Shanghai, 24 set. - Dal 13 al 19 settembre, al Padiglione Italia si è svolta una settimana interamente dedicata ai temi di architettura verde, tecnologie ecocompatibili, sviluppo sostenibile e adattamento al cambiamento climatico, in cui si sono succeduti una serie di seminari e tavole rotonde alla presenza di esperti internazionali. Gli appuntamenti sono stati promossi come parte del Programma di Cooperazione Sino-Italiano per la Protezione Ambientale. Il Programma, lanciato nell'anno 2000 dal Ministero per l'Ambiente e la Tutela del Territorio e del Mare (attore italiano) e l'omologo cinese con gli obiettivi di migliorare la qualità dell'ambiente e promuovere lo sviluppo sostenibile all'interno dei confini cinesi, nonché aumentare le occasioni di collaborazione in ambito ambientale tra la Cina e l'Italia, ha oggi ampliato il suo raggio d'azione attraverso numerose collaborazioni con altri enti governativi e prestigiose istituzioni cinesi, quali l'Accademia Cinese di Scienze Sociali (CASS), il Ministero della Scienza e Tecnologia (MOST), le Municipalità di Pechino, Shanghai, Tianjin, Xi'an, Suzhou, Lanzhou e Urumqi, le Università Qinghua (Pechino), Jiaotong e Tongji (Shanghai), la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme (NDRC), l'Amministrazione Statale per la Silvicoltura (SFA) e il Ministero per le Risorse Idriche (MWR). Il 16 settembre, in occasione del seminario "Adaptation to climate change in the coastal zones of the Mediterranean Region and China", AgiChina24 ha incontrato Corrado Clini.
Nel corso del seminario "Adaptation to climate change in the coastal zones of the Mediterranean Region and China", lei ha affermato che "la cooperazione sino-italiana è entrata in una nuova fase di sviluppo e che Italia e Cina saranno congiuntamente impegnate in tre nuovi settori". Quali?
Sì, la cooperazione sino-italiana ha fatto un ulteriore passo in avanti. In dettaglio, è cresciuta la nostra collaborazione con la National Development and Reform Commission (NDRC, agenzia che risponde direttamente al Consiglio di Stato e che ha ampio potere di programmazione e gestione sull'economia cinese). Il primo settore di intervento congiunto è quello che è stato ampiamente discusso nel corso del seminario, ovvero la protezione delle aree costiere, in particolare contro il fenomeno del 'flooding' nelle città di Venezia, Shanghai e Tianjin. Il secondo è quello dello sviluppo di nuove tecnologie per una green economy (economia a basso impatto ambientale). Interverremo in diversi settori: le tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili, l'uso efficiente del carbone, i trasporti ecc. Il terzo è quello della formazione, intesa non soltanto come 'education', ma anche e soprattutto come 'cooperazione sostanziale' tra Italia e Cina per la creazione di un comune denominatore sulla cui base formare i quadri tecnici-amministrativi che devono e dovranno affrontare la sfida del cambiamento climatico. Relativamente alla formazione, già sette anni fa abbiamo pavimentato la via della collaborazione con la Cina e fino ad oggi abbiamo portato in Italia ben 5000 alti funzionari cinesi. È un risultato molto importante e di cui si parla poco. In questo nuovo stadio di rapporti, vogliamo fare ancora di più e ci tenteremo attraverso un interscambio di esperti italiani e cinesi che lavoreranno fianco a fianco agli esperti locali nei nostri due Paesi.
La cooperazione sino-italiana è oramai rodata da dieci anni. Considerato un intervallo di breve-medio termine quale sarà l'impegno economico che l'Italia potrà garantire alla Cina?
