HU JINTAO A WASHINGTON
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HU JINTAO A WASHINGTON

HU JINTAO A WASHINGTON

Politica internazionale
HU JINTAO A WASHINGTON
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Roma, 21 gen.- E' la sovranità uno dei temi più cari a Pechino. Il Dragone lo ha sottolineato spesso in passato e lo ha fatto anche giovedì per bocca di Hu Jintao in occasione dell'incontro tra il presidente cinese e i membri del Congresso statunitense. Sovranità sullo yuan, sulla questione di Taiwan e sulla causa tibetana: il Dragone non tollera intromissioni in quelle che sono considerate "questioni nazionali" . E se mercoledì Hu aveva accolto in modo pacato le "interferenze" sul tema dei diritti umani del presidente Usa Barack Obama, che aveva chiesto al suo omologo una maggiore "libertà di espressione e di culto",  giovedì Hu ha risposto alle accuse del Congresso con toni più aspri.  "Siamo preoccupati per le violazioni dei diritti umani in Cina, inclusa la negazione della libertà religiosa e il ricorso agli aborti forzati per imporre la politica del figlio unico. Per le libertà e la dignità dei suoi cittadini i leader cinesi hanno il dovere di far meglio e gli Stati Uniti devono richiamarli alle loro responsabilità": questa la dichiarazione-attacco letta dal presidente della Camera, il repubblicano John Boehner che la sera prima aveva declinato l'invito a partecipare alla cena di gala.  "L'analisi della storia delle relazioni sino-americane dimostra che queste procedono armoniosamente e rapidamente quando i due Paesi gestiscono bene i problemi inerenti i principali interessi reciproci. Altrimenti le nostre relazioni soffriranno di continui problemi e perfino di tensioni. I problemi legati a Taiwan e al Tibet riguardano la sovranità e l'integrità territoriale cinese e rappresentano il cuore degli interessi della Cina" ha detto Hu Jintao ai congressisti.  Il riferimento a quelli che Pechino ha visto come dei 'colpi bassi' da parte degli Usa è chiaro. A un anno di distanza il Dragone ha dimostrato di non aver mandato giù né l'incontro tra Barack Obama e il Dalai Lama – il "lupo vestito da agnello" a capo di un movimento separatista -, né la decisione di Washington di vendere armi per oltre 6 miliardi di dollari a Taiwan, isola che la Repubblica popolare considera parte del proprio territorio.  

 

Mercoledì Hu Jintao aveva risposto alle richieste di Obama dichiarando che "la Cina è arrivata a un punto cruciale del suo processo di riforma. E' chiaro che resta ancora molto da fare in termini di diritti umani". Parole che il Congresso aveva accolto con entusiasmo: "La notizia è che Hu Jintao ha ammesso e dichiarato al mondo che la Cina ha ancora tanta strada da fare" aveva riferito il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs. Resta il fatto però che sui diritti umani – ha dichiarato il presidente cinese – "bisogna sempre tener conto delle diverse circostanze nazionali". Le parole pronunciate da Hu ai membri del Congresso, così come la scelta di non rispondere ad alcune accuse, sembra aver confermato ancora una volta che, su questioni interne, il Dragone non accetta lezioni.

 

Una sfera – quella interna – sotto cui rientra anche lo yuan. Così come preannunciato dallo stesso Hu in un'intervista concessa domenica al Washington Post e al Wall Street Journal, nonostante le richieste espresse dalla parte Statunitense, lo yuan non sarà oggetto di un più repentino apprezzamento. "Ulteriori aggiustamenti del cambio permetterebbero anche alla Cina di spingere la domanda interna e arginare le spinte inflattive" aveva dichiarato Obama mercoledì. "La rivalutazione graduale resterà in vigore" ha ribattuto giovedì il ministro degli Esteri cinese Cui Tiankai. "La Cina sa che uno yuan più forte salvaguarda i propri interessi, sebbene il presidente Hu non abbia preso alcun impegno specifico" ha dichiarato ieri  dalla Capital Hill il vice presidente Usa Joe Biden.

