Pechino, 9 giu.- Il Partito Comunista Cinese è saldo e continuerà a mantenere il potere nel Paese. Sono queste le dichiarazioni del teorico Li Zhongjie, vice direttore del Centro di Ricerca sulla storia del Partito, giunte a riaffermare con fermezza l'importanza della permanenza del PCC al governo. Un'esigenza che acquista un diverso valore adesso che il Partito si appresta a celebrare il novantesimo anniversario della sua fondazione, avvenuta il 1 luglio del 1921. Dalle affermazioni di Li a margine di una conferenza stampa giovedì, emerge non solo l'orgoglio di un Partito "sotto la cui guida la Cina ha fatto passi da gigante", ma anche l'intento di sorvolare sui disastri causati negli ultimi novant'anni e il ritardo delle riforme politiche.
Secondo Li è grazie al Partito che la Cina è diventata quello che è oggi: di fronte ai successi conseguiti non c'è motivo di pensare che il sistema politico cinese presenti delle pecche e debba cambiare in favore di un governo multipartitico. Li è fermamente convinto che il "mandato celeste" sarà detenuto dal PCC ancora per molto tempo: se il governo ha portato benessere e ha il consenso delle masse, allora non vi è motivo di preoccuparsi, la 'reggenza' non può essere compromessa. "Il mondo deve riconoscere che la Cina, grazie al 'buon governo ' del PCC, soprattutto negli ultimi trent'anni di riforme, ha saputo riconquistare un ruolo egemone sulla scena internazionale", afferma Li, "molti paesi ci invidiano per questo". Respinte, insomma, le polemiche sul fronte dei successi del Partito, che per i critici del regime a partito unico sono stati realizzati alle spese dei diritti umani e delle libertà individuali; per la linea ufficiale, invece, a contare sono i fatti. Se si tace sulla giustizia dei mezzi, eventi disastrosi come il Grande Balzo in Avanti (1958-1960) e la Rivoluzione Culturale (1966-1976), vengono interpretati come eventi storici utili per collaudare il potere, per imparare dagli errori. "Obiettivamente parlando", amette Li, "il compagno Mao ha fatto qualche errore negli ultimi anni della sua vita, ma dobbiamo mettere al primo posto i suoi traguardi e al secondo i suoi sbagli. Mao ha fondato la 'Nuova Cina' e ha posto le basi per il sistema socialista". "La lezione è stata imparata" ha continuato Li "e oggi l'obiettivo è perseguire al meglio l'ideale di Mao".
Quanto all'eventualità suggerita da alcuni di commemorare pubblicamente le 30 milioni di vittime dei tre anni di carestia del Grande Balzo e coloro che hanno vissuto il decennale caos della Rivoluzione Culturale, Li ha risposto con vaghezza, dichiarando che questa proposta verrà presa in considerazione. Nessuna dubbio, invece, sui fatti di piazza Tian'anmen: "Non c'è molto altro da dire al riguardo" ha tagliato corto Li. In clima di rivolte arabe e in vista dell'imminente cambio della guardia ai vertici del potere nel 2012, che vedrà con tutta probabilità l'ascesa del vice presidente Xi Jinping alla carica di Presidente della Repubblica, è chiaramente necessario far trapelare l'immagine di un Partito saldo e unito, in grado di garantire ancora lo sviluppo pacifico e armonioso del Paese e legittimare così la sua permanenza al potere.
NO AI CANDIDATI INDIPENDENTI CHE SFIDANO IL PCC
Nessuna speranza, quindi, per il cittadini che aspirano a occupare i seggi delle assemble del popolo a livello locale. L'"invito" a non candidarsi in qualità di "indipendenti" assume i toni di un chiaro monito affinché non venga così sfidata l'autorità del Partito. Alcuni funzionari del Congresso Nazionale del Popolo hanno dichiarato al People's Daily, organo ufficiale del PCC, che "non vi sono basi legali per accettare la presenza di candidati indipendenti". La propaganda ufficiale smorza così la mobilitazione online di un gruppo ristretto di aspiranti candidati che rischiava di ottenere una risonanza 'pericolosa' sul web. Alle elezioni con scadenza quinquennale, quindi, i candidati indipendenti reclamano il diritto di presentarsi anche senza l'appoggio del Partito. La costituzione cinese, in realtà, prevede la possibilità per i comuni cittadini, ad eccezione di quelli privati dei diritti politici, di candidarsi alle assemblee locali, ma di fatto hanno sempre avuto la meglio i candidati già prescelti e segnalati dai membri del Partito. Chi intende concorrere da indipendente, in altre parole, si assume il rischio degli ostacoli e delle barriere procedurali che si troverà ad affrontare.
