Pechino 13 apr. - Un'apertura sulla riforma del tasso di cambio dello yuan, senza termini o condizioni prefissate: è quanto emerge dai resoconti dell'incontro bilaterale tra Hu Jintao e Barack Obama, 90 minuti ai margini del summit sulla sicurezza nucleare in corso a Washington in queste ore. "La Cina aderirà con decisione a un processo per la riforma del meccanismo del tasso di cambio dello yuan, - ha dichiarato Hu a Obama, secondo quanto riferisce l'agenzia di Stato cinese Xinhua - e nell'attuare le riforme considereremo con attenzione gli sviluppi e i cambiamenti dell'economia globale, così come le condizioni economiche interne". "Il presidente ha riaffermato il suo punto di vista: un passo della Cina verso una tasso di cambio determinato dalle forze del mercato è importante per una ripresa bilanciata e sostenibile dell'economia globale" ha detto il consigliere della Casa Bianca Jeffrey Bader. Dichiarazioni formali, che denotano però un ammorbidimento su entrambi i fronti: Hu, stavolta, non ha ribadito la linea ufficiale degli ultimi mesi, secondo la quale uno yuan stabile favorirebbe l'economia mondiale nel suo complesso; sul versante americano, invece, sembra che Obama abbia scelto un approccio più sfumato, anche per non perdere di vista la questione nucleare iraniana, obiettivo centrale del summit. Nelle ultime settimane, Washington aveva annunciato il ritardo nella consegna di un rapporto del Tesoro che avrebbe potuto accusare formalmente la Cina di manipolazione di valuta, uno status capace di innescare una serie di ritorsioni economiche. Lo yuan-renminbi è da tempo nell'occhio del ciclone: dopo un apprezzamento a partire dal 2005, nel luglio 2008 la valuta cinese è stata di fatto riancorata al dollaro per fronteggiare la crisi finanziaria globale; la stabilità del tasso di cambio, però, ha suscitato crescenti pressioni per la rivalutazione da parte di USA e Ue, convinti che una moneta sostanzialmente stabile rappresenti un vantaggio sleale a favore dell'economia del Dragone. Nel corso dell'incontro, Hu Jintao ha sostenuto ancora una volta che un apprezzamento dello yuan non costituisce il rimedio per risanare l'economia statunitense: "Una rivalutazione non riequilibrerà i commerci tra Cina e USA, né risolverà il problema della disoccupazione negli Stati Uniti. La Cina vuole aumentare le sue importazioni dagli USA, specialmente sul fronte dell' hi-tech. Per questo, chiediamo ancora una volta che vengano allentate le restrizioni sulle esportazioni di prodotti americani di alta tecnologia verso la Cina". Cosa succederà dopo l'incontro? In molti ritengono che difficilmente Pechino riutilizzerà il sistema adottato nel 2005, quando allo yuan venne consentito un cospicuo apprezzamento nel giro di una notte. L'importante quotidiano cinese China Securities News citava ieri una fonte anonima vicina alle autorità monetarie del Dragone: "Una rivalutazione repentina, in un colpo solo, è controproducente, –sosteneva la fonte- mentre è invece possibile che si aumenti la banda di oscillazione della valuta, portandola ad esempio dall'attuale 0.5% all'1%".