 

Sul fronte militare Hu Jintao è apparso invece più 'morbido'. Il presidente ha tentato di rassicurare i congressisti americani sulle ambizioni militari della Cina: "Non siamo impegnati in una corsa alle armi o a minacciare militarmente nessun Paese. La Cina non cercherà mai di ottenere l'egemonia (sul mondo) o perseguirà un politica espansionistica", ha dichiarato Hu.  Il tutto senza alcun riferimento alle recenti esibizioni muscolari delle forze armate cinesi, come l'annuncio dello sviluppo della prima portaerei e le prove in volo del primo caccia invisibile (stealth) con cui è stato accolto la settimana scorsa il ministro della Difesa, Robert Gates, in visita a Pechino.

 

Poi, in un discorso pubblico tenuto a Chicago, il presidente cinese ha avanzato una richiesta a  Washington: restrizioni sull'esportazione di prodotti high-tech più rilassate. "Spero che gli Usa allentino i controlli sulle prodotti tecnologici in modo da incoraggiare le esportazioni dirette in Cina".  Pechino, sostiene che le ragioni del surplus commerciale tra i due Paesi risiederebbero proprio nel divieto di esportazione di prodotti ad alto contenuto tecnologico che l'America applica nei confronti della Cina. Mentre gli Usa sostengono derivino dal valore dello yuan, volutamente sottostimato dal Dragone per beneficiare di una concorrenza sleale.

 

Mentre la visita di Hu Jintao negli Stati Uniti giunge al termine, si iniziano a tirare le prime somme. Il risultato più evidente raggiunto è di natura economica: i due Paesi hanno siglato accordi commerciali per un valore di 45 miliardi di dollari. Per il resto nulla o poco è di fatto cambiato nei rapporti tra i due Paesi; se i due presidenti si sono dichiarati soddisfatti del vertice, sui 'temi caldi'  le posizioni di Usa e Cina sono rimaste invariate.  Nel frattempo in Cina i media statali – su cui non compaiono né le notizie delle proteste tibetane fuori dalla Casa Bianca, né del dibattito sui diritti umani - celebrano il vertice. "Si tratta di un contributo importante verso la pace nel mondo" si legge sul Global Times. "Un colpo maestro della diplomazia sino-statunitense" commenta la Xinhua. E se durante l'ultima visita negli Usa, l'allora presidente Bush aveva accolto il presidente cinese con pochi onori, al di là dei risultati, la tappa americana sembra aver dato prestigio in patria a Hu Jintao. Giusto in tempo per la fine del suo mandato che terminerà nel 2012.

 

di Sonia Montrella

 

HU INCONTRA CONGRESSO, PRESSING SU DIRITTI UMANI

 

Washington, 20 gen. - E' fitta l'agenda di incontri del presidente cinese, Hu Jintao, in visita negli Stati Uniti: dopo la tappa alla Casa Bianca, Hu incontrerà i leader del Congresso, i quali hanno già annunciato che affronteranno senza esitazione la questione dei diritti umani. Il presidente cinese incontrerà lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, il leader della maggioranza, Eric Cantor, il leader dei democratici, Nancy Pelosi, e altri parlamentari. Al Senato vedrà anche il leader della maggioranza democratica, Harry Reid, che lo aveva definito in un'intervista "un dittatore" (dichiarazione su cui poi ha fatto marcia indietro). Reid e Boehner hanno declinato l'invito alla cena di Stato offerta alla Casa Bianca in onore di Hu, così come il leader della minoranza repubblicana, Mitch McConnell, che ha boicottato l'intera visita del presidente cinese partecipando ad alcuni eventi nel Kentucky. 

