Pechino, 16 feb.- A gennaio le banche cinesi hanno immesso nel sistema finanziario meno liquidità del previsto, ma in molti ritengono che un ulteriore aumento dei tassi d'interesse sarà comunque inevitabile. Secondo i dati pubblicati ieri dalla Banca centrale, il mese scorso le banche hanno erogato nuovi prestiti per 1040 miliardi di yuan (circa 116 miliardi di euro), contro i 1200 miliardi previsti dagli analisti di settore (circa 134 miliardi di euro); il credito risulta così aumentato del 18.5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, un ritmo di crescita più lento del +19.9% registrato nel mese di dicembre. People's Bank of China rende anche noto che in gennaio la liquidità in circolazione è cresciuta del 17.2%, in leggera frenata rispetto al 19.7% dell'ultimo mese del 2010. Le misure messe in campo dal governo per costringere le banche a ridurre i prestiti sembrano funzionare, anche se molti analisti ritengono che l'impatto dei provvedimenti sia tuttora limitato (questo articolo)
Dall'inizio del 2010 ad oggi People's Bank of China ha aumentato di ben sette volte i requisiti di riserva obbligatoria, mentre nello stesso lasso di tempo i tassi d'interesse sono stati innalzati tre volte (questo articolo) . Con queste misure Pechino spera di sconfiggere lo spettro dell'inflazione: nonostante le statistiche pubblicate ieri, che mostrano come l'indice dei prezzi al consumo nel mese di gennaio sia cresciuto del 4.9%, un risultato inferiore alle previsioni, in Cina il costo della vita continua ad aumentare (questo articolo) . Le ragioni sono molteplici: per contrastare la crisi globale scoppiata nel 2008, il governo ha spinto le banche ad allentare i cordoni delle borse, una manovra che nel 2009 ha immesso nel sistema un enorme fiume di liquidità pari a 9590 miliardi di yuan (1073 miliardi di euro). E mentre nel 2010 il flusso di prestiti è stato lievemente inferiore, ad aumentare ulteriormente la quantità di circolante hanno contribuito anche le immense riserve in valuta estera che la Cina continua ad accumulare, che nel 2010 si sono confermate le prime al mondo raggiungendo quota 2850 miliardi di dollari: per controllare il tasso di cambio dello yuan e assorbire i continui flussi di dollari ed euro che arrivano dall'estero come contropartita per le sue esportazioni, la Cina è infatti costretta a stampare quanta più moneta possibile.
Se a questo si aggiungono i rischi connessi allo scoppio di una bolla speculativa nel settore immobiliare (questo articolo) e i continui rincari dei generi alimentari, nel 2011 il nemico numero uno del governo di Pechino è ancora l'inflazione e i disordini sociali che potrebbe provocare. In molti si attendono un nuovo aumento dei tassi d'interesse, invocato da consiglieri autorevoli della Banca centrale come Li Daokui: "Contro l'inflazione People's Bank of China deve nuovamente aumentare i tassi d'interesse e innalzare ulteriormente i requisiti di riserva delle banche - ha dichiarato Li al China Securities Journal -, ma tali modifiche non devono risultare troppo accentuate".
di Antonio Talia
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