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Quest'anno il settore, secondo Carraro,dovrebbe chiudere con un giro d'affari di 3,5 miliardi di euro, in recupero del 20% dopo il drammatico tonfo del 2009. E l'ultima indagine congiunturale tra i membri dell'Assiot mostra una forte previsione di crescita degli ordini.
La risalita è iniziata nel primo trimestre, alimentata dall'export. «La crescita - osserva Carraro - avviene in mercati lontani come India, Cina e Brasile e non più gli Stati Uniti, che erano per noi un grande approdo, mentre la domanda dall'Italia e dall'Europa è solo in leggerissimo miglioramento, con la sola eccezione della Germania, sistema che a sua volta beneficia dell'export».
Per il futuro si punta a conservare il vantaggio giocando la carta della capacità di fare «sistema di prodotti». Lavorando, per esempio, nella direzione della meccatronica, dove gli ingranaggi "dialogano" con parti elettriche ed elettroniche, sviluppando e fornendo sistemi. Due le linee guida: innovazione ed efficienza energetica.
«Per centrare l'obiettivo - sottolinea Carraro - ci vuole la capacità finanziaria di investire in ricerca e sviluppo, ma dopo il 2009 a malapena le grandi aziende strutturate possono permettersi di sostenerla».
Intanto Assiot si prepara a cambiare pelle e da associazione indipendente è pronta a entrare nell'universo confindustriale. «Dovrebbe avvenire entro l'anno e, dopo la votazione dell'assemblea prevista a novembre, sceglieremo il raggruppamento, probabilmente con un approccio più legato alla meccatronica. Vogliamo capire le problematiche dei nostri associati e cercare di dare le risposte facendo sinergia».
Si pensa anche alle opportunità offerte dalle missioni confindustriali all'estero, sia per cercare nuovi sbocchi o per delocalizzare. Come imprenditore Carraro conosce le realtà di India e Cina, dove è presente con insediamenti produttivi, e i progressi fatti nel campo del manifatturiero e della meccanica, anche di precisione. «Tra Cina e India rischia di essere molto più pericolosa la Cina, una sorta di Giappone con un miliardo di abitanti – rimarca -. Nel manifatturiero ormai abbiamo un vantaggio di pochi anni, probabilmente anche per colpa nostra, che andiamo laggiù a produrre, insegnando a cinesi e indiani come fare. Per noi, però, oggi è una questione di sopravvivenza per via dei clienti che chiedono parti a prezzi bassi e possiamo fornirli passando da laggiù».
Un altro cambiamento - «per fortuna» - arriva dall'evoluzione della dinamica della domanda perché i clienti delle grandi aziende del comparto hanno ridotto i volumi e i tempi tra l'ordine e la consegna. «Se questa evoluzione diventerà strutturale, come pensiamo, Cina e India diventeranno un po' meno competitive. Se finora questa domanda era soddisfatta con produzioni al 100% solo in quei paesi low cost, così potremo contare su canali di fornitura in grado di garantirci maggiore flessibilità nel rispettare i tempi di consegna. Un cambiamento che può aiutare le nostre Pmi sul mercato europeo».
enrico.netti@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
18/10/2010
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