 

Oltre alla delicata questione dei diritti umani, i leader del Congresso solleveranno con Hu la questione iraniana e in particolare il ruolo "morbido" della Cina. "Dal massacro di piazza Tiananmen nel 1989, vi e' una preoccupazione bipartisan nel Congresso sulla condizione dei diritti umani in Cina e in Tibet, per il sostegno del governo di Pechino agli Stati  canaglia e per le pratiche del commercio illegale cinese", ha sottolineato la Pelosi aggiungendo come temi caldi anche la questione dei cambiamenti climatici e l'energia. "Spero che la visita di Hu Jintao negli Usa sia contrassegnata da sincerità e progressi su tali questioni", ha aggiunto.

 

a cura della Redazione

 

OBAMA INCALZA HU SU YUAN E DIRITTI UMANI

Washington, 20 gen.- Yuan e diritti umani in prima linea e poi rapporti militari e Coree: l'incontro tra il presidente Usa Barack Obama e il presidente cinese Hu Jintao a Washinghton, e' stato, come previsto, l'occasione per gli Usa di marcare il suo pressing sulla Cina a 360 gradi. Sul tavolo accordi per 45 miliardi di dollari, che permetteranno alle aziende Usa - in particolare la Boeing che ha venduto al partner asiatico 200 velivoli - di aumentare la propria quota di export. 

 

Il livello dello yuan resta "sottovalutato" e ha bisogno di ulteriori aggiustamenti, ha affermato Obama spiegando di aver chiesto anche alla Cina una "maggiore flessibilità nel cambio". "Ulteriori aggiustamenti del tasso di cambio - ha detto Obama - permetterebbero anche alla Cina di spingere la domanda interna e arginare le pressioni inflattive sull'economia". Ma stando alle dichiarazioni rilasciate a margine della conferenza dal ministro degli Esteri cinese Cui Tiankai, Obama dovrà attendere ancora a lungo per assistere a un più repentino apprezzamento. "Il faccia a faccia non ha cambiato nulla sostanzialmente" ha affermato Cui secondo cui la politica di rivalutazione graduale dello yuan resterà ancora in vigore.

 

Per quanto riguarda le relazioni economiche tra i due paesi Obama ha sollecitato il partner asiatico a "una competizione sana" che porti entrambi i paesi a "innovarsi e a aumentare ancora la propria competitività'". "E' questa - ha aggiunto - il tipo di relazione che io vedo per Usa e Cina nel 21esimo secolo". Usa e Cina devono "lavorare mano nella mano" con uno "spirito di cooperazione" che permetta ai due paesi di mettere in piedi una "competizione sana". "Mi aspetto che nei prossimi 30 anni da adesso vedremo ulteriori evoluzioni e cambiamenti" ha dichiarato Barack Obama con un riferimento al trentesimo anniversario di relazioni sino-americane che l'incontro tra i due presidenti sta a suggellare.  

 

E dall'economia si è passati alla questione spinosa dei diritti umani con la richiesta di Obama a Hu di aprire un dialogo con il Dalai Lama. "Gli Stati Uniti riconoscono il Tibet come parte della Repubblica popolare cinese", ha detto, ma "suggeriscono un dialogo tra la Cina e il Dalai Lama per risolvere le differenze nel preservare l'identità religiosa del popolo tibetano", ha sottolineato il presidente americano. "La storia mostra che le società' sono più armoniose, le nazioni hanno più successo e il mondo è più giusto quando sono rispettati i diritti e le responsabilità di tutte le nazioni e di tutti i popoli, a partire dai diritti universali di ogni essere umano" ha detto Obama che secondo quanto riferito da un alto funzionario avrebbe parlato con Hu anche della situazione della situazione del premio Nobel per la Pace, Liu Xiaobo, in carcere in Cina per 'istigazione alla sovversione'.  Il presidente americano avrebbe chiesto a Hu di liberare l'attivista parlandone come di un "coraggioso portavoce dei progressi dei valori universali con modi pacifici e non violenti".

