IL GOVERNO INDIANO ESCLUDE UN ATTACCO CINESE

Mumbai, 16 dic. - Durante l'attuale sessione parlamentare invernale, che salvo prolungamenti fuori programma dovrebbe concludersi il 22 dicembre, il premier indiano Manmohan Singh ha dovuto rispondere alle preoccupazioni della camera bassa del parlamento – la Lok Sabha – riguardo l'espansione cinese in territorio indiano. Mulayam Singh Yadav, leader del Samajwadi Party (Partito socialista) mercoledì 14 dicembre ha sollevato alcuni dubbi sull'azione di governo per contrastare le pressioni cinesi lungo il confine nord.

 

Mulayam Singh ha annunciato in parlamento di avere "notizie" di un imminente attacco dell'esercito cinese sul fronte nord; la Cina – secondo il leader socialista – starebbe già muovendosi all'interno dei territori indiani, pronta all'offensiva. Le fonti di tali notizie rimangono però sconosciute.

 

Manmohan Singh ha cercato di rassicurare la Lok Sabha, spiegando che "il governo non è a conoscenza di alcun piano d'attacco cinese", aggiungendo che le questioni lungo il confine sono in fase di risoluzione, affidate alla diplomazia dei rispettivi "comandanti" dell'area. "India e Cina sono buoni amici – ha dichiarato il premier Singh – C'è ancora della confusione riguardo i confini, ma il problema è in via di risoluzione".

 

La spinosa questione territoriale tra Cina e India coinvolge quattro stati indiani a ridosso di Tibet e Xinjiang: Jammu – Kashmir, Arunachal Pradesh, Uttarakhand e Sikkim. Dal 2005 due rappresentanti speciali nominati da Pechino e Delhi tengono annualmente una tavola rotonda per cercare di dirimere il problema territoriale che impegna la diplomazia sino-indiana da 45 anni. La Cina sostiene che ben 4000 km di terra lungo il confine nord indiano, ufficialmente parte della Federazione indiana, siano in realtà parte della Repubblica popolare cinese.
Nonostante 6 anni di colloqui, Mulayam Singh ha avvertito che nel lembo di terra contestato - denominato ufficialmente Line of Actual Control (LAC) dopo un accordo bilaterale firmato nel 1996 - le truppe cinesi si stanno organizzando, specie nel Kashmir indiano dove "i cinesi stanno occupando le nostre terre" e pare abbiano installato dei radar.

 

Anche A.K. Antony, ministro della Difesa, è intervenuto con una dichiarazione scritta, affermando che "il governo è al corrente dello sviluppo di infrastrutture cinesi lungo territori al confine con Tibet e Xinjiang, come la linea ferroviaria Qinghai – Tibet e la proposta di estenderla fino a Xigaze e Nyingchi, oltre alla costruzione di aeroporti e reti stradali limitrofe."
Per quanto riguarda i radar nella LAC, il ministro ha ricordato che "la Indian Airforce è provvista di numerosi radar […] per sorvegliare le nostre montagne".

 

Il leader socialista ha messo in guardia il governo su un altra minaccia cinese, questa volta ambientale, spiegando che i cinesi hanno "deviato il corso del Brahmaputra" (nota: ne avevo già parlato in passato sulla questione delle dighe cinesi e indiane, un paio di mesi fa).

 

Ancora una volta il premier Singh ha negato le affermazioni del Samajwadi Party: "Il governo non è in possesso di nessuna prova concreta che la Cina abbia deviato il corso del Brahmaputra. Le relazioni tra India e Cina sono 'sensibili' e credo che occorre essere responsabili e non lasciarsi andare ad affermazioni che potrebbero essere mal interpretate".
La stretta dell'opposizione sulla questione indo-cinese, seppur lecita visti i precedenti, appare in questo momento vagamente strumentale: il Congress, partito di governo, è da mesi sotto accusa per la cattiva gestione della cosa pubblica indiana, in una serie di polemiche che comprendono la mancata promulgazione di una severa legge anti-corruzione (Lokpal Bill), il coinvolgimento in numerosi scandali di corruzione e tangenti, l'incapacità di far fronte all'inflazione e al recentissimo crollo della valuta nazionale (che giovedì 15 dicembre ha toccato il minimo storico contro il dollaro,  sorpassando la soglia d'allarme delle 54 rupie per banconota verde).

 

Contestualizzata con la situazione politica attuale, la polemica e lo spauracchio cinese vanno probabilmente ad inserirsi nel tentativo di "spallata" delle opposizioni più che rappresentare un problema concreto ed imminente per la sicurezza del Paese.

di Matteo Miavaldi

 

©Riproduzione riservata