I calzaturieri dicono addio alle sanzioni contro la Cina
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I calzaturieri dicono addio alle sanzioni contro la Cina

I calzaturieri dicono addio alle sanzioni contro la Cina

Antidumping. Bilancio più che positivo per Vito Artioli, presidente dell'Anci
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Libere da quattro giorni. Le scarpe cinesi e quelle vietnamite dal primo di aprile non portano più il peso dei dazi antidumping che la Ue aveva istituito cinque anni fa. E per una misura che decade, un'altra ne entra in vigore: esattamente il 18 marzo, data a partire dalla quale Bruxelles ha reso operativi i dazi (tra il 32 e il 73%) all'importazione delle piastrelle cinesi.
In questo ideale passaggio di testimone, il presidente dell'associazione italiana - nonché della federazione europea - dei calzaturieri, Vito Artioli, dati alla mano illustra ai colleghi di un altro settore chiave delle esportazioni made in Italy tutti i vantaggi di questa misura restrittiva: «Tra il 2005 (ultimo anno senza dazi) e il 2009, l'import europeo da Cina e Vietnam delle calzature in pelle soggette ai provvedimenti è sceso del 43% in volume e del 27% in valore. Per quanto riguarda l'Italia, che da sola produce il 50% di tutte le scarpe europee, il calo è stato rispettivamente del 24 e del 12%. Ai colleghi delle piastrelle consiglio dunque di darsi da fare e sfruttare questo periodo per riacquistare competitività: l'effetto dei dazi può essere potenziato con una maggiore spinta all'internazionalizzazione e con una riduzione dei costi da ottenere attraverso l'innovazione tecnologica».
I dazi in questione, beninteso, non hanno nulla a che fare con le misure puramente protezionistiche attuate dagli stati. Queste ultime sono scelte politiche, mentre i dazi antidumping sono la lecita contromisura adottata a fronte di una violazione del fair play commerciale. Solo un'indagine può certificare che - come in questo caso - la Cina pratica prezzi diversi sul mercato domestico e su quelli esteri. Oltre alle calzature e alle piastrelle, la Ue ha recentemente sollevato dazi antidumping per l'acciaio e la carta tipografica.
Il procedimento vale però anche all'incontrario. L'Egitto, ad esempio, ci ha accusati di praticare il dumping sulle vaschette di plastica usate per l'imballaggio della frutta. Il ministero dell'Economia del Cairo ha anche avviato l'indagine, ma i risultati sono rimasti sospesi, sepolti sotto la rivoluzione che ha portato alle dimissioni di Mubarak. Altrettanto in attesa dei risultati siamo nel caso di Israele, secondo cui applicheremmo prezzi scorretti alle membrane bituminose in uso nell'edilizia.
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04/04/2011
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