 

La Cina – ha affermato Hu Jintao nel corso della conferenza stampa -  ha fatto "enormi progressi" sul fronte dei diritti umani anche se resta ancora spazio per migliorare. "La Cina . Ha detto Hu - riconosce e rispetta l'universalità dei diritti umani, ma allo stesso tempo crediamo veramente che bisogna tener conto delle diverse circostanze nazionali". La Cina - ha aggiunto Hu - e' un paese in via di sviluppo con un'enorme popolazione e anche un paese arrivato a un punto cruciale del processo di riforma". E' chiaro, ha aggiunto "che molto resta ancora da fare in termini di diritti umani".

 

A margine della conferenza stampa, Obama ha riconosciuto che Pechino e Washington hanno opinioni differenti su diritti umani e libertà individuali. "La Cina ha un sistema politico diverso rispetto al nostro" ed e' un Paese con "un livello di sviluppo differente", ha sottolineato Obama. "Proveniamo da culture e storie molto diverse", ha aggiunto il presidente americano spiegando di essere stato "molto schietto" nel corso dei suoi colloqui con il collega cinese sui temi della libertà di parola, di religione e di assemblea, argomenti che "a volte sono fonte di tensione tra i (nostri) due governi". Ma il presidente americano e' convinto di poter discutere con Pechino di tali temi "in modo franco e sincero, focalizzandosi su questioni sulle quali siamo d'accordo, ma riconoscendo che ci sono argomenti su cui abbiamo differenze di vedute".

 

Infine la questione della posizione di Pechino nei confronti della Corea del Nord: "Apprezziamo il calo delle tensioni nella penisola coreana e la Corea del Nord deve evitare ulteriori provocazioni", ha detto il presidente Usa, "e concordiamo nel ritenere che l'obiettivo prioritario debba essere la completa denuclearizzazione della penisola". Il presidente cinese, Hu Jintao, ha poi chiesto al collega americano, Barack Obama, di rafforzare la collaborazione militare tra Washington e Pechino al fine di migliorare la fiducia tra i due Paesi.  "Le due parti credono che lo sviluppo degli scambi e della collaborazione tra le nostre forze armate contribuisca ad approfondire una reciproca fiducia tra i nostri due Paesi e la crescita delle nostre relazioni", ha sottolineato Hu nel corso della conferenza stampa congiunta assieme a Obama alla Casa Bianca.

 

a cura della Redazione

 

OBAMA A HU, GETTATE BASI 30 ANNI DI COLLABORAZIONE

Pechino, 19 gen.- La visita di Hu Jintao negli Stati Uniti entra nel vivo: dopo l'atterraggio di ieri pomeriggio alla Andrews Air Force Base e la cena informale presso la Old Family Dining Room della Casa Bianca, oggi il leader cinese verrà ricevuto con i massimi onori militari nella residenza presidenziale statunitense e incontrerà Barack Obama presso la Sala Ovale per l'avvio dei colloqui ufficiali. La giornata si concluderà con una cena di gala alla quale parteciperanno i massimi rappresentanti del mondo economico delle due nazioni.

 

Barack Obama ha accolto calorosamente Hu Jintao alla Casa Bianca affermando che la visita del presidente cinese "getta le fondamenta dei prossimi 30 di collaborazione" tra Usa e Cina anche se non ha lesinato una frecciata al rispetto dei diritti umani in Cina. Secondo il presidente americano le nazioni prosperano quando questi vengono rispettati. Per Obama due Paesi debbono scommetter l'uno sul successo dell'altro.

