Il ricatto atomico di Kim costringe Pechino a scegliere
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Il ricatto atomico di Kim costringe Pechino a scegliere

Il ricatto atomico di Kim costringe Pechino a scegliere

Tutele scomode. Anche la pazienza dei cinesi (forse) ha un limite
di lettura
Luca Vinciguerra
SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
La folle sfida della Corea del Nord al mondo continua. E vista l'alta tensione che corre in queste ore sul 38° parallelo, non si sa come andrà finire. «La situazione è seria e, nei prossimi mesi, potrebbero anche verificarsi scontri armati tra le due Coree», avverte Shi Yinhong, docente di relazioni internazionali alla Renmin University of China.
C'è un unico paese al mondo in grado di disinnescare il rischio di un'escalation militare: la Cina. «La Cina e la Corea del Nord sono vicine come i denti alle labbra», disse una volta Mao Tse-tung. Niente di più vero. Dai primi anni 50, quando il Grande timoniere fornì un sostegno decisivo alle armate nordcoreane nella guerra civile contro la Repubblica del Sud appoggiata dalle truppe anglo-americane, l'alleanza tra Pechino e Pyongyang non è mai stata in discussione.
Oggi la Cina è l'unico paese al mondo a sostenere incondizionatamente il regime di Kim Jong-il. Politicamente. Ma, soprattutto, economicamente. Dopo decenni di spese militari da capogiro, di corruzione e nepotismo dilaganti, di isolamento internazionale, la Corea del Nord è poverissima, da tempo allo stremo delle forze. Quel poco di combustibile, medicinali, cibo, beni di consumo che circola ancora è tutto made in China.
Secondo alcune stime, da quando nel 2002 Pyongyang abbandonò gli accordi di non proliferazione nucleare e iniziò a ricattare la comunità internazionale con la minaccia atomica, scatenando così le sanzioni dei paesi occidentali, il sostegno economico cinese (esportazioni dirette e a aiuti di vario genere) si è quasi decuplicato.
Kim Jong-il, però, non ha mostrato grande gratitudine. La politica schizofrenica del tira e molla adottata in questi anni dal dittatore al tavolo dei sei (il negoziato per denuclearizzare la penisola coreana promosso dal governo cinese con il coinvolgimento delle due Coree, Stati Uniti, Russia e Giappone), e le sue mosse scellerate degli ultimi mesi, infatti, non hanno certo giovato all'immagine internazionale di Pechino. Che, di fatto, per colpa di Kim su quel tavolo ha perso la faccia. E allora, perché la Cina, anziché abbandonare il satrapo di Pyongyang al suo destino, continua a puntellarne a oltranza il regime?
Per due motivi. Un'eventuale implosione della Corea del Nord riverserebbe un'ondata di profughi in Cina: almeno 500mila persone tenterebbero subito la fuga. Per Pechino sarebbero guai, perché la calata di un esercito di disperati creerebbe un'emergenza umanitaria immensa in un'area povera e sottosviluppata come l'estremo settentrione cinese. Inoltre, il crollo dell'ultima cortina di ferro ancora esistente al mondo e la dissoluzione del regime comunista potrebbero condurre alla riunificazione delle due Coree. Ovviamente, come accadde vent'anni fa in Germania, il riabbraccio avverrebbe sotto l'egida del "cugino" più ricco e più forte, cioè di Seul. Uno scenario molto sgradito a Pechino. D'altra parte, se il ricatto nucleare di Pyongyang continuerà, il Giappone e la Corea del Sud avrebbero buon gioco a esigere un rafforzamento dei propri armamenti (magari con il sostegno degli Stati Uniti). Anche questa per la Cina è una pessima prospettiva.
Insomma, la stabilità interna della Corea del Nord, sotto un regime amico, è uno dei punti fermi della politica estera cinese. Ciononostante, la pazienza di Pechino ha un limite, che il Dottor Stranamore nordcoreano negli ultimi giorni ha superato, mettendo il governo cinese in imbarazzo.
Ecco perché, secondo alcune indiscrezioni, nella nomenklatura pechinese ci sarebbe (e non da ora) una corrente favorevole a sostenere una fronda interna al regime nordcoreano per destituire Kim Jong-il e sostituirlo con un altro uomo forte, in grado di impedire il collasso del paese e di riaprire i negoziati sul nucleare.
Tuttavia, visto il clima di terrore che regna nei palazzi della politica di Pyongyang, il ribaltone non sembra una soluzione facile. Per questo, almeno nel breve termine, al governo cinese non resta che una sola carta per riportare la Corea del Nord a più miti consigli: mettere Kim Jong-il con le spalle al muro stringendo i rubinetti degli aiuti economici.
ganawar@gmail.com
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28/05/2009
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