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È una componente di spesa del Pil e viene ridotta laddove invece si riduca la disponibilità di asset. Da un certo punto di vista quindi è un indicatore di quanto nuovo valore di un'economia viene investito anziché consumato. In tempi di incertezza economica, ad esempio, si riducono gli investimenti, perché l'economia gira più lentamente e si assiste a una maggiore incisione della spesa. In momenti di crescita economica invece si osserva una crescita generalizzata nella formazione del capitale, perché le attese dei mercati rendono più probabile la profittabilità futura degli investimenti.
Se nel 2009 la media globale nella capital formation era del 19 per cento, in quell'anno economie come la Cina e l'India hanno investito il 47% e il 35% del proprio prodotto interno lordo sul futuro, mentre economie come quelle del Regno Unito e dell'Italia hanno investito rispettivamente il 14% e il 19 per cento.
È chiaro, dunque, il collegamento tra la formazione del capitale e lo sviluppo. Ma come si forma veramente il capitale, come aggiunge valore all'economia? Quali sono i fattori determinanti e soprattutto, quali politiche possono essere attuate per stimolare la formazione del capitale e la generazione di valore in un sistema economico?
«Occorre capire nel profondo gli aspetti culturali che frenano il dinamismo economico e intervenire su quelli – racconta Victor Hwang – questo è l'unico vero punto comune che finora abbiamo potuto constatare in modo ricorrente nelle nostre esperienze, con i governi di tutto il mondo. Quando abbiamo lavorato per definire e lanciare un fondo nazionale di venture capital armeno, con il supporto finanziario della Banca Mondiale, abbiamo fatto delle scelte radicali. A differenza di altri fondi, quello armeno è stato disegnato per costruire competitività di lungo termine attraverso la formazione di venture capitalist. Perché la prima infrastruttura da costruire è quella delle competenze degli investitori. Inoltre abbiamo proposto di lanciare un progetto di mettere in rete la diaspora armena nel mondo. Sia per fornire supporto e connessioni internazionali all'ecosistema locale, sia per supportare le attività di fundraising dei venture capitalist e infine per fornire assistenza alle startup e agli imprenditori».
La ricetta dello sviluppo e della formazione del capitale è più semplice di quanto non possa sembrare, basta partire sempre da un assunto. Dietro ogni innovazione, azienda e organizzazione, c'è sempre qualcuno che ha avuto un'idea e poi si è messo all'opera. In quel momento si forma la parte più importante del capitale. Quello umano. Il resto può solo succedere come conseguenza successiva.
twitter.com/dgiluz
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... Il venture capital funziona nel lungo termine solo se si focalizza sulla creazione di relazioni e di un ecosistema umano e di volontà. Victor Hwang
Piccole Silicon Valley crescono
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In Cile qualcosa oltre il salmone
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Austin meta del venture capital
Lezioni americane. Se tutti hanno sentito parlare della Silicon Valley, pochi sanno che la città di Austin è diventata una delle principali mete del venture capital americano. Nel primo trimestre 2010 sul territorio sono stati investiti 144 milioni di dollari in 21 nuove aziende, superando la città di Sunnyvale, nel cuore della valle. Ci sono una dozzina di iniziative statali di capital formation negli Usa in questo momento. Lo Stato dell'Ohio dal 2002 ha deciso di combattere la perdita di occupazione nell'industria manifatturiera attraverso la Ohio Third Frontier Initiative, un programma che ha investito 473 milioni di dollari in grant a 571 aziende, che, grazie a questi capitali sono riusciti a raccogliere ulteriori 3,2 miliardi di investimenti privati, impiegando 55mila persone.Rwanda, obiettivo Svizzera
In dieci anni. Lo scorso anno il Rwanda ha superato l'Italia nella «Classifica globale sulla facilità di fare impresa» della Banca mondiale, e anche Repubblica Ceca, Turchia e Polonia. È uscito dagli anni 90 devastato dalla guerra civile e oggi è addirittura undicesimo al mondo nella classifica sulla «Facilità nell'aprire una nuova impresa». Tutto è iniziato nel 2001, quando il presidente Paul Kagame ha lanciato un piano nazionale per l'innovazione e la competitività. In dieci anni ha fatto partire migliaia di micro-aziende in tre segmenti strategici: tè, caffè e turismo. Ha erogato capitali e una nuova classe di imprenditori ha abbattuto in dieci anni la povertà della nazione del 25 per cento. Nel corso degli anni il reddito pro-capite è quadruplicato, facendo della piccola nazione dei gorilla la «Svizzera d'Africa».21/04/2011
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