 

 

Nulla finora è trapelato dell'incontro ristretto di ieri sera, al quale hanno anche partecipato il segretario di Stato Hillary Clinton e il consigliere nazionale per la sicurezza Tom Donilon, insieme a due dei più importanti consiglieri di Hu, ma i temi dell'agenda di oggi sono noti: la situazione nella penisola coreana,  gli squilibri sempre più accentuati tra l'economia cinese e quella statunitense, la questione dei diritti umani, la protezione della proprietà intellettuale. "In qualità di prima e seconda economia mondiale, condividiamo delle speciali responsabilità nel fronteggiare  le minacce poste alla stabilità globale dai programmi nucleari di Corea del Nord ed Iran, – ha dichiarato Hillary Clinton alla tv cinese - e questa visita rappresenta uno snodo cruciale per stabilire come i rapporti tra i nostri due Paesi possano essere condotti ad un ulteriore livello di collaborazione".

 

 

Ma il viaggio di Stato - con ogni probabilità l'ultimo negli USA prima che Hu Jintao termini il suo mandato nel 2012 - costituirà anche l'occasione per fare il punto sulle questioni che hanno agitato le acque tra le due sponde del Pacifico nel corso di tutto il 2010: dal caso Google – con le accuse di pirateria informatica rivolte alla Cina dal colosso informatico di Mountain View e il successivo, parziale ritiro dall'Impero di Mezzo- alla fornitura di equipaggiamento militare statunitense all'isola di Taiwan, che i cinesi considerano parte integrante del proprio territorio; dall' incontro tra Barack Obama e il Dalai Lama – per Pechino un "lupo travestito da agnello" a capo di un movimento separatista - alle controversie nel Mar Cinese Meridionale, che vedono l'America porsi a difensore degli interessi di undici diverse nazioni intimorite dal dinamismo cinese; da quelle tra Cina e Giappone al dossier nucleare nordcoreano, fino agli interessi che ruotano intorno alle "terre rare", gruppo di minerali d'importanza strategica vitale per l'industria hitech, di cui la Cina controlla le esportazioni. Fino a giungere alle questioni chiave: gli squilibri economici tra Pechino e Washington, causati secondo gli USA da una moneta che i cinesi mantengono artificialmente al di sotto del suo valore reale per garantirsi vantaggi sleali negli scambi con l'estero, ma che a detta della Cina sarebbero invece provocati dai divieti sull'esportazione di prodotti ad alto contenuto tecnologico che l'America applica nei suoi confronti.

 

 

 

Sulla questione dell'apprezzamento dello yuan, il Congresso USA attende Obama al varco. Se dagli incontri non dovesse emergere una più ampia disponibilità del Dragone ad aumentare il valore della propria moneta, un agguerrito fronte bipartisan è già pronto ad approvare una norma che imporrebbe pesanti tariffe sulle merci importate dalla Cina. Ma un eventuale apprezzamento dello yuan al di fuori dei parametri già previsti dalla Banca centrale di Pechino, secondo la posizione cinese, provocherebbe maggiore inflazione e un effetto di chiusura a catena negli stabilimenti cinesi, arrecando ulteriori squilibri all'economia mondiale

 

 

 

Nelle ultime settimane il segretario del Tesoro USA Timothy Geithner ha alternato atteggiamenti duri ad altri più concilianti, sostenendo ad esempio che, data l'inflazione che sta già attanagliando la Cina, lo yuan si starebbe apprezzando di circa il 10% in termini reali. Pechino, da parte sua, ha mostrato di non aver gradito la manovra di alleggerimento quantitativo da 600 miliardi decisa dalla Fed nel novembre di quest'anno, con la quale gli USA rischiano di esportare inflazione nei mercati emergenti. Il Dragone, inoltre, in quanto primo creditore dell'America, è alla ricerca di rassicurazioni sull'effettivo valore delle proprie riserve estere denominate in dollari, e prima dell'avvio della visita Hu Jintao ha affermato senza mezzi termini che un sistema monetario globale basato su un'unica valuta è da considerarsi ormai una reliquia del passato.

