Il mistero del gap tra ricchi e poveri
Pechino, 20 gen.- Tra la raffica di statistiche economiche che il governo cinese ha pubblicato per fare il punto sul 2011 ce n'è una che manca, e viene taciuta per l'undicesimo anno consecutivo: si tratta del Coefficiente di Gini, il tasso d'ineguaglianza che misura la forbice tra ricchi e poveri.
Secondo quanto ha dichiarato il direttore dell'Ufficio Nazionale di Statistica Ma Jiantang il coefficiente non può essere calcolato accuratamente perché mancano dati affidabili sulla fascia di cittadini ad alto reddito, ma numerosi accademici cinesi alzano la voce: "L'idea che il nostro governo non possa utilizzare statistiche imprecise è solo una scusa per rifiutarsi di pubblicare il coefficiente di Gini, - scrive sul suo account Weibo (il "Twitter cinese) Xu Xiaonian, docente di Economia e Finanza presso la China Europe International Business School- le autorità potrebbero benissimo pubblicare la statistica basandola sui dati attuali, e correggerla successivamente".
A guidare la battaglia per vederci finalmente chiaro sulle disparità tra ricchi e poveri è Caixin, coraggioso e potente gruppo editoriale, che dedica alla vicenda ampio spazio sulle pagine del suo sito.
Il Coefficiente di Gini misura la distribuzione del reddito in una scala tra 0 e 1, e denota una ragionevole diseguaglianza quando si situa tra 0.3 e 0.4. "Se il coefficiente raggiunge quota 0.5 significa che le differenze si stanno facendo insostenibili e che è necessario intervenire immediatamente per colmarle" dichiarava lo scorso anno al quotidiano ufficiale China Daily Zhou Tianyong, capo degli economisti della scuola centrale del Partito Comunista Cinese. Ma il governo di Pechino non pubblica questa statistica dal 2000, quando il Coefficiente di Gini venne fissato a quota 0.412.
Da allora, un silenzio quasi assoluto. L'anno scorso una nota dell'Ufficio Nazionale di Statistica rendeva noto che nel 2011 il gap tra cinesi ad alto e a basso reddito era "lievemente superiore al 2010", quasi una toppa peggiore del buco, visto che i dati del 2010 e degli anni precedenti non sono mai stati resi noti al pubblico.
Le statistiche sui cinesi ad alto reddito sembrano effettivamente di difficile reperibilità: un dossier del 2007 a cura della China Research Foundation mostrava che circa 4400 miliardi di yuan (al cambio attuale, 538 miliardi di euro) del reddito dei residenti urbani non veniva contabilizzato, e costituiva quasi il 24% del PIL cinese.
Ma tutti gli elementi indicano che in Cina il divario tra ricchi e poveri si fa sempre più vasto: secondo l'Hurun Research Institute, nel 2010 i milionari cinesi con un patrimonio personale che supera i 10 milioni di yuan (un milione 200 mila euro) erano 960mila, il 9.7% in più rispetto all'anno precedente.
Che la pressione stia diventando insostenibile lo dimostra anche un'iniziativa dello scorso anno, quando ben 13 diversi giornali pubblicarono un editoriale chiedendo al governo l'abolizione dell'hukou, il permesso di residenza che vincola un cinese alla provincia d'origine per ottenere un minimo di welfare, penalizzando gli immigrati interni in fuga dalle campagne alla ricerca di fortuna in città. L'articolo mostrava un dato preoccupante, diffuso dall'Ufficio Nazionale di Statistica: nel 2009 il rapporto medio tra il reddito di un residente urbano e quello di un residente rurale ha toccato quota 3.33 a 1, segnando la più ampia disparità tra città e campagne dal 1978, l'anno in cui la Cina varò le prime riforme economiche.
"Qual è il sentimento più diffuso in Cina oggi?" si chiede in un editoriale pubblicato da Caixin Guo Yuhua, docente di sociologia all'Università Tsinghua. "Io ritengo che sia l'insoddisfazione, dovuta a un'insufficiente miglioramento delle proprie condizioni di vita nonostante la rapidissima crescita economica".
Nel 2011 diverse città, Pechino in testa, hanno lanciato campagne di opinione per porre un freno "a edonismo e stili di vita da privilegiati". Intanto, i ricchi appaiono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri, e il Coefficiente di Gini resta uno dei segreti meglio custoditi dalla leadership cinese.
di Antonio Talia
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