Pechino, 22 feb. - L'Università Jiaotong e la Scuola Professionale Laoxiang; una delle più importanti università cinesi e un oscuro istituto della provincia dello Shandong: secondo il New York Times - che cita fonti investigative - in questi due campus si nasconderebbero i protagonisti degli attacchi informatici sferrati nel dicembre scorso contro Google. Nessuna conferma da Mountain View, quartier generale di Google, mentre dall'altra parte del Pacifico le accuse sono state accolte con un tono tra l'indignato e l'irrisorio: "Non abbiamo alcun legame con l'Esercito" ha dichiarato Li Zixiang, capo del Partito dell'Istituto Laoxiang, una scuola superiore che conta circa 20mila studenti e ogni anno forma informatici, meccanici, cuochi e parrucchieri. "Alcuni media sostengono che gli attacchi sarebbero partiti da un corso di informatica tenuto da un professore ucraino, ma qui non esiste un insegnante di quella nazionalità, né ha mai esercitato alcun professore straniero, - ha proseguito Li- pertanto si tratta di notizie prive di qualsiasi fondamento. Preghiamo gli autori degli articoli di fornire qualche prova". Dopo il NYT è stata la volta del Financial Times: in un altro articolo che cita analisti USA vicini alle indagini, l'influente quotidiano economico sostiene che l'autore dello spyware sarebbe un ricercatore cinese, un 30enne che avrebbe postato su un forum di hacker alcuni spezzoni del codice utilizzato per creare il virus. L'uomo sarebbe un "freelance" con contatti nel governo; non avrebbe lanciato direttamente gli attacchi, ma alcuni funzionari avrebbero un "accesso speciale" alle sue ricerche. Troppi condizionali: mentre sul web cinese fioriscono le parodie sui "cuochi-hacker" capaci, con le loro ricette, di mettere in crisi il gigante Google, il General Maggiore dell'Esercito di Liberazione Popolare Huang Yongyin ha pubblicato un articolo sulla rivista della Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese nel quale chiede a gran voce la creazione di un organismo unico per proteggere il web cinese da "forze ostili provenienti dall'estero" e "ridurre la dipendenza della Cina dalle tecnologie straniere" "Per la sicurezza nazionale Internet è già diventata un campo di battaglia, ancorché privo della polvere da sparo", scrive Huang. Il caso Google era scoppiato il 12 gennaio scorso, con la minaccia del colosso del web di lasciare la Cina dopo una serie di "sofisticati attacchi hacker" provenienti dal territorio cinese che avrebbero colpito le caselle mail di alcuni attivisti per i i diritti umani e, soprattutto, il know-how di diverse aziende americane. Da allora si è assistito a un'escalation di polemiche, tra cui un discorso nel quale il segretario di Stato Hillary Clinton ha denunciato la discesa di una "nuova cortina dell'informazione in larga parte del mondo", e le accuse mosse da Pechino a Washington in merito alla creazione di una "brigata hacker per fomentare disordini nel mondo, come avvenuto in Iran". Le rivelazioni sulle scuole cinesi, insomma, sono solo l'ultimo capitolo di un aspro botta e risposta; ma la parola "fine" è ancora al di là da venire.