 

 

 

Tra gli esponenti dei vertici economici che presiederanno alla cena di stasera, si segnalano tra gli altri il CEO di Microsoft Steve Ballmer, quello di Goldman Sachs Lloyd Blankfein, il fondatore di Lenovo Liu Chuanzhi, l'amministratore delegato di Haier Zhang Ruimin e il presidente del fondo sovrano cinese Lou Jiwei. Barack Obama ha scelto di dedicare ad Hu Jintao un'accoglienza riservata a pochi altri capi di Stato, rappresentata nell'etichetta proprio dal gala di stasera, a riprova dell'importanza che la visita riveste per la Casa Bianca. Ma il presidente degli Stati Uniti, Premio Nobel per la Pace 2009, potrà esimersi dal parlare con il suo omologo cinese della questione dei diritti umani, dopo l'assegnazione del Nobel 2010 a quel Liu Xiaobo, dissidente che sta scontando in una prigione cinese la condanna a 12 anni di reclusione? A Washington si sono dati appuntamento esuli tibetani, democratici cinesi e attivisti politici, tutti uniti per chiedere ad Obama di ricordare le sistematiche violazioni operate dalla Cina sui diritti umani. Anche la politica non è (solo) una cena di gala.

 

di Antonio Talia

 

 

SCHEDA: LE CONTROVERSIE CINA-USA

 

Apprezzamento dello yuan

La questione della rivalutazione dello yuan agita da tempo le acque tra le due sponde del Pacifico. Dopo aver vincolato lo yuan al dollaro nel 2008, al sorgere della crisi, la Banca centrale di Pechino ha adottato un tasso di cambio più flessibile nel giugno dell'anno scorso; da allora la moneta cinese si è rivalutata sul biglietto verde di circa il 3.5%. Ma l'apprezzamento non soddisfa Washington che accusa Pechino di mantenere artificialmente basso il valore della sua moneta per ottenere un vantaggio sleale negli scambi con l'estero. Per gli USA, infatti, la ragione dell'enorme surplus commerciale riportato dalla Cina nei confronti dell'America - che nel 2010 si è ulteriormente allargato del 26% - risiede in una valuta che viene stimata ad un valore di circa il 30% inferiore a quello reale. Pechino, viceversa, sostiene che le ragioni del surplus vadano ricercate nel divieto di esportazione di prodotti ad alto contenuto tecnologico che l'America applica nei confronti della Cina.

 

Vendita armi a Taiwan

All'inizio del 2010 Washington rende nota la decisione della vendita di armi per oltre 6 miliardi di dollari a Taiwan, l'isola che si proclama indipendente dalla fine della guerra civile del 1949, ma che per Pechino costituisce solo una "provincia ribelle" da ricondurre sotto il controllo della madrepatria. Quello degli Usa rappresenta per Pechino un colpo basso che non può essere tollerato, L'interruzione dei rapporti militari tra i due Paesi è immediata. La visita in Cina del segretario della Difesa americano Robert Gates riapre il dialogo, ma il ministro della Difesa cinese Liang Guanglie precisa: "La Cina è contraria al riarmo di Taiwan. Se ciò dovesse accadere di nuovo non è esclusa una nuova interruzione".

 

Caccia invisibile J-20

Mentre nella capitale cinese Gates e Hu Jintao discutono di cooperazione e dialogo militare, sul sito del quotidiano Global Times compaiono le foto del primo volo dello Stealth J-20: un caccia invisibile di ultima generazione che promette di competere con l'F-22 americano. Un tempismo che molti hanno interpretato come uno sfoggio di muscoli del Dragone, ma di cui il governo di Pechino si dichiara all'oscuro. Il Pentagono è in allarme: "Le nuove armi sviluppate dai cinesi sono progettate per colpire gli Stati Uniti" sostiene il capo di Stato maggiore della Difesa Usa, l'ammiraglio Mike Mullen. "Il presidente Hu Jintao mi ha assicurato che il test era stato pianificato da tempo e non ha niente a che vedere con la mia visita" dichiara Gates.