Ciononostante, qualcuno in passato ha trionfato, tra cui ad esempio Yao Lifa che alla fine degli anni Novanta ottenne il seggio dell'assemblea municipale dello Hubei. Lo stesso Yao, che ha fallito alla sua seconda candidatura a Qiangjiang, la sua città natale, ha dichiarato che sono circa 90 i candidati indipendenti in tutto il Paese che si presenteranno alle prossime elezioni. Anche Liu Shengmin, residente a Shanghai, è tra chi ha deciso di non demordere dopo ben due candidature non andate a buon fine. "Anche se perderò", ha dichiarato Liu, "voglio dimostrare che aspirare al seggio è un diritto e un dovere basilare del cittadino. La legge", prosegue, "non bandisce espressamente coloro che si considerano indipendenti".
UNA SCUOLA CHE MODELLA IL FUTURO DELLA CINA
Difficile per le autorità cinesi mantenere la calma di fronte a questo magma in fermento. Ancora più difficile tappare i buchi che ci sono in fondo alla tela su cui si vuole dipingere l'immagine armoniosa e coesa del Partito. E in soccorso del Partito è arrivato la scorsa settimana il People's Daily – organo di stampa ufficiale del PCC - che ha pubblicato un intero reportage sulla Scuola Centrale del Partito Comunista cinese dal titolo "Una scuola che modella il futuro della Cina".
Il campus, situato nella zona nordoccidentale di Pechino, è silenzioso e immerso nel verde. A protezione dell'edificio imponenti inferriate sorvegliate 24 ore su 24, 7 giorni su sette, dalla polizia cinese. Gli studenti dell'Istituto sono infatti 'esclusivi': alla Scuola accedono i funzionari di livello ministeriale ed è su quei banchiche da tempo si succedono coloro che un giorno, con tutta probabilità, saranno chiamati a governare la Cina. Elitario è anche il corpo docente: il rettore della Scuola è di fatto anche il vice presidente o il presidente cinese, una prerogativa che permette all'istituto di vantare tra gli ex rettori Mao Zedong, Liu Shaoqi e Hu Jintao.
Fondata nella provincia del Jiangxi nel 1933, la Scuola centrale del PCC ha educato finora 61.024 funzionari. Non accade di rado che ufficiali di livello ministeriale e provinciale vengano sottoposti a due mesi di training intensivo in scienze politiche, pubblica amministrazione, economia e storia. Non solo. Di norma, appena ottenuta la promozione, i funzionari più giovani o di media età trascorrono nel campus un periodo di tempo che va da sei mesi a un anno. Dal 1981, inoltre, più di 500 studenti non appartenenti ai circuiti amministrativi hanno seguito corsi e programmi di dottorato o post laurea presso la Scuola. Quanto ai temi, l'offerta didattica si concentra soprattutto su materie economiche, filosofia, legge, politica e storia del Partito Comunista Cinese. In altre parole, i pilastri su cui poggia l'imponente struttura della Nuova Cina.
"La Scuola centrale del Partito oggi ha il compito di formare i quadri dirigenti per immettere nella classe politica maggiori competenze amministrative; i funzionari del Partito sono consapevoli che una parte della classe dirigente cinese – soprattutto a livello locale – è oggi ancora inadeguata alla complessità dei problemi che il governo è chiamato a risolvere" aveva dichiarato ad AgiChina24 Guido Samarani, professore di Storia della Cina contemporanea presso l'Università Ca' Foscari di Venezia (questo articolo).
