Roma, 30 mar. - Intervista radiofonica a Giuliano Noci, prorettore del Polo Territoriale cinese al Politecnico di Milano.
Ascolta la trasmissione di Radio Radicale in collaborazione con AgiChina24 qui
In Cina l'inflazione potrebbe continuare a picchiare duro anche nel mese di marzo: secondo quanto riporta un editoriale pubblicato martedì in prima pagina sul China Securities Journal, alla fine del mese l'indice dei prezzi al consumo potrebbe aumentare di oltre il 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, superando tanto la crescita del 4.9% registrata negli ultimi due mesi che la soglia del 4% fissata dal governo come tetto massimo per il 2011 (questo articolo).
Come interpretare il tempismo con cui il China Securities Journal ha pubblicato queste previsioni? Quanto sono efficaci le misure varate dalla Banca centrale - aumento del tasso di interesse e innalzamento dei requisiti di riserva obbligatoria - per drenare l'eccesso di liquidità in circolazione nel sistema finanziario cinese e contenere l'inflazione? Le misure contro l'inflazione e la bolla speculativa che implicazioni hanno sulla stabilità sociale e il mercato del lavoro? "Non con i tempi auspicati dagli americani, ma con i tempi cinesi, è ineludibile il rafforzamento nella parità di cambio dello yuan verso il dollaro per contrastare l'inflazione" ha dichiarato Giuliano Noci Radio Radicale e AgiChina24.
La Cina è diventato il primo paese al mondo per volumi di produzione (questo articolo). Ma, come leggiamo nell'editoriale del prof Noci apparso su AgiChina24, "il quadro non è così roseo come potrebbe sembrare ad una lettura superficiale. Lo stesso Wen ha indicato – nella sua relazione iniziale al Congresso del Popolo (5 marzo 2011) – i problemi irrisolti del Paese della Grande Muraglia indicando con grande chiarezza come il modello di sviluppo industriale cinese debba cambiare: da fabbrica del mondo, la Cina dovrà puntare sempre più su qualità, innovazione, offerta di servizi e domanda interna (leggi il Dossier sul Dodicesimo Piano Quinquennale). All'ex Impero di Mezzo è insomma richiesto di diventare un'economia matura: di trasformarsi da "capitalismo con caratteristiche cinesi" a "capitalismo proiettato su scala globale e contraddistinto da produzioni a valore aggiunto". Si tratta di una sfida non facile. L'inflazione è ormai diventata un problema reale (anche a febbraio si è attestata al 4,9%) in quanto fonte di malcontento nelle campagne e nelle città (solo il 6% dei cinesi si dichiara felice): tant'è che per la prima volta negli ultimi decenni il budget dedicato alla sicurezza interna ha superato quello militare".
"Il cambiamento di paradigma produttivo - ritenuto necessario dall'establishment governativo - richiede un forte cambiamento di politica industriale: al contrario di quanto si pensi, infatti, larga parte dell'economia e dei profitti derivano non tanto dalle grandi imprese di stato quanto da piccole imprese private che sono riuscite però ad essere competitive grazie a una politica del laissez-faire secondo cui il governo ha spesso chiuso un occhio (sul fronte del rispetto delle norme) pur di rendere possibile il fenomenale processo di crescita economica registrato negli ultimi venti anni".
Conduce Valeria Manieri, in collegamento Alessandra Spalletta.
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