HU IN PRIMA LINEA

La Cina è disposta a giocare il ruolo che le compete nella lotta ai cambiamenti climatici: è questa la posizione espressa dal presidente Hu Jintao all'apertura del summit Onu sul clima, in corso a New York. "Ci impegniamo a ridurre di un margine considerevole le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di prodotto interno lordo entro il 2020, - ha detto Hu - stiamo facendo enormi sforzi in questo senso e continueremo ad agire con determinazione". Il presidente cinese ha poi sottolineato che Pechino aumenterà del 15% sul consumo totale l'energia ricavata da fonti non fossili, grazie a uno sviluppo vigoroso del nucleare e delle fonti rinnovabili, ma non ha fissato una quota precisa ai tagli di emissioni di CO2. "Le economie emergenti devono senz'altro abbandonare il vecchio approccio dell'inquinare oggi per ripulire domani - ha detto ancora Hu - ma non si possono richiedere impegni che vadano oltre il loro livello di sviluppo, le loro capacità e le loro responsabilità". È proprio su questi temi che si gioca la partita del fondamentale incontro sui cambiamenti climatici che si terrà a Copenaghen nel dicembre prossimo, dove si dovrebbero decidere i termini di un nuovo protocollo ambientale in vista della scadenza di quello di Kyoto, nel 2012: laddove infatti Unione Europea e Stati Uniti puntano a fissare dei limiti alle emissioni di anidride carbonica, le economie emergenti - Cina in testa - preferirebbero basarsi su obiettivi come la capacità di ridurre l'utilizzo del carbone o l'aumento dell'elettricità prodotta grazie a fonti rinnovabili. Insieme, Cina e Stati Uniti producono circa il 40% delle emissioni di CO2. Ogni anno la Cina emette 5.6 giga tonnellate di anidride carbonica, di cui circa 3giga tonnellate vengono rilasciate dalle centrali a carbone, la principale fonte di energia che ha sostenuto fin qui l'imponente crescita del Dragone. Per Pechino la necessità di abbattere queste emissioni è anche di natura economico: se da un lato i costi sul sistema sanitario si fanno sempre più ingenti, dall'altro uno degli impieghi principali del pacchetto di stimoli straordinari all'economia da 4mila miliardi di yuan (circa 400 miliardi di euro), varato dal governo cinese per fronteggiare la crisi globale, va proprio nella direzione dello sviluppo di infrastrutture "verdi". Secondo studi del governo Usa il mercato della tecnologia pulita in Cina ammonterà a 186 miliardi di dollari nel 2010, e potrebbe raggiungere i 555 miliardi di dollari nel 2020. La spesa per ricavare il 15% del fabbisogno energetico del paese da fonti rinnovabili (che attualmente costituiscono meno del 10% del totale) entro lo stesso anno ammonta a circa 293 miliardi di dollari.
Antonio Talia