di Sonia Montrella
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Roma, 16 set.- A quasi un anno di distanza dall’inaugurazione della Zona di Libero Scambio (FTZ) di Shanghai, l’esperimento sembra aver deluso le aspettative. L’area di 29 chilometri quadrati che si estende dal porto di Yanshan al distretto finanziario di Pudong, è stata fortemente voluta dal premier Li Keqiang per attirare gli investimenti esteri, rinvigorire l’economia e stimolare i consumi. Non solo: gli esperimenti applicati nella Zona – quali liberalizzazione della moneta, tassi di interesse determinati dal mercato, libero scambio, snellimento di passaggi burocratici per le aziende straniere per la creazione delle loro filiali e riduzione delle restrizioni in sei industrie chiave, come quelle dei servizi finanziari e delle telecomunicazioni – avrebbero dovuto fare da test per un’applicazione a livello nazionale.
Secondo i dati ufficiali, ad oggi le imprese straniere registrate da nuovo rappresentano il 12% delle oltre mille aziende ammesse ad operare nella Zona alla fine di giugno
“E’ stato fatto qualche progresso nell’area di libero scambio di Shanghai, ma sono molto al di sotto della aspettative del mercato. Soprattutto per quanto riguarda il settore finanziario” ha dichiarato Zhu Haibin, capo economista presso la JP Morgan di Hong Kong. Per l’analista Pechino dovrebbe “rilasciare un elenco dei settore off-limits agli investitori stranieri più che valutare gli investimenti caso per caso”.
“Non riteniamo particolarmente vantaggiose le politiche che governano la FTZ e dobbiamo attendere troppo tempo perché nuove misure vengano lanciate” ha dichiarato in condizione di anonimità a Bloomberg il manager di una società cinese.
Lo scorso primo luglio il governo cinese ha ampliato la lista delle compagnie straniere ammesse nella zona e attive nei settori delle tecnologie per l’esplorazione del petrolio e produzione di motocicli. Tuttavia “l’andamento del primo anno è stato irregolare e il progetto si è mosso con grande difficoltà” ha osservato Cao Heping, direttore del Dipartimento di Sviluppo Economico alla Suola di economia dell’Università di Pechino. “I manager della zona – ha continuato – sono caduti nel dilemma del grande potenziale o grande cautela”. Secondo Cao “le autorità dovrebbero decentralizzare ai manager della FTZ i poteri decisionali”. E in questo senso “la partenza di Dai è un bene”.
Funzionario di alto livello dell’area, Dai Haibo è stato rimosso ieri dalle cariche di vice direttore esecutivo della Zona di Libero Scambio di Shanghai e da capo del Partito Comunista cinese per sospette violazioni disciplinari, una formula dietro cui si nasconde di solito l’accusa di corruzione. Lo ha riferito l’agenzia di stato Xinhua. Dai, 52 anni, è ancora vice segretario generale del governo della municipalità. Secondo il South China Morning Post le pratiche di corruzione sono precedenti alla carica all’interno della FTZ e non è ancora chiaro se andrà incontro ad ulteriori azioni disciplinari.
L’uomo - convocato settimane fa dalle autorità disciplinari e interrogato sulle diverse proprietà che è accusato di possedere - è l’ultimo funzionario di alto livello, vittima della lotta anti-corruzione fortemente voluta da Xi Jinping non appena salito al potere, con lo scopo di “catturare le tigri e le mosche” che minacciano l'unità del partito, e che ha visto cadere Zhou Yongkang, uno degli uomini più potenti della Cina, da luglio ufficialmente sotto inchiesta per il sospetto di “gravi violazioni disciplinari”. Zhou Yongakang, 71 anni, ex numero nove nella gerarchia del Partito Comunista cinese, è stato fino al novembre 2012 un membro del Comitato Permanente del Politburo, il vertice del potere cinese.
16 settembre 2014
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