Pechino, 05 ott. - Il G7 chiede alla Cina di rinforzare lo yuan? È quello che chiedono i ministri e i banchieri del G7, ma Pechino continua sulla sua linea di stabilizzazione della valuta. Nel corso dell'incontro dell'International Monetary Financial Committee, lo scorso fine settimana a Istanbul, i responsabili delle politiche economiche dei sette Grandi invitano la Cina a realizzare un apprezzamento della sua valuta per "correggere le disparità del commercio internazionale". "Guardiamo con favore all'impegno della Cina per approdare a un tasso di cambio più flessibile, che dovrebbe condurre all'apprezzamento del renminbi in termini effettivi e promuovere una crescita più bilanciata in Cina e nell'economia internazionale" si legge nella nota congiunta, del tutto simile a quella rilasciata nel corso dell'incontro di sei mesi fa. Lo yuan, che dal 2005 è ancorato a un paniere di valute tra cui dollaro, euro e yen giapponese, non è ancora completamente convertibile e secondo diversi osservatori sarebbe una moneta ampiamente sottostimata. Yi Gang, vicegovernatore della Banca Centrale di Pechino, ha presentato a Istanbul il programma col quale la Cina punta ad aumentare la domanda interna e costituire un sistema sociale per svincolare il paese dalla dipendenza dalle esportazioni, ma ha ribadito che per ora il tasso di cambio dello yuan rimane immutato: "La nostra politica dei cambi è molto chiara - ha dichiarato Yi - e continueremo a mantenere questo meccanismo e a perseguire la stabilità interna". Lo yuan è rimasto sostanzialmente stabile nei confronti del dollaro fin da luglio dello scorso anno, quando la crisi globale è emersa in tutta la sua gravità. Il peso dello stesso G7, che comprende Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Francia Germania, Italia e Giappone, appare ridimensionato dalla crisi a favore del G20, che comprende anche le economie emergenti come Cina, India e Brasile. Pechino sostiene da tempo la necessità di aumentare il peso dei paesi emergenti all'interno del Fondo Monetario Internazionale.