"La Scuola ha sempre ricoperto un ruolo di fondamentale importanza nei principali passaggi storici della storia cinese. In un certo senso, in alcuni casi è stata proprio questa a guidare in una determinata direzione lo sviluppo economico del Paese. E lo ha fatto attraverso l'influenza che gli studi teorici del campus hanno avuto sui legislatori e politici cinesi" ha dichiarato al People's Daily Wang Haiguang, professore presso il dipartimento di storia della Scuola. Ne è la prova - si legge sulle pagine del Quotidiano del Popolo - la proposta di un database centralizzato di raccolta dati anagrafici dell'intera popolazione cinese per "gestire meglio la società". A presentare il progetto è stato proprio il giornale della Scuola centrale del Partito Comunista Cinese Qiushi, che ne ha dato la notizia citando Zhou Yongkang, l'uomo dei servizi di sicurezza che siede al Comitato Centrale del Politburo (questo articolo). Se il piano dell'intelligence cinese dovesse essere realizzato, la Scuola ne uscirebbe ancora una volta come il trampolino di lancio dei progetti del Dragone acquisendo , di conseguenza, un'importanza ancora maggiore.
L'articolo di apertura del People's Daily dedica poi un intero paragrafo alla libertà di espressione: "sebbene tutti siano portati a pensare sia molto conservativa, la Scuola centrale è in realtà molto tollerante verso quelle idee che contrastano con la linea del Partito" sottolinea il quotidiano. "E' il paradiso dei dibattiti" ha dichiarato Li Tao studente post laurea della Scuola. "Molto spesso le opinioni degli studenti sono molto audaci e rivoluzionarie" ha aggiunto il professor Wu Zhongming. Un aspetto su cui concorda anche Samarani: "Una delicata funzione della Scuola centrale del Partito è quella di inglobare i rappresentanti di nuovi gruppi sociali creando nuove figure dirigenziali che provengano anche da gruppi storicamente avversati dal PCC o semplicemente tenuti ai margini della società".
Al di là del clima di tolleranza o meno che si respirerebbe tra le stanze della Scuola, il tempismo con cui il People's Daily ha pubblicato il reportage genera però perplessità. A pochi giorni dall'anniversario del massacro di Tian'anmen e in concomitanza con la repressione di quelle che sono le voci critiche del Partito che il governo conduce da mesi e che ha visto finire in manette attivisti, dissidenti e artisti pro-democrazia, l'articolo sembrava scritto per accendere i riflettori su un aspetto meno conosciuto della politica del Dragone. Un lato più oscuro, o forse semplicemente meno conosciuto, dove, al contrario di ciò che accade nelle piazze o sul web, secondo il quotidiano la libertà d'espressione è garantita e il dibattito politico è più vivo che mai. Ed è lo stesso vivaio in cui fioriscono le idee filosofico-politiche dei futuri leader di Zhongnanhai che il People's Daily rappresenta come liberi di inseguire i propri ideali anche a dispetto delle linee guida del Partito.
Ma mentre la versione in inglese dell'articolo pone l'accento sulla libera circolazione delle idee, quella cinese si sofferma quasi esclusivamente sulla necessità di garantire l'unità all'interno del Partito e di evitare minacce esterne. E' questo a quanto pare il concetto più importante che il popolo cinese deve recepire e questo quello che il PCC vuole lasciar passare. "Insieme ai capitali, alle tecnologie e al know-how straniero, entrano in Cina anche concetti come quello dell'occidentalizzazione estraneo al popolo cinese penetrano nella mente dei quadri cinesi in aperta contraddizione con l'ideologia cinese". Al fine di salvaguardare l'unità del Partito, un obiettivo particolarmente importante in occasione dell'anniversario del PCC, spiega il vice direttore della Scuola centrale del PCC, "I membri sono obbligati a essere onesti e leali, opporsi fermamente al frazionismo, alla creazione di piccoli gruppi, ai doppi giochi e agli intrighi". Marginale lo spazio dedicato ai principi democratici nella versione cinese: L'essenza della democrazia è riassunta nel concetto di "regole di maggioranza" le quali riflettono le opinioni dei tutti gli individui. E in questo il Partito non fa eccezione". "E' normale che nella fase decisionale i membri del Partito abbiano opinioni contrastanti, ma una volta adottata la decisione tutti devono rispettarla in modo rigoroso" ha aggiunto il vice direttore.
di Giovanna di Vincenzo e Sonia Montrella
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