I « prestiti sociali» scaldano i prezzi cinesi
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I « prestiti sociali» scaldano i prezzi cinesi

I « prestiti sociali» scaldano i prezzi cinesi

Inflazione al 5,4% anche a causa del boom dei finanziamenti fuori bilancio a imprese e famiglie
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SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
L'economia cinese è come Sebastian Vettel nelle prove di qualificazione sul circuito di Formula Uno di Shanghai: corre forte e non schiaccia mai il freno.
Quattro rialzi dei tassi d'interesse e una raffica di aumenti della riserva obbligatoria in sei mesi non sono stati sufficienti a far scendere di giri il motore della congiuntura cinese che, nel primo trimestre 2011, ha registrato una crescita del 9,7% rispetto lo stesso periodo dell'anno precedente. E che ora rischia di surriscaldarsi troppo, come indica chiaramente un tasso d'inflazione che a marzo ha raggiunto il 5,4%, il livello più elevato degli ultimi tre anni.
L'indice dei prezzi al consumo (e anche quello dei prezzi alla produzione che a marzo è aumentato del 7,3%) continua a galoppare per una semplice ragione: oggi in Cina le condizioni di credito sono determinate solo parzialmente dalla politica monetaria e dai tassi d'interesse.
Questa situazione di chiaroscuro emerge in modo netto dai numeri. Nel primo trimestre 2011, i nuovi prestiti erogati dal sistema bancario sono diminuiti del 14% attestandosi a 2.200 miliardi di yuan (235 miliardi di euro). Ma nel solo mese di marzo sono lievitati a un ritmo vertiginoso: +18% per un totale di 679 miliardi di yuan (72 miliardi di euro).
Sebbene la People's Bank of China continui a tirare i cordoni della politica monetaria (l'ultimo aumento del costo del denaro è stato varato una decina di giorni fa), dunque, la liquidità in circolazione resta sempre eccessiva rispetto ai target fissati da Pechino per tenere sotto controllo l'inflazione.
Ma c'è poi un nuovo fattore (nuovo perché è stato concettualizzato dalla Banca centrale solo di recente) che contribuisce a gonfiare la quantità di moneta a disposizione del sistema economico: il cosiddetto "finanziamento sociale". In questa categoria, Pechino contabilizza tutti i finanziamenti erogati dalle banche "fuori bilancio" alle imprese e alle famiglie in modo da aggirare i vincoli imposti dalle autorità monetarie: credito al consumo, carta commerciale, lettere di credito, corporate bond, equity financing.
Negli ultimi mesi, proprio mentre la Pboc girava a più non posso i rubinetti del credito, il "finanziamento sociale" è notevolmente aumentato. L'espansione degli impegni indiretti è stata talmente rapida e intensa che oggi questi sostituti occulti del credito bancario tradizionale sono arrivati a rappresentare poco meno della metà del monte finanziamenti complessivo cinese (circa 2mila miliardi di yuan nel primo trimestre 2011).
L'abbondanza di liquidità è stata una vera manna per il settore immobiliare, che ha continuato a prosperare in barba agli aumenti del costo del denaro e alle misure restrittive varate dal Governo per calmierare il settore. A marzo gli investimenti residenziali sono cresciuti del 34%, mentre i prezzi del mattone hanno registrato un incremento del 6,6 per cento. La bolla speculativa, quindi, continua a gonfiarsi.
Ma per la leadership cinese l'espansione ipertrofica del settore immobiliare è solo uno dei tanti elementi di preoccupazione legati a doppio filo all'aumento generalizzato dei prezzi. L'impetuosa crescita dell'economia, infatti, porta con sé altri fattori di distorsione ad alto potenziale destabilizzante.
Il primo è il progressivo allargamento dell'inflazione dai generi alimentari ai settori no food. Il secondo sono i colossali flussi di hot money che si stanno riversando sui Paesi emergenti. Nei primi tre mesi del 2011 le riserve valutarie cinesi sono aumentate di ben 197 miliardi: almeno un quarto di questa cifra è costituita da capitali stranieri alla ricerca di rendimenti più alti che scommettono sulla futura rivalutazione dello yuan. Il terzo è il continuo, inarrestabile incremento dei prezzi delle materie prime e dell'energia di cui la Cina è una vorace consumatrice.
In questo scenario, nonostante gli scarsi risultati ottenuti fin qui, le opzioni di Pechino restano due: continuare a irrigidire la politica monetaria (c'è chi prevede che i tassi d'interesse possano aumentare di altri 150 punti base entro la fine dell'anno), e apprezzare lo yuan.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

17/04/2011
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