Hacker dalla Cina in 103 Paesi
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Hacker dalla Cina in 103 Paesi

Hacker dalla Cina in 103 Paesi

Internet. Scoperta a Toronto una vasta rete di spionaggio con base a Pechino
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TORONTO
Una vasta rete di spionaggio elettronico si è infiltrata nei computer in un centinaio di Paesi rubando documenti governativi e rovistando negli archivi di uffici privati in tutto il mondo.
L'operazione, battezzata GhostNet, ha individuato l'origine dell'attacco informatico in Cina ma i ricercatori hanno precisato di non poter affermare al cento per cento che il Governo di Pechino sia coinvolto.
Ronald J. Deibert, Greg Walton, Nart Villeneuve e Rafal A. Rohozinski del Munk Center for International Studies all'Università di Toronto erano stati interpellati dall'ufficio del Dalai Lama, riporta il «New York Times» sul suo sito online. La loro inchiesta ha aperto una finestra su un'operazione a vasto raggio che ha infiltrato almeno 1.295 computer in 103 Paesi, molti dei quali appartenenti ad ambasciate, ministeri degli Esteri e altri uffici governativi, oltre ai centri del Dalai Lama in esilio in India, Bruxelles, Londra e New York.
I computer attaccati erano soprattutto in Paesi dell'Asia meridionale e sudorientale, ma è stato monitorato anche, seppur solo per mezza giornata, un computer della Nato e uno dell'ambasciata indiana a Washington. Secondo i ricercatori l'operazione GhostNet è stato l'attacco di hackeraggio su più vasta scala finora, almeno per numero di Paesi colpiti, per non parlare del fatto che sarebbe tuttora in corso: le spie elettroniche continuerebbero a infiltrare una media di una decina di nuovi computer a settimana, hanno scritto gli esperti del Munk nel rapporto «Tracking GhostNet: una indagine su una rete di cyberspionaggio».
Gli hacker hanno dimostrato grande capacità di penetrazione grazie a un software che tra l'altro permette di azionare la telecamera e i sistemi di registrazione audio del computer vittima consentendo di vedere e sentire cosa succedeva nella stanza sotto attacco. Non è chiaro se questo sistema sia stato effettivamente posto in atto.
In alcuni casi lo spionaggio elettronico ha avuto - sembra - conseguenze pratiche: dopo un invito e-mail mandato dal Dalai Lama a un diplomatico straniero il Governo cinese ha chiamato il diplomatico scoraggiando la visita. Ma i ricercatori canadesi hanno messo in guardia: non è affatto detto che le autorità di Pechino siano direttamente coinvolte e a Washington un portavoce dell'ambasciata cinese ha categoricamente smentito. «Sono vecchie storie e vecchie sciocchezze», ha detto il portavoce Wenqi Gao: «Il Governo cinese è contrario e proibisce severamente i crimini informatici».

29/03/2009
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