Incentivi per le demolizioni
ADV
ADV
Incentivi per le demolizioni

Incentivi per le demolizioni

Gli armatori sollecitano aiuti ai paesi orientali: spinta al comparto
di lettura
GENOVA
Per aiutare la ripresa e compensare l'arrivo sul mercato di nuove navi ordinate prima della crisi, il comparto marittimo punta, tra l'altro, su incentivi di Stato per le demolizioni navali. Incentivi che, secondo alcuni operatori dello shipping, potrebbero essere versati, fino a un valore di 5 miliardi di dollari, dalle nazioni asiatiche in cui si costruiscono le navi merci. Ma da Cao Zhi Teng, managing director di uno dei principali cantieri navali cinesi, New Jiangsu Yangzijiang, arrivano dubbi sulla possibilità che il governo della Cina possa varare contributi alle demolizioni.
L'idea degli incentivi mette d'accordo sia agenti marittimi che armatori. «Un intervento positivo realizzato in Italia tra il 2001 ed il 2004 – dice il presidente di Federagenti, Filippo Gallo – è stato quello dei contributi per la demolizione delle vecchie petroliere, che ha consentito all'Italia di anticipare la definitiva messa al bando delle cisterne a scafo singolo. Un intervento analogo potrebbe ora essere proposto dagli armatori ai cantieri per le rinfusiere». Una tesi analoga era stata sostenuta da Giuseppe Bottiglieri, patron di Mareforum, il meeting internazionale di compagnie di navigazione e broker, tenutosi nei giorni scorsi a Sorrento. «Se ci fosse – ha affermato l'armatore – un premio di rottamazione di 500 dollari a tonnellata, con 5 miliardi di dollari di incentivi, messi a disposizione tra Cina, Corea e Giappone e divisi al 50% tra cantieri e armatori, si potrebbero togliere dal mercato 600 portarinfuse secche».
Il manager cinese Cao Zhi Teng, però, tira il freno. «Non penso – dice – che il governo cinese gradisca concedere incentivi per il business delle demolizioni navali». Alla guida di New Jiangsu Yangzijiang, dove lavorano 16mila persone e sono state acquisite ben 26 commesse di armatori italiani, Cao Zhi Teng spiega, tuttavia, che «il cantiere ha acquistato molto tempo fa una banchina per le demolizioni, che fa parte di un'intera officina. E poiché il mercato delle dismissioni navali sta prosperando, il cantiere ha accresciuto il proprio business in quel campo». La Cina, prosegue, «è stata, in passato, un grande centro di dismissioni navali. Molti degli attuali cantieri navali, addirittura, sono nati da una precedente attività di demolizione. Ma la Cina non sarà coinvolta su larga scala in quel business. I motivi sono due: in primo luogo le dismissioni navali sono causa di inquinamento e il governo cinese, avendo l'obiettivo di controllare le emissioni nell'ambiente, impedirà lo sviluppo delle demolizioni. Inoltre, il profitto tratto dall'industria cinese delle dismissioni navali non è alto e, per questo, i cantieri non potranno mai dedicarsi esclusivamente a quel tipo di business».
R.d.F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

22/05/2009
ADV