Head hunter di Pechino a caccia di manager italiani
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Head hunter di Pechino a caccia di manager italiani

Head hunter di Pechino a caccia di manager italiani

Recruiting. Nel solo settore sanitario la carenza è di quarantamila posizioni
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MILANO
Louisa Wong si muove perfettamente a suo agio tra gli specchi e gli stucchi della Società del Giardino, uno dei più esclusivi club milanesi. Parla della Greater China di oggi senza rinunciare all'aplomb anglosassone che le viene dal fatto di essere vissuta prima negli Stati Uniti, poi a Hong Kong, dove ha aperto Bò Lè, tra le più solide società di head hunters di tutta l'Asia.
Louisa è a Milano, chiamata dal partner italiano Francesco Santulin, dell'omonima società di ricerche di executive, per mettere a segno una missione speciale: illustrare agli addetti a i lavori e alle aziende italiane presenti in Cina la "fame" di nuove professionalità soprattutto nel settore farmaceutico. Un settore, spiega, in crescita vorticosa, che ha bisogno di far fronte alla richiesta di executives specializzati nel settore. «Per le aziende italiane - premette Wong - si aprono scenari imprevedibili, tutti da sondare. Però mai come in questo momento il farmaceutico, in particolare, è un ambito di fondamentale importanza, quindi noi suggeriamo di osare».
In Cina, attualmente, mancano 40mila manager. Nella sanità, ancora tutta da riformare, c'è una difficoltà specifica, quella di attirare talenti cinesi disposti a lavorare su società straniere che dal canto loro sono costrette ad attivare programmi per trattenere lo staff, perché, dice Wong «i costi derivano anche e soprattutto dalla disponibilità di candidati di qualità. I salari sono appetibili: si va da 150-200mila dollari sotto il livello del direttore all'anno fino a quello di operation manager, che si aggira intorno ai 46mila all'anno».
Bò Lè ha trovato figure specifiche in Cina per Bausch e Lomb eyecare, Bristol Myers Squibb, GlaxoSmithKline, Novartis (vaccini e diagnostica), Otto Bock, con mansioni che vanno dal direttore al Cfo China al direttore marketing, al direttore degli affari scientifici, al direttore delle finanze. «Altri ne verranno - aggiunge Francesco Santulin - penso anche alle acquisizioni realizzate dal fondo Mandarin, molte delle quali orientate nel settore».
«Dedalus (si veda l'articolo in pagina) è solo una delle nostre attività nel settore farmaceutico», ammette Lorenzo Stanca, ad del Fondo di private equity.
«Il mercato farmaceutico - dice Wong - è molto vario, spazia dalle medicine agli apparecchi medicali, dagli apparati strumentali, ai materiali per l'igiene, ai macchinari. L'industria farmaceutica affronta una crescita tumultuosa: la spesa è pari a circa 61 volte dal 1980 al 2010, la crescita prevista è del 22% dal 2012 al 2019. Siamo di fronte al terzo più grande mercato del mondo destinato a diventare il primo in dieci anni».
Attualmente i generici toccano il 90% del mercato, le aziende sono ancora sotto il controllo statale, incentrate tutte sulla produzione di farmaci generici, perché la ricerca latita e, soprattutto, su 3mila prodotti farmaceutici fatti in Cina il 99% è ancora fatto di copie di prodotti stranieri. I giganti - Roche, Merck, Shering Plough, Novo Nordisk - in Cina toccano il 30% del mercato e incluse le compagnie italiane e, per l'Italia, Bracco, Menarini, Chiesi, Zambon, portano a casa il 20% delle vendite. «Produrre e vendere, in queste condizioni, è una parte del tutto. In Cina - aggiunge Francesco Santulin - bisogna trasferire altre funzioni e quindi cercare personale di altro tipo».
Enormi fette della popolazione restano escluse da ogni copertura sanitaria. Le aree urbane sono molto più avanti rispetto a quelle rurali. Il piano di riforma prevede 123 milioni di dollari di investimenti, 30mila nuovi ospedali, nuove specializzazioni come pediatria, cura delle malattie mentali, centri per la maternità, vaccinazioni di massa. Per non parlare del fatto che lo Stato si è impegnato a sostituire il 15% dei profitti derivanti dalla vendita di farmaci diretta presso gli ospedali dal governo, con conseguente diminuzione dei costi. Si punta a rimborsi più alti e alla riduzione di medicine di base da duemila a 307, che ora includono 205 medicine occidentali. Sforzi enormi si preannunciano su ricerca e sviluppo, lotta alla contraffazione, ma anche per il cosiddetto reset di prodotti copiati.
Anche il mercato interno dovrà ripulirsi: la missione speciale sarà competere con gli stranieri. «Che però - dice l'avvocato Giampaolo Naronte, relatore al carrier day bolognese della Fondazione Italia Cina - avranno anche bisogno di know how per la costruzione di nuove strutture ospedaliere. Noi ci stiamo preparando».
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Louisa Wong è group managing director di Bò Lè Associates, tra le più prestigiose società di cacciatori di testa dell'Asia. Vanta 19 uffici e 500 addetti più lo staff dedicato alla ricerca del personale. In Italia Bò Lé opera in sinergia con Santulin & partners, società di ricerca di executives che ama definirsi una boutique per l'approccio personalizzato alla ricerca di profili professionali di alto livello. Per Santulin la Cina è diventata un obiettivo nel maggio del 2005 quando il gruppo Agrati (viti e bulloni) la consultò in vista della costruzione di un nuovo stabilimento a Yantai, nel Nord Est della Cina, vicino alla Corea. Seguirono Sacma, Fat group, Seves. La collaborazione con Louisa Wong, cinese,educata negli Stati Uniti, tornata a Hong Kong, è stata cruciale.

10/06/2011
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