Il Catalogo cinese detta le regole a chi vuole investire
ADV
ADV
Il Catalogo cinese detta le regole a chi vuole investire

Il Catalogo cinese detta le regole a chi vuole investire

Internazionalizzazione. Da oggi in vigore il nuovo elenco
di lettura
PAGINA A CURA DI
Rita Fatiguso
La Cina sposa la logica dell'efficienza. Finisce in soffitta, da oggi, il vecchio Catalogo 2007 (www.leggicinesi.it) degli investimenti esteri, sostituito da una lista, suddivisa in venti categorie, di operazioni incoraggiate, ristrette o proibite dal Governo di Pechino.
Per l'Italia, settima in Europa per volume di investimenti, si aprono nuovi margini in aree ad alto valore aggiunto. Bisognerà rischiare, investendo risorse. Con una avvertenza perché, osserva Lorenzo Stanca, partner di Mandarin Capital, fondo di private equity e autore di operazioni già in linea con lo spirito del Catalogo: «I costi non si limitano a quello complessivo dell'operazione finanziaria, perché in Cina ci sono elementi cruciali da considerare, come il valore e la quantità delle risorse umane necessarie all'impresa».
I due Cataloghi, il vecchio e il nuovo, vanno letti insieme: si scopre che sono incoraggiate le piantagioni di caffè, ristrette quelle di cotone e proibite le Ogm.
Ma i contenuti di eccellenza, nelle aziende italiane, ci sono e Massimo d'Aiuto, ad di Simest, ne è convinto. Nella mappa delle linee attivate elaborata per il Sole 24 Ore, sono un centinaio, pari al 45% della nostra presenza in Cina, «ci sono già aziende di valore, e margini per nuovi arrivi di qualità, ma bisognerà guardare di più alle zone interne, favorite ma meno attrezzate per gli approvvigionamenti». Rivela il presidente di Simest, Gianfranco Lanna: «Stiamo sviluppando un programma speciale per valorizzare la presenza qualificata delle eccellenze tecnologiche italiane all'estero, in Cina c'è una forte sinergia con il Beijing Hi-Tech International Business Incubator Co Ltd., siamo vicini alla firma di un memorandum strategico per sostenere le joint venture italocinesi dell'hitech».
Precisa Enrico Toti, partner dello studio legale Nctm: «La Cina guarda a uno sviluppo ecocompatibile, è chiaro. Ma il Catalogo riserva sorprese, saltano i precedenti limiti imposti alle amministrazioni locali nel rilascio delle autorizzazioni per la costituzione di società a partecipazione straniera in Cina. La competenza segue l'ammontare, se gli investimenti sforano la Company Law del 2005, la competenza passa all'amministrazione centrale. In certi settori gli stranieri, pur essendo incoraggiati, dovranno costituire joint venture con un partner locale socio di maggioranza».
Gli fa eco Thomas Rosenthal, responsabile sviluppo strategico e relazioni esterne della Fondazione Italia Cina: «La revisione del Catalogo è lo specchio della strategia di sviluppo coerente con gli obiettivi del Dodicesimo piano quinquennale. È un documento di grande complessità, ma di grande utilità per le imprese: lo sforzo che stiamo facendo insieme a un importante studio legale è quello di rendere disponibile il documento tradotto in italiano allegato al nostro III Rapporto Annuale, che sarà presentato in Assolombarda il 15 marzo prossimo».
«È una delle più grandi rivoluzioni cinesi - commenta da Shanghai Tony Shen, associato di Mandarin Capital - insieme al piano da quattro trilioni di dollari accelererà la ristrutturazione economica e promuoverà un più coordinato sviluppo economico sotto l'egida dell'anno protetto dal Drago, il più potente dei segni».
www.ritafatiguso.blog.ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

30/01/2012
ADV