HU ALLA MARINA: "PRONTI PER COMBATTERE"

HU ALLA MARINA: "PRONTI PER COMBATTERE"

 

Pechino, 6 dic. – "Preparatevi a combattere": è secco e diretto l'appello lanciato da Hu Jintao alla marina cinese. Nessuno linguaggio in codice, frasi dal significato nascosto né giri di parole. Con un'inusuale chiarezza il presidente cinese e capo della Commissione Militare Centrale ha esortato le forze navali del Partito di Liberazione Popolare ad "accelerare con forza la trasformazione e la modernizzazione" per "prepararsi a combattimenti militari in modo da dare un maggior contributo alla salvaguardia della sicurezza nazionale e della pace mondiale".  Secondo destinatario (indiretto) del messaggio,  gli Usa cui la Cina sembra voler dire che non sono più i padroni del Pacifico. 

 

L'ordine di Hu, venuto nel corso del vertice della Commissione militare centrale, giunge in un momento di alta tensione nel Pacifico meridionale. Da tempo nelle sue acque agitate, e in particolare in quelle del Mar Cinese Meridionale,  Vietnam, Filippine, Malaysia, Taiwan, Brunei e naturalmente la Cina si sfidano per la sovranità territoriale delle Spratly e delle Paracel, arcipelaghi disabitati, ma ricchi di risorse energetiche. E poi ci sono gli Stati Uniti che mirano a mantenere il libero commercio nella regione, ad accrescere la loro influenza nella regione tramite le alleanze con i vicini di casa del Dragone. Una presenza scomoda perla Cina che in più di un'occasione ha intimato agli Stati Uniti senza mezzi termini di stare fuori dalle questioni del Pacifico. Ultimo in ordine di tempo l'appello di un mese fa del premier Wen Jiabao (questo articolo).

 

Dal canto suo Washington, sembra voler gettare acqua sull'accesso appello di Hu alla marina: "Pechino ha il diritto di sviluppare il suo apparato militare proprio come facciamo anche noi. L'importante è che ciò avvenga nella completa trasparenza" ha dichiarato il portavoce del Pentagono George Little. "Non cerchiamo lo scontro. Non vogliamo privare nessuna nazione del diritto ad ammodernare l'apparato militare per essere pronti a tutto. Il nostro apparato è pronto, il loro lo sarà presto" ha aggiunto l'ammiraglio John Kirby.

 

Washington, insomma, non sembra voler rinunciare alla regione. "Per gli Stati Uniti il Ventunesimo Secolo sarà il secolo del Pacifico" ha detto Clinton qualche settimana fa all'apertura del vertice APEC (Asia- Pacific Economic Cooperation). Un attivismo  interpretato da osservatori - cinesi e non solo - come una forma di contenimento che Washington intende attuare nei confronti di Pechino. E il contenimento arriverebbe da un doppio fronte,  economico e militare.

 

Sul piano commerciale il primo passo in questa direzione sembrerebbe già stato compiuto con la creazione della TPP (Trans Pacific Partnership),  accordo che prevede l'abbassamento delle tariffe doganali e la costruzione di quella che - con quasi 800 milioni di consumatori e il 40% circa dell'economia globale - diventa la più grande zona di libero scambio del mondo cui i 21 paesi dell'APEC hanno detto sì (questo articolo). "La Cina sosterrà qualsiasi tentativo di promuovere una zona di libero scambio nell'Asia Pacifica e il raggiungimento degli obiettivi di integrazione economica regionale sulla base dell'East Asia Free Trade Area, the East Asia Comprehensive Economic Partnership e del TPP" ha dichiarato al forum il presidente cinese Hu Jintao. Ma per molti commentatori cinesi è difficile non vedere nella TPP un tentativo di accerchiare la Cina - che per ora non partecipa all'accordo - con una manovra a tenaglia.

 

Poi, nei giorni seguenti, a irritare il Dragone è arrivata la notizia dell'impegno militare congiunto assunto da Barack Obama e il premier australiano Julia Gillard. Secondo il piano illustrato dai due, entro il 2016 l'Australia ospiterà una task force marittima americana composta da 2500 soldati. "Non temiamo la Cina, né cerchiamo di escluderla" ha detto Obama. Immediata la risposta di Pechino: "Intensificare ed espandere le attività militari potrebbe non essere molto appropriato, ed è una mossa che non rientra nell'interesse delle nazioni di questa regione".

 

 

di Sonia Montrella

 

 

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