Il vino italiano spinge sul marketing
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Il vino italiano spinge sul marketing

Il vino italiano spinge sul marketing

Agroalimentare. I progetti presentati per la promozione dei prodotti hanno assorbito il 77% del budget Ue
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ROMA
Tutti pazzi per la promozione del vino. Secondo i primi dati del ministero delle Politiche agricole, i 110 progetti presentati dagli operatori per promuovere il vino italiano sui mercati extracomunitari hanno assorbito al 77% il budget messo a disposizione da Bruxelles per il 2011. Un risultato tutt'altro che scontato considerato che, fra il 2010 e il 2011, il budget è passato da 49 a 82 milioni di euro. Senza contare che le risorse Ue cofinanziano i progetti al 50% e che quindi per far decollare le iniziative occorre mettere in campo almeno un altro 50% di risorse dei privati.
I primi dati quindi disegnano uno scenario positivo. Sono stati infatti del tutto esauriti i 24 milioni (pari a quasi un terzo del totale) gestiti dal ministero delle Politiche agricole per progetti nazionali. Le 13 iniziative realizzate da consorzi e associazioni temporanee di imprese (che mettono insieme vere e proprie "griffe" del made in Italy, da Antinori a Frescobaldi, da Ca' del Bosco a Mezzocorona, da Zenato a Marchesi di Barolo, senza contare il mondo cooperativo con colossi come Gruppo italiano vini, Caviro e Cavit) hanno infatti assorbito 18 milioni di euro ai quali vanno aggiunti altri 6 milioni di precedenti progetti pluriennali.
E positive sono anche le performance messe in campo sul piano regionale dove – nonostante manchino ancora all'appello i dati di Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Basilicata e Liguria – risultano già spesi circa 39 milioni. Un traino forte è venuto ad esempio dal Piemonte che con 9,5 milioni ha assorbito il 54% in più di quanto assegnato. Molto positivo il trend di spesa anche in Umbria e in Emilia Romagna dove ha pagato la scelta di concentrare su pochi soggetti gran parte degli investimenti.
Altro aspetto importante che emerge dai dati sulla promozione 2011 è il ruolo che finalmente è riuscita a esercitare la cabina di regìa istituita presso il ministero delle Politiche agricole per orientare gli investimenti. Un intervento era stato invocato a gran voce innanzitutto per favorire l'accorpamento delle iniziative evitando la polverizzazione della spesa. E nella promozione un ruolo di primo piano sembra essere svolto proprio dai progetti presentati in forma aggregata.
L'altro ambito importante e che aveva richiesto un intervento del Mipaaf era poi quello relativo ai mercati obiettivo. Un vero e proprio allarme fu infatti lanciato lo scorso anno dopo che ben il 94% delle iniziative promozionali si erano concentrate su due mercati: Usa e Canada. «La scelta delle aziende – spiegano al Mipaaf – è guidata dalla necessità – anche in considerazione della significativa quota di finanziamenti privati richiesta – di rivolgersi a mercati che possano garantire un ritorno in tempi brevi degli investimenti effettuati. Tuttavia, accordando una premialità nelle graduatorie ai progetti che si rivolgono a mercati diversi da quelli di Usa e Canada, sono fioccate le iniziative dirette in Russia e nei Paesi dell'Est, in Estremo Oriente e in America Latina, con Messico e Brasile in prima fila».
«In Asia qualcosa si sta muovendo – spiega Vittorio Frescobaldi presidente del Comitato Grandi Cru d'Italia che associa 75 imprese –. Con il nostro progetto stiamo puntando su Cina, Hong Kong, Shanghai e Corea. Ma stiamo tenendo d'occhio anche le città cinesi cosiddette di "seconda fascia". Sono censite circa 50 città con più di 5 milioni di abitanti che guardano con interesse agli stili di vita occidentali e italiani in particolare».
«Che la promozione registri buoni tassi di spesa – aggiunge Piero Antinori, Presidente dell'Istituto Grandi Marchi (che raggruppa 19 aziende di 12 regioni) – è segno che le aziende ci credono. Bisogna continuare a seminare su mercati nuovi come la Cina anche senza un ritorno immediato. Non ne farei un dramma sul fatto che i francesi in Cina attualmente vantano quote di mercato migliori delle nostre. Anche negli Stati Uniti anni fa era così, ma in seguito il vino made in Italy ha surclassato i rivali. E sono convinto che anche in Cina si possa registrare un dèjà vu»
Intanto si punta anche a sviluppare il binomio cucina cinese e vini italiani, un'iniziativa messa in campo dall'Enoteca italiana, l'ente per la promozione dei vini nostrani fondato nel 1960 e che ha sede a Siena. Un progetto per formare chef e sommelier locali sulla "contaminazione" fra vini made in Italy e la cucina cinese.
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14/08/2011
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