Il miracolo dei minatori cinesi
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Il miracolo dei minatori cinesi

Il miracolo dei minatori cinesi

Shanxi. Le operazioni di soccorso seguite in diretta tv da tutto il paese - Ne mancano ancora 38
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Luca Vinciguerra
SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
La notizia è talmente portentosa da far gridare al miracolo perfino un popolo di atei e miscredenti come i cinesi. Centoquindici dei 153 minatori che oltre una settimana fa erano rimasti sepolti vivi nelle viscere di un giacimento carbonifero di Wangjialing, nella provincia dello Shanxi, ieri sono stati tratti in salvo. Continuano le ricerche degli altri 38 uomini intrappolati sotto terra.
A giudicare da come si erano messe le cose, sembra davvero che Santa Barbara, la patrona dei minatori, abbia guardato amorevolmente dall'alto gli uomini-talpa che venerdì scorso, centoventi ore dopo l'allagamento che domenica 28 marzo aveva bloccato tutti gli accessi al sottosuolo, erano stati dati ormai per spacciati. Spacciati come migliaia di loro colleghi che negli ultimi anni hanno perso la vita in decine d'incidenti analoghi.
Ma questa volta le cose sono andate diversamente. Questa volta, appunto, c'è stato il miracolo. Anzi, come l'ha definito il governatore dello Shanxi, Wang Jun, un doppio miracolo: «Il primo è un miracolo della vita, perché quegli uomini sono riusciti a resistere sottoterra per otto giorni e otto notti. Il secondo perché le operazioni di soccorso sono state efficaci, è anche questo è un miracolo nella storia dei disastri in miniera cinesi» ha detto il politico locale che, non a caso, prima di essere spedito dal partito comunista a gestire la provincia con la maggiore concentrazione nazionale di miniere, era stato presidente dell'Agenzia nazionale per la sicurezza sul lavoro.
I protagonisti della prodigiosa operazione di soccorso, che per una settimana ha tenuto inchiodata davanti ai teleschermi l'opinione pubblica cinese, sono circa 3mila uomini. Pompieri, poliziotti, militari, genieri, volontari che hanno lavorato freneticamente per salvare la vita ai minatori di Wangjialing. Il primo obiettivo dei soccorritori è stato drenare l'acqua che, a causa dello sfondamento di una paratia, aveva completamente invaso il fondo del giacimento intrappolando la squadra a 250 metri di profondità. Pompando acqua al ritmo di 2mila metri cubi l'ora, il livello si è progressivamente abbassato, consentendo così ai minatori di non fare la fine dei topi.
Il secondo obiettivo è stato tenere in vita i 153 uomini che, frattanto, erano riusciti a salire su un paio di piattaforme più alte del livello dell'acqua. Per riuscire nella missione al limite dell'impossibile, le squadre di soccorso hanno calato nelle viscere della terra un tubo per l'erogazione di ossigeno e sacche di glucosio.
Il resto l'hanno fatto i minatori resistendo al freddo e alle tenebre, immersi in un putrido acquitrino melmoso, senza cibo né acqua potabile. Per questo motivo, hanno riferito i medici, gli scampati alla tragedia appena riportati in superficie avevano la temperatura corporea molto bassa, erano disidratati e avevano il corpo ricoperto di piaghe causate dalla lunga immersione.
Una tragedia che, forse, si poteva evitare. Secondo i primi accertamenti disposti dalla magistratura sulle cause dell'incidente, qualcuno a Wangjialing ha peccato di negligenza. Nei giorni precedenti al crollo della paratia sotterranea erano già state segnalate infiltrazioni d'acqua al l'interno della miniera.
Quella delle morti bianche è la storia più emblematica dello sviluppo selvaggio e incontrollato dell'economia cinese. Per far fronte alla crescente domanda di carbone, dall'inizio del 2000 in poi in tutto il paese sono state aperte in fretta e furia un numero incalcolabile di nuove miniere. Tra queste, molte illegali. Così, alla già elevata pericolosità insita nel mestiere del minatore, si è aggiunto il rischio legato a condizioni di lavoro precarie e insicure. Spinto dalle crescenti stragi di minatori (nel 2009 hanno perso la vita 2.631 lavoratori), qualche tempo fa il governo ha iniziato a censire e a chiudere le miniere clandestine spuntate come funghi. Grazie a questa operazione di bonifica, nell'ultimo triennio le morti bianche si sono ridotte. Ma, come dimostra la tragedia sfiorata per un soffio a Wangjialing, non si muore solo nelle viscere dei giacimenti abusivi. Si muore anche nelle miniere autorizzate controllate dai grandi gruppi carboniferi statali, perché spesso gli standard di sicurezza sono approssimativi e insufficienti. E Santa Barbara, purtroppo, non può fare sempre miracoli.
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Le statistiche
Le morti bianche nelle miniere cinesi raggiungono cifre molto alte perché numerosi siti sono illegali e anche quelli regolari non sempre rispettano le norme di sicurezza. Nel caso della miniera di Wangjialing, per esempio, alcuni giorni prima dell'incidente erano state denunciate inutilmente infiltrazioni d'acqua
Nel 2002, uno degli anni peggiori, i morti nelle miniere cinesi furono 6.995. Scesero a 5.960 nel 2005 e ancora negli anni successivi, fino ai 2.631 morti dell'anno scorso (contro i 3.230 del 2008)
L'ultimo episodio
Nella miniera dello Shanxi, domenica 28 marzo, erano al lavoro in 261: nel momento in cui 140mila metri cubi d'acqua di un bacino adiacente alle gallerie hanno invaso la miniera, 108 lavoratori sono riusciti a mettersi in salvo subito. Gli altri 153 sono rimasti intrappolati, a mollo nell'acqua e al senza poter bere né mangiare. L'altro ieri ne sono stati estratti vivi 115

06/04/2010
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