi che vanno dal commercio alla rivalutazione dello yuan, dalla libertà di espressione al confronto militare nel Pacifico.
Ma Ahmadinejad ha ricevuto un secondo rifiuto. L'Iran non potrà entrare a far parte dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco). L'agenzia Interfax ha scritto che nel documento che è stato presentato ieri al summit Sco di due giorni a Tashkent è precisato che i paesi che aspirano a entrare nel raggruppamento non devono essere sotto sanzioni Onu. Non solo. La Russia per bocca del ministro degli Esteri Lavrov ha deciso di rispettare il contratto di vendita dei missili S-300 alla repubblica islamica ma restano dubbi sulla sua effettiva realizzazione.
Il tutto mentre i leader della Ue, nel vertice di giovedì prossimo, potrebbero decidere sanzioni supplementari contro l'Iran, che si andrebbero ad aggiungere a quelle Onu.
Anche a Teheran sale la tensione interna. I leader dell'opposizione iraniana, Mir Houssein Moussavi e Mehdi Karroubi, hanno annunciato ieri di rinunciare, «per la sicurezza della gente», ad una manifestazione che intendevano organizzare per sabato 12 giugno, primo anniversario delle contestate elezioni che videro la riconferma alla presidenza di Ahmadinejad. Questo mentre le autorità iraniane hanno ordinato la chiusura di una fabbrica nel nord dell'Iran che voleva produrre statuette raffiguranti Neda Agha-Soltan e altre vittime della repressione delle manifestazioni anti-governative seguite alle presidenziali del 12 giugno 2009.
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11/06/2010
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