 

Tensione nella penisola coreana

Il 23 novembre Pyongyang spara colpi di artiglieria contro l'isola di  Yeonpyeong nella Corea del Sud.  L'attacco provoca la morte di quattro sudcoreani. Mentre la situazione nella penisola coreana si fa sempre più critica, la tensione si alza anche tra Usa e Cina, rispettivamente alleati di Seul e di Pyongyang.  Pechino propone un ritorno dei Colloqui a sei per la denuclearizzazione della Corea del nord, Washington rifiuta la proposta criticando la Cina per non aver mai ammesso pubblicamente la responsabilità di Pyongyang nei fatti del 23 novembre.

 

Diritti Umani

Prima l'incontro di Barack Obama con il Dalai Lama al termine del quale il presidente degli Usa conferma " il suo forte sostegno alla difesa dei diritti umani del popolo tibetano all'interno della Repubblica Popolare Cinese", poi il conferimento del Nobel per la Pace a Liu Xiaobo, dissidente cinese in carcere dal dicembre 2009 con l'accusa di aver tentato di "sovvertire" l'ordine dello Stato promuovendo il  manifesto "Charta 08" che chiede riforme democratiche in Cina e l'abolizione del regime a partito unico. La questione dei diritti umani che vede schierati in prima linea gli Stati Uniti contro la Cina continua a creare frizioni tra i due Paesi. E per Pechino si tratta di nuovo di "prepotenti intromissioni" da parte dell'Occidente in vicende interne.

 

Caso Google

All'inizio del 2010 Google accusa Pechino di essere responsabile di una serie di attacchi hacker che violano i segreti aziendali di una trentina di società americane e le caselle mail di alcuni attivisti politici. La compagnia americana minaccia di abbandonare la Cina rifiutandosi di sottostare ulteriormente all'autocensura che il governo impone a tutte le società internet straniere che scelgono di operare sul territorio cinese. "Una nuova cortina dell'informazione calata su larga parte del mondo" commenta qualche tempo dopo il segretario di Stato americano Hillary Clinton. La questione diventa di dominio internazionale e vede il Dragone e l'Aquila schierati su fronti opposti. A fine marzo Google decide di reindirizzare gli utenti della versione cinese su Google.com.hk, sbloccando di fatto i contenuti sgraditi al governo di Pechino. Ma la censura che Google si rifiuta di esercitare è prontamente reintrodotta dai filtri governativi che rendendo inaccessibili le pagine incriminate. La schiarita arriva a luglio con il rinnovo della licenza di ICP di Google da parte di Pechino.

 

Copyright

Sul campo della proprietà intellettuale e del copyright – causa di attrito tra Cina e Usa – i due Paesi  hanno compiuto solo di recente passi in avanti. Il vice premier cinese Wang Qishang si è impegnato a vigilare personalmente sulla questione promettendo di avviare al più presto una campagna pubblica per ridurre i casi di furto della proprietà intellettuale – copyright, marchi registrati, brevetti e segreti commerciali – in Cina. Il giro di vite del governo di Pechino riguarderà in particolar modo la pirateria sui giornali on-line e la contraffazione di alcuni prodotti quali scarpe e capi di abbigliamento.

 

Terre rare

 

Gli USA si dicono "profondamente preoccupati" per le restrizioni di Pechino alle terre rare: un gruppo di 17 minerali indispensabili nella produzione di numerosi prodotti ad alto contenuto tecnologico, dagli iPod ai Blackberry, dalle turbine eoliche alla componentistica per auto ibride. La Cina detiene circa il 65% delle riserve mondiali e più del 90% del mercato globale di terre rare. E sono in molti a ritenere che la Cina utilizzi queste risorse come strumento politico centellinando i rifornimenti e aumentando le tasse sulle esportazioni.

 

a cura di Sonia Montrella

 

 

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