Pechino, 20 gen. - È record assoluto per i prezzi del real estate in Cina: secondo i dati pubblicati dall'Ufficio Nazionale di Statistica nel 2009 il prezzo medio di una proprietà immobiliare è aumentato del 24% rispetto all'anno precedente; e le authority bancarie cinesi, preoccupate, mandano segnali contrastanti per frenare la corsa al credito. L'aumento del 24% dei prezzi è il più elevato dell'ultimo quindicennio: se si raffronta questo dato con quello di altri anni, infatti, emerge ad esempio che i rincari medi erano del 18% nel 2004, del 15% nel 2007, di circa il 14% nel 2005 e del 10% nelle altre annate. Ma il 2009 è un anno record sotto molti altri aspetti: gli investimenti nel real estate hanno raggiunto l'impressionante quota di 3623 miliardi di yuan (circa 360 miliardi di euro; +16.1% rispetto al 2008) e le vendite sono aumentate del 42.1%; con le unità abitative che svettano su ogni altro affare immobiliare totalizzando un +43.9%. Ma, scorporando alcuni dati forniti dall'Ufficio Nazionale di Statistica, emerge una tendenza che molti osservatori di settore ritengono potenzialmente pericolosa: il prezzo dei lotti di terra destinati a uso abitativo in quattro delle principali città cinesi (Pechino, Ningbo, Haikou e Wenzhou) nell'ultimo trimestre 2009 ha superato per la prima volta il costo dei lotti adibiti a uso commerciale, mentre in altre città di rilievo come Shenzhen e Chengdu i prezzi sono quasi uguali. In condizioni normali, i costi dei lotti di terreno per uso commerciale sono molto più alti di quelli per le abitazioni, ma i prezzi di quest'ultimi sono stati sospinti in alto per tutto l'anno a causa proprio dell'aumento dei prezzi delle unità abitative già pronte per la consegna, e solo l'attuazione di politiche restrittive da parte del governo e delle banche potrà portare a una diminuzione nel primo trimestre 2010. E proprio dal mondo bancario cinese giungono in queste ore segnali contrastanti: il China Securities Journal, quotidiano finanziario ufficiale, ha pubblicato quest'oggi le dichiarazioni di una fonte anonima secondo la quale la China Banking Regulatory Commission- l'authority bancaria di Pechino- avrebbe ordinato alle principali banche cinesi di bloccare i prestiti fino alla fine di gennaio. Effettivamente, nelle sole prime due settimane di questo mese gli istituti di credito cinesi hanno erogato tra i 1100 e i 1500 miliardi di yuan di nuovi prestiti (circa 110- 150 miliardi di euro) e se mantenessero tali ritmi per il resto del 2010 immetterebbero liquidità per 30mila miliardi di yuan, il quadruplo dei 7500 miliardi fissati come obiettivo dalla CBRC per l'intero anno. Le voci del China Securities Journal hanno avuto immediata ripercussione sui mercati finanziari di diversi paesi (soprattutto Australia e Nuova Zelanda, particolarmente legate alle commodities di cui la Cina è tra i primi consumatori), ma nel pomeriggio il presidente della China Banking Regulatory Commission Liu Mingkang si è affrettato a ridimensionare le notizie: "Non abbiamo chiesto a tutte le banche di bloccare i prestiti,- ha detto Liu in un'intervista a Hong Kong- ma abbiamo chiesto di limitarli a quegli istituti che non riescono a mantenere determinati requisiti. Abbiamo più di dieci indicatori per valutare le banche; chi non li soddisfa, vedrà limitata la sua capacità di estensione del credito. Detto questo, i finanziamenti per buoni progetti già esistenti saranno garantiti".Il premier Wen Jiabao aveva dichiarato ieri che la Cina "gestirà bene"il tasso di crescita del credito, dopo che il boom dell'anno scorso, sull'onda del pacchetto di stimoli all'economia da 4mila miliardi di yuan, aveva inondato il mercato con la cifra record di 9590 miliardi di yuan di nuovi prestiti, suscitando preoccupazioni in merito allo scoppio di bolle speculative (soprattutto nel real estate) e all'aumento dei crediti in sofferenza.