"L'Asia oltre la crisi: merci, capitali, idee": è il titolo del sesto convegno annuale di Osservatorio Asia, che si è tenuto a Milano giovedì 12 novembre. Tra gli argomenti all'ordine del giorno vi sono il nuovo ruolo dell'Asia Orientale nel contrastare la crisi globale, il suo emergere anche come potenza finanziaria e culturale, gli inediti equilibri internazionali che si vanno formando in questo periodo e molti altri di cui AgiChina24 è in grado di fornire alcune anticipazioni. Tra i principali ospiti dalla Cina, Ge Qi, presidente dell'importante società di investimenti Diligence Capital e consigliere del governo di Pechino, interverrà su fondi d'investimento cinesi, fondi sovrani e sulle sue visioni in merito al futuro del Dragone: "Uno dei fattori chiave della straordinaria crescita della Cina degli ultimi 30 anni è la liquidità" spiega ad AgiChina24. "Sono state le riforme economiche a spalancare le porte al cambiamento, attraverso la creazione di un mercato del lavoro, del land property e così via; basti pensare che solo dal 1992 è consentito al privato di aprire una propria compagnia. Adesso, passo dopo passo, potremmo assistere a un cambiamento di simile portata la cui chiave non sarà più solo il fattore liquidità ma il capitale: il Consiglio di Stato, ad esempio, ha concesso recentemente al National Social Security Fund,che è un fondo sovrano cinese, di investire il 10% delle sue risorse in private equity, real estate e così via. Ecco allora che il capitale in Cina si aprirà pian piano come è successo in passato con la liquidità, ed ecco una delle ragioni perché nel nostro paese i fondi di private equity diverranno sempre più interessanti". Le nuove, imponenti mosse all'estero nel settore delle commodities dell'altro fondo sovrano cinese, la China Investment Corporation, hanno destato le perplessità di molti osservatori stranieri, tanto che il presidente Lou Jiwei ha recentemente ribadito che gli investimenti sono guidati dal mero business, e non dalla volontà politica di controllare risorse naturali; un'impostazione condivisa da Ge Qi che ribadisce che tali investimenti "sono esclusivamente business". Sul fronte degli investimenti dei private equity cinesi in Italia, interverrà al Convegno Jenny Gao del Fondo Mandarin - il più importante fondo di private equity che fa da ponte tra le due nazioni (promosso da Intesa Sanpaolo, CDB e Exim Bank, tra i principali investitori) - sottolinea l'aria di famiglia tra una certa imprenditoria cinese e i suoi omologhi italiani: "Italia e Cina godono di una certa sovrapposizione in determinati settori, come quello farmaceutico, quello meccanico in generale, e la meccanica applicata all'energia e alla medicina in particolare. Si possono trovare molte compagnie attive nello stesso settore, sia come competitor che come partner in outsourcing; per questo riscontriamo spesso che le compagnie cinesi hanno già una certa familiarità con le potenziali società target, un elemento che aumenta la fiducia in un'operazione di acquisizione. L'Italia, poi, ha molte piccole e medie imprese che ricoprono un ruolo da leader in mercati di nicchia, cosa che permette di individuare potenziali target molto interessanti per meno di 100 milioni di euro". La strategia tracciata da Gao per l'economia cinese, insomma, è quella riassunta dallo slogan 'meno dispersione, più verticalità' (lanciato da uno dei quattro partner fondatori del Fondo Mandarin, Alberto Forchielli, in un articolo pubblicato dal Sole 24 Ore il 29 ottobre scorso), particolarmente applicabile all'operato dei fondi di private equity in Italia: "Sul versante italiano significa che le compagnie dovrebbero imparare a specializzarsi più in pochi settori di nicchia invece che diversificarsi ad esempio nel real estate o nei servizi finanziari. Concentrarsi sulle nicchie è meglio che espandersi orizzontalmente in maniera superficiale. La Cina è a caccia di PMI italiane ma le compagnie cinesi sono ancora in una fase embrionale della loro politica di sviluppo all'estero; la maggior parte di esse non hanno ancora un vero management internazionale capace di gestire un'acquisizione all'estero. Come primo passo, acquisire una PMI con una forte squadra locale è un buon punto di partenza. Ecco quindi che i criteri per un potenziale affare sono, appunto, un forte management locale; un brand forte accompagnato da buoni canali di distribuzione e, infine, un know-how.
Antonio Talia