Pechino, 20 apr.- Domenica 18 aprile, in un piccolo hutong nei pressi di Andingmen a Pechino, si è svolta la quinta "Butter Youth Conference". Su suggerimento del Dott. Gianluigi Negro, esperto del Web Cinese 2.0, Agichina24 si è recata a seguire l'evento. Progettati dalla China Youthology (Qingnianzhi) – un'organizzazione che si dedica all'osservazione della gioventù cinese per la realizzazione di studi e ricerche di mercato nella città di prima e seconda fascia (spesso su richiesta di numerosi marchi nazionali e internazionali come Lining, Nestlé, Nokia, Nike, Pepsico International etc.) – questi appuntamenti mensili offrono ai giovani una piattaforma per raccontare le proprie storie e, al contempo, permettono ai manager che si occupano di marketing e di esplorare dall'interno la realtà giovanile.
La prima a raccontare la sua esperienza è Natalie, fondatrice dell'attività "Costruiamo la nostra città e viviamoci", che ha preso vita sulle pagine di Douban, il sito di riferimento dei giovani cinesi. Il suo intervento si intitola "Quei giovani felici": a chi si riferisce? A quei ragazzi che, come lei, hanno abbandonato la frenetica vita all'interno degli anelli pechinesi per un'esistenza più tranquilla nella periferia che circonda la capitale. Alla base della scelta dal retrogusto 'radical chic' – spiega ai presenti Natalie – c'è "la voglia di vivere una quotidianità più semplice e spartana, a contatto con la natura e gli animali; di riscoprire l'importanza del rapporto con i vicini, tessendo con loro relazioni più sincere e profonde, nella speranza di recuperare e rilanciare la centralità dei rapporti umani per la piena realizzazione della vita di una persona". Non quindi un idillio bucolico fine a se stesso, neppure un tentativo di fuggire da una realtà spesso difficile e competitiva, ma una precisa presa di consapevolezza sulla direzione che ha preso la società cinese contemporanea, sempre più globalizzata e prospera, ma che sta dimenticando gran parte del suo passato e delle proprie tradizioni. Dopo Natalie tocca a Lu Ling, alle cui spalle si apre una presentazione intitolata "La mia strada verso la partecipazione sociale": laureata in lingue delle minoranze etniche delle regioni meridionali della Cina, dopo gli studi decide di dedicarsi ad un progetto di volontariato: si unisce così a Cai ('talento'), un programma lanciato da Promise Foundation – organizzazione non governativa statunitense attiva in Cina, sia nelle zone rurali che nelle aree urbane – che recluta squadre di volontari per coordinare attività sportive e artistiche nelle scuole frequentate dai figli delle coppie 'migranti'. Lu Ling descrive così gli obiettivi del progetto : "Il nostro scopo è fare esprimere i bambini, fargli capire cosa gli piace e cosa no, cosa vogliono fare da grandi. Non ci concentriamo sulle materie scolastiche, bensì su quelle artistiche e su quelle sportive per far emergere la creatività che è nascosta in ciascuno di loro e sviluppare la loro fantasia". Nel sito dell'organizzazione http://www.cai-china.org/site/ si legge che la missione è "la promozione della salute mentale, dello sviluppo fisico e emotivo della gioventù meno abbiente" e l'approccio seguito si basa sul principio delle "4C", ovvero "confidence, courage, commitment e care". Dopo la presentazione di Cai, Lu Ling condivide le proprie emozioni con il pubblico: racconta che il lavoro di volontariato le ha regalato molte più soddisfazioni rispetto alle precedenti esperienze lavorative e sottolinea che l'aspetto più interessante e stimolante del proprio lavoro è il contatto diretto con le persone. Dopo Lu è la volta di Guan Mu, sorta di "opinion leader nella comunità degli skaters". La sua presentazione si intitola "La passione per lo skateboard ha radicalmente cambiato la mia vita". I toni della testimonianza sono più leggeri rispetto a quelli dei due interventi precedenti; Guan Mu condivide con i presenti alcuni video e manga molto popolari tra gli appassionati di skateboard e argomenta con disinvoltura le ragioni per cui un personaggio, piuttosto che un altro, ha riscosso particolare successo. È carico, motivato e felice. A ruota segue Xiao Shi: la sua storia parte da un piccolo villaggio nel Sud della Cina, dove è nata; si sposta in una città più grande, dove ha conseguito gli studi, per poi terminare a Pechino, dove si è trasferita per realizzare le sue aspettative. "La primavera è troppo breve per sprecarla, da vecchi si può solo rimpiangere ciò che non si è fatto da giovani; ogni scelta che prendiamo nella vita è probabilmente già scritta nel nostro destino, quindi è più importante prendere una decisione che riflettere sulle implicazioni che potrebbe avere": decisa e impulsiva, questi sono forse i due aggettivi che la descrivono in maniera più puntuale. Attualmente impegnata come fotografa, è intenzionata a promuovere un progetto di viaggio al quale potranno partecipare tutti i giovani cinesi che lo desiderano. Obiettivo: numerose città disseminate in tutta la Cina, per ampliare i propri orizzonti e approfondire la conoscenza della realtà del Paese di Mezzo. A concludere gli interventi è J-fever – nome d'arte, naturalmente – che presenta i "Miei sogni e progetti nell'anno della Tigre". Da sempre appassionato di musica, J-fever ha terminato i propri studi in economia due anni fa. Il caso gli è stato favorevole perché, nonostante non abbia inseguito la carriera artistica, è stato 'scovato' prima da una band e poi da una casa discografica. Attualmente si esibisce come cantante hip hop nei quartieri di Sanlitun, Gongtibeilu e Houhai a Pechino. Prima di chiudere il racconto, J-fever chiede a stesso : "Progetti per l'anno della Tigre? Tantissimi. Rispetto alla Cina di ieri, la Cina di oggi offre moltissimo ai giovani. Bisogna quindi darsi sempre un'opportunità e credere in se stessi".
Aspirazioni e paure, desideri e incertezze prendono voce davanti a una platea "di pari" che condividono simili sensazioni e stati d'animo e che al termine di ciascuna testimonianza sollevano le mani per fare domande, animando un dibattito. Un pomeriggio al Chaibanghutong per raccogliere un'istantanea della società cinese, della poliedricità delle esperienze che i giovani vivono sulla propria pelle d'oggi e che sono frutto della medesima forte volontà di emergere, di trovare la propria strada e di realizzarsi nella vita, facendo leva sulle proprie capacità e sfidando le avversità, come la difficoltà di inserirsi nel mondo del lavoro, in una realtà sempre più competitiva. Molti dati, infatti, fanno riflettere sul futuro della gioventù cinese: secondo un rapporto dell'Accademia Cinese di Scienze Sociali (CASS), alla fine del 2008 il tasso di disoccupazione tra i nuovi laureati sorpassava il 12% e si rifletteva in ben 1.5 milioni di disoccupati; secondo il Ministero per le Risorse Umane e la Sicurezza Sociale, quest'anno altri 6.3 milioni di laureati penetreranno nel mercato del lavoro. Numeri che si commentano da soli e illustrano le storie di quella parte di neolaureati – cui spesso ci si riferisce come "formiche" – che nonostante i brillanti risultati non trovano spazio nel mercato del lavoro e vivono nelle periferie delle grandi città in condizioni miserrime.
di Giulia Ziggiotti