In Cina la bolla minaccia l'immobiliare
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In Cina la bolla minaccia l'immobiliare

In Cina la bolla minaccia l'immobiliare

Pechino. Dopo Fitch, outlook S&P's negativo per le società di real estate
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SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
Dopo anni di eccessi, speculazioni e follie, il mercato immobiliare cinese potrebbe essere vicino all'ora della resa dei conti.
L'ultima a lanciare l'allarme sul rischio mattone oltre la Grande Muraglia è stata Standard & Poor's. Mercoledì l'agenzia di rating americana ha deciso di ridurre il suo outlook sul settore immobiliare cinese da stabile a negativo. Le ragioni del downgrading, l'ultimo di una lunga serie, sono sostanzialmente due: la stretta monetaria operata negli ultimi mesi da Pechino per riportare sotto controllo l'inflazione; e le politiche restrittive varate dal Governo per prevenire il rischio bolla speculativa che stanno iniziando ad avere un impatto sulle vendite. «Ecco perché nei prossimi 6-12 mesi molto probabilmente assisteremo ad altri tagli di rating di società immobiliari cinesi», ha spiegato Standard & Poor's.
D'altronde, dopo il tramonto basta farsi un giro nelle periferie di qualsiasi città cinese per rendersi conto che dietro l'attività frenetica dei cantieri e delle gru qualcosa non funziona. Quando fa buio, i palazzoni nuovi disabitati, talvolta interi quartieri, emergono in tutto il loro vuoto e in tutta la loro desolazione. A Shanghai, a Pechino, a Canton, e negli altri centri urbani di medie-grandi dimensioni si è costruito troppo. E anche troppo in fretta.
È vero, la Cina è protagonista di un processo di urbanizzazione che per rapidità e dimensioni non ha precedenti nella storia, e che è destinato a durare ancora a lungo. Ma è anche vero che non si possono bruciare le tappe e costruire oggi, consumando ingenti risorse materiali e finanziarie, ciò che potrà essere venduto domani.
Come tutte le bolle speculative, la cementificazione selvaggia del Paese si regge su una specie di catena di Sant'Antonio. Per far quadrare i bilanci, le amministrazioni locali vendono a caro prezzo i terreni edificabili ai costruttori. Questi ultimi, per sviluppare i loro progetti immobiliari, prendono i soldi a prestito dalle banche dando a garanzia del loro credito gli stessi terreni. Gli acquirenti finali accendono mutui che possono arrivare quasi all'intero valore dell'appartamento.
Il gioco può funzionare anche a lungo. Infatti, nonostante i numerosi avvertimenti sul rischio bolla lanciati periodicamente dal Governo e dagli esperti, da anni i prezzi degli immobili in Cina continuano ad aumentare. Ma quando il meccanismo s'inceppa sono guai. Soprattutto per le banche che si trovano esposte con tutti: con le amministrazioni locali (non è un caso che recentemente Pechino abbia puntato il dito sul debito astronomico accumulato da queste ultime), con i palazzinari e con i titolati dei mutui.
Spaventata da questo scenario, qualche mese fa un'altra agenzia di rating, Fitch, aveva lanciato un primo allarme rosso sullo stato di salute del settore immobiliare cinese. Secondo Fitch, c'è il 60% di probabilità che entro il 2013 le banche cinesi siano travolte da una valanga d'insolvenze legate all'eccesso d'indebitamento delle società di costruzioni e all'aumento eccessivo dei prezzi immobiliari. Il rischio, ha avvertito l'agenzia di rating, è lo scoppio di una crisi sistemica, in grado di coinvolgere i più grandi istituti di credito e di decapitalizzare il sistema bancario nazionale.
Ovviamente, questo è lo scenario peggiore. E, forse, anche il meno probabile. Un fatto, tuttavia, sembra certo: in Cina la febbre del mattone sta iniziando a scendere. Toccherà al Governo gestire la correzione al ribasso dei prezzi, evitando che quest'ultima non abbia effetti negativi sull'intera economia nazionale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

17/06/2011
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