In Cina internet di lotta e di regime
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In Cina internet di lotta e di regime

In Cina internet di lotta e di regime

Mobilitazione in rete per la protesta
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Internet di lotta e di regime. Trasmette la protesta della piazza e diffonde l'anestesia del governo.
In Cina continua sulla rete il tam tam che sulla scia delle rivolte nei paesi africani, prima fra tutte quella tunisina, vuole coinvolgere i cittadini nella Jasmine Revolution, la rivoluzione dei gelsomini. Nella prima giornata di mobilitazione, domenica scorsa, alle manifestazioni avevano partecipato alcune centinaia di persone: un numero esiguo, inferiore a quello degli agenti di polizia mandati nelle strade a calmare gli animi. Ma sufficiente a mettere in agitazione il regime che ha reagito con durezza arrestando decine di attivisti dei diritti umani. Oggi nel primo pomeriggio è prevista una nuova protesta: convocata di nuovo attraverso internet, nonostante la censura online e i blocchi subiti da Facebook, YouTube, Twitter, LinkedIn fino e Qq, il social network più usato nel paese.
Solo qualche ora prima, alle 9 del mattino, Wen Jiabao ha dato appuntamento su internet ai cittadini per una discussione pubblica: domande da inviare al sito del governo o della Xinhua (l'agenzia di stampa ufficiale), alle quali il premier, capello ben pettinato e modi gentili, risponderà in chat e in video.
La rivoluzione dei gelsomini in Cina si appella - come si legge in una lettera diffusa a partire dal sito Boxun - al Congresso del Popolo contro l'autoritarismo, la censura, il sistema del partito unico, la mancanza di democrazia, di assistenza sociale, di benessere per tutti, la corruzione, la poca trasparenza nel governo. «Vogliamo cibo, dobbiamo lavorare, vogliamo una casa, vogliamo giustizia»: sono questi gli slogan che gli organizzatori chiedono ai manifestanti di ripetere a bassa voce ogni domenica.
Il regime si adegua alle nuove tecnologie, Wen Jiabao, si mostra aperto, disponibile. Ma non dimentica i metodi che conosce meglio: la polizia è stata già mandata a presidiare le piazze di almeno venti città. A Pechino e Shanghai nei luoghi delle manifestazioni di domenica scorsa sono spuntate transenne con la scritta "lavori in corso" e i negozi sono stati chiusi, per ordine superiore.
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27/02/2011
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