In dieci anni – come Ministero dell'Ambiente – abbiamo investito circa 200milioni di euro nel Programma di Cooperazione Sino-Italiano per la Protezione Ambientale. La cooperazione si è strutturata poi come un co-finanziamento e, ai nostri fondi, si sono aggiunti quelli della controparte cinese, quelli delle agenzie internazionali e soprattutto quelli della Banca Mondiale, per un totale di fondi pubblici pari a circa 360milioni di euro. Ma in verità, poiché il meccanismo che abbiamo costruito è tale per cui nello sviluppare i progetti le istituzioni cinesi selezionano delle imprese o delle istituzioni italiane (quali università, centri di ricerca ecc.), il volume di investimenti generato è molto più consistente. Una stima prudenziale considera che i nostri programmi di cooperazione abbiano generato un volume di investimenti pari a 1,2miliardi di euro. Faccio un paio di esempi per rendere più chiaro il legame tra investimento diretto e investimento indiretto: le società iGuzzini e Merloni, che hanno partecipato con le loro tecnologie alla realizzazione del Sino Italian Ecological and Energy efficient Building (SIEEB) all'interno dell'Università Qinghua hanno poi ricevuto altri incarichi in Cina, quali la solarizzazione e l'illuminazione delle piste del Villaggio Olimpico; IVECO, con cui abbiamo realizzato la fornitura di circa 300 nuovi motori per il trasporto pubblico, ha poi ricevuto un ordine di altri 4000 motori da parte della municipalità di Pechino. C'è quindi un 'effetto moltiplicatore', che non si esaurisce e che costituisce un fattore centrale nella valutazione del ritorno della cooperazione. Nei prossimi anni questo trend dovrebbe rimanere inalterato. Continueremo i progetti già avviati e ci dedicheremo con altrettanto impegno a progetti di nuova costituzione; al contempo, stimiamo che a fianco del nostro contributo si mantengano inalterati anche quelli dei partner cinesi e delle varie organizzazioni internazionali, in primis la Banca Mondiale. Volendo tradurre questo in termini economici, l'impegno del nostro Ministero nei confronti della Cina mediamente si aggirerà tra i 10 e i 15milioni di euro all'anno.
Nel corso dello stesso seminario, tra gli ospiti presenti c'era Su Wei, il Direttore Generale del Dipartimento per il Cambiamento Climatico della NDRC. Quale la base e la cornice dei rapporti tra le istituzioni italiane e quelle cinesi?
L'Italia vanta accordi bilaterali firmati con i principali ministeri cinesi, quali il Ministero dell'Ambiente (MEP), il Ministero della Scienza e Tecnologia (MOST), con la National Development and Reform Commission (NDRC), con l'Accademia Cinese di Scienze Sociali (CASS), nonché con prestigiose università e numerose municipalità. Questi sono gli accordi quadro, al di sotto dei quali si sviluppano poi i singoli progetti.
"Go West policy", ovvero spostare l'attenzione verso le regioni occidentali, le regioni più interne e ancora poco sviluppate rispetto a quelle della costa, dove nel 1978 si è dato il via alla riforme economiche. La cooperazione sino-italiana punta già a Ovest per sfruttare il vento favorevole che soffia direttamente da Pechino?
Naturalmente. Siamo già operativi, e lo siamo già da molto tempo. Ad esempio siamo presenti a Chengdu, in Tibet, nella Mongolia Interna, a Urumqi con diverse tipologie di programmi di supporto alle amministrazioni locali. Alcuni dei nostri focus sono lo sviluppo di un sistema di agricoltura sostenibile, l'education e il training, il miglioramento della qualità dell'aria, il monitoraggio ambientale.
L'Expo Shanghai 2010 come una piattaforma dove ciascun Paese partecipante ha l'opportunità di mettere in mostra e condividere le migliori pratiche per una "Better City, Better Life". Come è stato detto in più sedi e da diversi voci (italiane ma soprattutto cinesi), attraverso i seminari ospitati all'interno del Padiglione, l'Italia ha dimostrato di essere seriamente impegnata sui temi dello sviluppo sostenibile. In quali aspetti, secondo lei, l'Italia può costituire una valida scelta per la Cina lungo la via dello sviluppo sostenibile?
Oggi, il vero vantaggio che possiede l'Italia è il fatto di aver coltivato già da dieci anni una proficua e costante collaborazione con la Cina in campo ambientale. Progetti e risultati concreti che costituiscono un patrimonio che spero l'Italia sappia gestire e non sprecare. Inoltre, a fianco di questo 'credito di fiducia', l'Italia possiede delle vere e proprie 'eccellenze'. Accantonando in questa sede quelle nel settore della moda e del design (che sono ben note al grande pubblico), mi riferisco a numerose 'eccellenze tecnologie' sviluppate da piccole imprese – non da grosse multinazionali – che riescono ad avere ruoli di nicchia significativi in alcune aree come l'edilizia sostenibile, la componentistica per l'auto, la competenza nella conservazione dei beni culturali e nel settore agricolo e forestale. In tutti questi settori, credo che l'Italia costituisca un valido modello cui la Cina potrebbe volgere.
di Giulia Ziggiotti
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